Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 232 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 232 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato il 13/12/1981 a Mileto
Avverso l’ordinanza in data 28/06/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME in sost. dell’Avv. NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28/06/2023 il Tribunale di Catanzaro ha confermato quella del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro in data 01/06/2023, con cui è stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione all’art. 407 cod. proc. pen e all’art. 416-bis cod. pen.
Il Tribunale aveva omesso di dare risposta all’eccezione di nutilizzabilità degli atti di indagine conseguente alla scadenza dei termini di durata massima delle indagini, a fronte di un’iscrizione del 22/10/2014 per il reato associativo, non seguita da aggiornamenti o proroghe, essendo intervenuta una nuova iscrizione solo in data 10/10/2022.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, comma 1 e 1-bis e 192 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen.
A fronte di una contestazione incentrata sulla partecipazione alla ‘ndrina di Calabrò-Mileto, quale uomo di azione, il Tribunale aveva omesso di confrontarsi con le accuse e affrontare il tema dell’esistenza o meno di una locale di CalabròMileto, nella quale inserire il ricorrente.
Il Tribunale aveva richiamato dichiarazioni di numerosi collaboratori, ritenute attualizzate dalle dichiarazioni di COGNOME, ma non risultavano, se non in pochi casi, riferimenti ai Mesiano o ad un sodalizio mafioso loro riconducibile.
I precedenti giurisprudenziali non contenevano traccia dei Mesiano, essendo inconferenti ai riferimenti alla nozione di mafia storica.
Nella sola operazione Genesi compariva NOME COGNOME fratello del ricorrente, che peraltro era stato poi assolto.
Neppure nel processo COGNOME si faceva riferimento a ipotesi associative dei componenti della famiglia Mesiano come ‘ndrina autonoma.
Il Tribunale aveva fornito risposte solo apparenti, posto che i collaboratori COGNOME e COGNOME non avevano fornito contributi in ordine alla specifica posizione del ricorrente, trattandosi di dichiarazioni generiche, non implicanti una partecipazione alla ‘ndrina di Calabrò-Mileto.
Il provvedimento era affetto da illogicità e contraddittorietà nella parte in cui aveva valutato le dichiarazioni dei tre predetti collaboratori in funzione della valorizzazione della loro convergenza ai fini della gravità indiziaria.
Il motivo di ricorso riproduce passaggi delle dichiarazioni dei tre collaboratori e segnala che COGNOME aveva formulato un rilievo generico in ordine al fatto che a Mileto i Mesiano erano la famiglia di riferimento, mentre nel dichiarato di Moscato non era presente nulla di specifico a carico del ricorrente, se non il fatto di aver pranzato con il predetto e un giudizio sulla presunta capacità di commettere delitti dei componenti della famiglia, dovendosi rilevare, con riguardo ad ipotetiche reazioni a seguito dell’uccisione di NOME COGNOME che per l’omicidio di colui
che era ritenuto responsabile di quell’uccisione era stato sottoposto a processo NOME COGNOME poi assolto.
Relativamente ad Arena, risultava che il predetto aveva fatto riferimento a quanto appreso da tale COGNOME in ordine ad un episodio risalente a circa venti anni prima, allorché il ricorrente gli aveva sparato dei colpi con una mitraglietta.
Tali dichiarazioni erano state ritenute idonee a suffragare quelle di COGNOME, ma sul punto il Tribunale aveva omesso di valutare le dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. pen. dal COGNOME, che aveva negato di aver mai confidato nulla di simile ad NOME e di aver mai subito un agguato con colpi di arma da fuoco.
Di qui il vizio del provvedimento impugnato, dovendosi escludere che le dichiarazioni di COGNOME potessero riscontrare quelle di COGNOME.
Residuava dunque la sola conversazione intercettata tra COGNOME e COGNOME NOME, che era stata tuttavia illogicamente valutata, non potendosi desumere l’esistenza di un qualche gruppo criminoso e la partecipazione di COGNOME a compagini criminali, ma al più meri atteggiamenti delinquenziali.
Ha inviato memoria con motivi aggiunti il nuovo difensore del ricorrente.
Deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al reato associativo.
Richiama le osservazioni formulate nella memoria depositata in sede di riesame, segnalando l’inconferenza del riferimento a pregresse sentenze che non avevano riguardato i COGNOME, quali componenti di famiglia di ‘ndrangheta, e la mancata verifica di rapporti con la cosca COGNOME egemone sul territorio.
In relazione a ciò avrebbe dovuto valutarsi l’effettiva sussistenza della consorteria e la sua capacità di intimidazione, imponendosi per contro l’esclusione di un’operatività stabile e organizzata.
Sottolinea la genericità e l’inidoneità delle dichiarazioni dei collaboratori, l’inconferenza della vicenda relativa al noleggio di un’automobile, correlata alla conversazione del 21/11/2018, il carattere neutro delle conversazioni sul businnes del pane, non riferibile a contesti illeciti, fermo restando che il ricorrente compariva solo in due conversazioni.
Non era stato dato conto dunque di una consorteria mafiosa e del ruolo dinamico in essa assunto dal ricorrente.
Il Tribunale, omettendo di rispondere alle censure difensive, non aveva dimostrato il collegamento della famiglia con una locale di ‘ndrangheta, non essendo inoltre sufficiente che l’eventuale capacità intimidatoria promani da uno dei partecipi.
Dalle dichiarazioni dei collaboratori, di cui peraltro non era stata valutata l’attendibilità, si sarebbe potuto al più desumere la contiguità a contesti criminali di alcuni appartenenti alla famiglia COGNOME, non costituente prova dell’appartenenza ad una ‘ndrina e del concreto utilizzo del metodo mafioso imputabile alla consorteria e non ad un singolo.
Richiamati gli elementi desunti dalle dichiarazioni dei collaboratori, rileva il ricorrente la genericità degli assunti di COGNOME e la manifesta illogicità del provvedimento impugnato nella parte in cui aveva affermato che il ruolo del ricorrente era desumibile dalla rivendicazione dell’alta stima criminale di sé, dovendosi inoltre rilevare che non era stato provato l’effettivo esercizio di un ruolo e che non erano state valutate le smentite rivenienti dalle dichiarazioni di COGNOME.
Inoltre, si sottolinea che in base all’insegnamento delle Sezioni Unite le mere dichiarazioni di intraneità provenienti da collaboratori necessitano di verifica dell’effettiva operatività.
Ed ancora si rileva la mancata valutazione delle deduzioni difensive in ordine alla conversazione del ricorrente con COGNOME riguardante la vicenda COGNOME, la cui valorizzazione dava luogo ad un profilo di circolarità probatoria in ordine al tema oggetto di analisi.
L’attribuzione al ricorrente del ruolo di partecipe costituiva il risultato di un semplificazione qualitativa degli elementi indiziari, dovendosi comunque verificare l’effettiva messa a disposizione della consorteria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Premesso che deve aversi riguardo alla disciplina anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2022, si rileva che la prima iscrizione del nominativo di NOME COGNOME risale al 2015 e non al 2014, come agevolmente è dato desumere dalla data di deposito del relativo atto, allegato al ricorso: quell’iscrizione er riferita anche a reato associativo commesso nel territorio di Mileto, con condotta risalente a data anteriore e prossima al 2015. Risulta tuttavia che nel 2022 era intervenuta una nuova iscrizione riguardante reato associativo riferito alle zone di Mileto, San Calogero e ad altre parti del territorio nazionale, accertato il 02/09/2022 con condotta in atto.
Ne discende che il fatto oggetto del presente procedimento assume una sua propria dimensione sotto il profilo spazio-temporale e deve essere dunque considerato autonomamente ai fini della valutazione del termine delle indagini preliminari, risultando rilevante l’epoca della specifica iscrizione di quel fatto destinata ad aggiornarne ma anche ad innovarne l’oggetto, e potendosi ravvisare,
a fronte di ciò -anche a prescindere dalla mancanza di elementi certi in ordine all’effettiva prospettazione della questione in sede di riesame-, la genericità della deduzione difensiva in rapporto ai tempi e modi di acquisizione del compendio indiziario valorizzato a fini cautelari con riguardo alla posizione del ricorrente.
Il secondo motivo, letto anche alla luce della memoria difensiva depositata dall’Avv. COGNOME, risulta parzialmente fondato.
2.1. Deve in primo luogo rimarcarsi come l’ordinanza impugnata sottenda la complessiva ricostruzione contenuta nell’ordinanza genetica, sulla base della stratificazione delle acquisizioni riguardanti la criminalità organizzata operante in quell’ambito territoriale.
In tale prospettiva risulta corretto il riferimento alla «mafia storica» essendosi dato conto della riferibilità di quella criminalità all’articolata operativi della ‘ndrangheta, come accertata nel corso di plurimi processi, che ne hanno lumeggiato struttura e caratteristiche anche alla stregua delle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia.
In tale quadro si è segnalato che a quella criminalità faceva riferimento nel territorio di Mileto anche la famiglia COGNOME, ciò sulla base di una serie di elementi, ritenuti in tale prospettiva convergenti.
Si è in particolare sottolineata la posizione carismatica a suo tempo assunta dal padre dei COGNOME, poi ucciso, e la vicinanza dei Mesiano ai «piscopisani».
Sono state sul punto valorizzate le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che hanno inserito i COGNOME nell’alveo dei rapporti tra famiglie appartenenti alla ‘ndrangheta, a cominciare da NOME COGNOME che, secondo quanto rilevato dai Giudici di merito, aveva sottolineato che a Mileto la famiglia di riferimento era quella dei COGNOME.
Nella stessa prospettiva sono state richiamate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME che aveva inserito i COGNOME e i COGNOME tra le famiglie legate alla criminalità nella zona di Mileto e parlato di collegamenti con altri personaggi della ‘ndrangheta.
A fronte di ciò le deduzioni difensive volte a contestare la concludenza degli accertamenti giudiziali succedutisi, in quanto non coinvolgenti la famiglia COGNOME oppure in quanto singoli esponenti, ove chiamati a rispondere di taluni reati, erano stati poi assolti, non sono idonee a vulnerare la valutazione su cui si fonda l’ordinanza impugnata, alla luce di quella genetica, essendo stato dato conto degli elementi per cui nel complessivo panorama della criminalità organizzata, in varia guisa ricostruito, dovesse darsi rilievo ai Mesiano.
2.2. Tuttavia, deve convenirsi con quanto esposto nel motivo di ricorso e nella successiva memoria difensiva in ordine alla necessità di inverare quel generale
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inquadramento sulla base di elementi idonei a scolpire specificamente la partecipazione dei singoli alla consorteria attraverso l’individuazione di un ruolo e di una non generica disponibilità.
E’ noto che, come di recente autorevolmente ribadito, «la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi». (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889).
D’altro canto, anche in presenza di un elemento distintivo costituito dal prestigio personale, correlato, ad esempio, al possesso di una «dote di ‘ndrangheta», si impone la concreta individuazione del ruolo ricoperto all’interno della consorteria così da definire epoca e durata della partecipazione (sul punto Sez. 6, n. 16543 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 281054).
A maggior ragione ciò risulta necessario a fronte di indicazioni di massima in ordine alla riconducibilità della famiglia ad un sodalizio criminale.
2.3. Proprio in tale prospettiva le doglianze difensive risultano fondate.
Il Tribunale ha ritenuto di poter giungere alla conclusione della partecipazione del ricorrente alla consorteria, valorizzando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME
In particolare, ha rilevato come il primo si fosse riferito ai fratelli COGNOME i generale e specificamente a NOME COGNOME indicandoli come «azionisti», cioè come soggetti dediti all’azione e capaci di sparare.
Quanto ad COGNOME, è stato valorizzato il passaggio delle dichiarazioni in cui il predetto aveva parlato delle medesime abilità criminali di NOME COGNOME sulla base di quanto dal predetto appreso da NOME COGNOME che, a suo dire, gli aveva confidato che il ricorrente, circa venti anni prima, gli aveva sparato con una mitraglietta.
In tal modo si è ritenuto che fosse ravvisabile un quadro univoco e convergente, idoneo a suffragare la gravità indiziaria anche agli effetti di quanto previsto dall’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen., in relazione all’art. 192, comma 3 e 4 cod. proc. pen.
Si è aggiunto il significato indiziante desunto da una conversazione intercorsa tra il ricorrente e NOME COGNOME nella quale il primo aveva rivendicato una propria autorevolezza criminale nel rapporto con altro esponente di rilievo.
Sta di fatto che il giudizio del Tribunale è stato formulato in assenza di uno specifico confronto con le deduzioni difensive, con le quali era stata segnalata la genericità del riferimento al ruolo rivestito dal ricorrente e soprattutto erano state
contrapposte indagini difensive, aventi ad oggetto l’escussione del citato NOME COGNOME il quale aveva smentito l’episodio narrato da COGNOME
Ed invero tali dichiarazioni, che il Tribunale ha omesso di valutare, erano, a rigore, idonee ad elidere la valenza del contributo fornito da quel collaboratore di giustizia, così impedendo di ravvisare una convergenza di elementi idonei a riscontrarsi vicendevolmente, solo in tale prospettiva potendosi poi attribuire rilievo anche alla conversazione valorizzata, di per sé espressiva della considerazione che il ricorrente aveva di sé in quel contesto di relazioni, ma non rappresentativa del tipo di disponibilità in concreto e stabilmente offerto dal predetto all’interno della consorteria criminale.
Alla luce di tale analisi si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Catanzaro, dovendosi procedere in tale sede ad una nuova valutazione che dia conto delle criticità segnalate, in primo luogo in rapporto all’attendibilità di Arena, a fronte delle difformi dichiarazioni di COGNOME, e in secondo luogo in rapporto all’idoneità del compendio indiziario a convergere nel senso di delineare la posizione di NOME COGNOME cioè il ruolo criminale a lui attribuibile o il tipo di stabile messa a disposizione per gli interessi della consorteria.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, c.p.p. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 29/11/2023