LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione associazione mafiosa: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di partecipazione associazione mafiosa. La sentenza conferma che il riconoscimento vocale da parte della polizia e altri elementi indiziari sono sufficienti a costituire gravi indizi di colpevolezza, ribadendo la solidità della motivazione del giudice del riesame e la persistenza delle esigenze cautelari previste per questo tipo di reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Mafiosa: La Valutazione dei Gravi Indizi di Colpevolezza

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 23463 del 2024 offre spunti cruciali sul tema della partecipazione associazione mafiosa, delineando i confini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza ai fini dell’applicazione della custodia cautelare. Il caso esaminato riguarda un ricorso contro un’ordinanza di custodia in carcere basata, tra l’altro, sul riconoscimento vocale in intercettazioni. Questa pronuncia ribadisce principi consolidati e chiarisce la natura e la prova della condotta partecipativa.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di un’associazione di stampo mafioso, operando come collaboratore di figure apicali del clan. L’impianto accusatorio si fondava in modo significativo sull’identificazione della sua voce in una serie di conversazioni intercettate, alcune risalenti a diversi anni prima dei fatti più recenti.

La difesa presentava ricorso al Tribunale del Riesame e, successivamente, in Cassazione, sollevando diverse obiezioni. In particolare, si contestava:
1. La metodologia di identificazione vocale, ritenuta soggettiva e non supportata da una perizia fonica.
2. La mancata valutazione autonoma da parte del Tribunale degli indizi, che si sarebbe limitato a recepire le conclusioni degli inquirenti.
3. La presenza di incongruenze logiche, come il riferimento in un’intercettazione a un arresto dell’indagato nel mese di luglio, circostanza mai avvenuta.
4. L’assenza di attualità delle esigenze cautelari, dato il notevole tempo trascorso dai fatti contestati.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di partecipazione associazione mafiosa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure manifestamente infondate o non consentite in sede di legittimità. La decisione si articola su diversi punti chiave, confermando la solidità del provvedimento impugnato e offrendo un’importante lezione sulla prova della partecipazione associazione mafiosa in fase cautelare.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha strutturato le sue motivazioni su quattro pilastri fondamentali, che meritano un’analisi approfondita.

Limiti del Giudizio di Cassazione in Materia Cautelare

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo sindacato sui provvedimenti cautelari non è un terzo grado di merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella del Tribunale del Riesame. Il suo compito è limitato a verificare la presenza di violazioni di legge o di vizi della motivazione, come la sua manifesta illogicità o contraddittorietà. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale è stata giudicata congrua, logica e saldamente ancorata agli elementi investigativi.

Validità del Riconoscimento Vocale come Indizio

Un punto centrale della difesa era la critica al riconoscimento vocale effettuato dagli agenti di polizia giudiziaria. La Cassazione ha confermato il suo orientamento costante: il riconoscimento della voce di un interlocutore da parte di personale investigativo, che ha familiarità con essa per via di precedenti ascolti, costituisce una fonte di prova pienamente legittima. Non è necessaria una perizia fonica, che può essere disposta dal giudice ma non è un obbligo. Spetta alla difesa, che contesta tale riconoscimento, fornire elementi oggettivi e specifici per dimostrarne l’inattendibilità.

Il Concetto Giuridico di Partecipazione ad Associazione Mafiosa

La sentenza dedica un’ampia e dotta disamina alla nozione di partecipazione ex art. 416-bis c.p. Richiamando le celebri sentenze delle Sezioni Unite ‘Mannino’ e ‘Modaffari’, la Corte chiarisce che la condotta partecipativa non si esaurisce in una mera affiliazione formale (‘affermazione di status’). È necessaria un’attivazione fattiva, un contributo concreto e visibile alla vita e agli scopi dell’organizzazione.

Questo contributo, definito come ‘messa a disposizione’ delle proprie energie a favore del gruppo, non richiede necessariamente il compimento di reati-fine. Può manifestarsi anche attraverso condotte interne al sodalizio (veicolare messaggi, partecipare a riunioni, gestire rapporti) che dimostrino l’inserimento stabile e consapevole del soggetto nella struttura criminale. La Corte sottolinea che l’essenza del reato risiede nella ‘compenetrazione’ tra l’individuo e il sodalizio, un legame organico che si manifesta attraverso comportamenti emblematici di militanza attiva.

La Persistenza delle Esigenze Cautelari

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa alla mancanza di attualità delle esigenze cautelari. Per il reato di partecipazione associazione mafiosa, l’art. 275, comma 3, c.p.p. stabilisce una presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere. Tale presunzione può essere vinta solo con la prova del recesso dell’indagato dall’associazione o dell’esaurimento dell’attività del sodalizio. Il mero ‘tempo silente’, ovvero il decorso di un lasso di tempo significativo dai fatti, non è di per sé sufficiente a dimostrare l’irreversibile allontanamento dal vincolo associativo, che per sua natura è stabile e permanente.

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma di principi cardine in materia di reati associativi e misure cautelari. Le sue implicazioni pratiche sono notevoli:
1. Rafforza la validità degli strumenti investigativi, come il riconoscimento vocale, quali elementi fondanti per i gravi indizi di colpevolezza.
2. Delimita chiaramente il perimetro del ricorso per cassazione, scoraggiando impugnazioni che mirano a una rivalutazione dei fatti già compiuta dai giudici di merito.
3. Fornisce una guida interpretativa essenziale sul reato di partecipazione mafiosa, spiegando come la prova non debba necessariamente basarsi su atti criminali specifici, ma possa emergere da un insieme di condotte che dimostrano l’inserimento organico dell’individuo nel tessuto del clan.
4. Ribadisce il rigore del sistema cautelare per i delitti di mafia, sottolineando la difficoltà di superare la presunzione di pericolosità sociale legata a tale vincolo.

È sufficiente il solo riconoscimento vocale da parte della polizia giudiziaria per giustificare la custodia cautelare?
Sì. Secondo la sentenza, il riconoscimento vocale effettuato da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che abbiano acquisito familiarità con la voce dell’indagato è un elemento di prova pienamente utilizzabile. Non è obbligatorio disporre una perizia fonica, e l’onere di fornire elementi oggettivi di segno contrario per contestare tale riconoscimento ricade sulla difesa.

Cosa si intende per ‘partecipazione’ a un’associazione di stampo mafioso secondo la Cassazione?
La partecipazione non è una mera affiliazione formale, ma implica un’attivazione concreta e un contributo visibile alla vita dell’organizzazione. Questo contributo consiste nella ‘messa a disposizione’ stabile e consapevole delle proprie energie al gruppo, che può manifestarsi anche con condotte interne al sodalizio (partecipare a riunioni, veicolare messaggi, ecc.) e non necessariamente con il compimento di reati-fine.

Il semplice passare del tempo dai fatti contestati è sufficiente a far venir meno le esigenze cautelari per il reato di associazione mafiosa?
No. La sentenza chiarisce che per i reati di cui all’art. 416-bis c.p. vige una presunzione di adeguatezza della custodia in carcere. Il mero decorso del tempo (il cosiddetto ‘tempo silente’) non è sufficiente da solo a costituire la prova di un recesso irreversibile dal vincolo associativo, che è necessario per superare tale presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati