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Partecipazione associazione mafiosa: il ruolo di tramite

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che agire come messaggero abituale per un capo clan detenuto costituisce un incarico essenziale e un grave indizio di appartenenza al sodalizio, soprattutto se corroborato da altri elementi come l’organizzazione di incontri e il coinvolgimento in attività illecite. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione globale e non frammentaria degli indizi in fase cautelare.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Mafiosa: Quando Fare da Messaggero Diventa Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di partecipazione associazione mafiosa: il ruolo di tramite e messaggero per conto di esponenti apicali di un clan non è un’attività marginale, ma può costituire un grave indizio di appartenenza organica al sodalizio criminale. La Corte ha rigettato il ricorso di una donna contro la misura della custodia cautelare in carcere, confermando la solidità del quadro indiziario a suo carico.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

Il caso riguarda una donna, accusata di far parte di un’associazione di stampo mafioso operante nel napoletano, insieme al marito e al figlio, figure di vertice del clan. Secondo l’accusa, la donna svolgeva un ruolo attivo e fondamentale per la vita dell’organizzazione. In particolare, le veniva contestato di agire da collegamento tra il marito detenuto e il figlio, trasmettendo ordini e direttive. Queste comunicazioni riguardavano, tra le altre cose, l’acquisizione e la gestione di armi per il sodalizio.

Il Tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, basandosi su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e su numerose intercettazioni ambientali e telefoniche. Oltre al ruolo di messaggera, gli indizi evidenziavano il suo coinvolgimento nell’organizzazione di incontri tra affiliati presso la sua abitazione, nella riscossione di proventi da estorsioni e in atti persecutori.

Il Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa dell’indagata ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione dell’art. 416-bis c.p. e un vizio di motivazione. Secondo la ricorrente, il Tribunale non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni della sua presunta partecipazione, fondando la decisione su elementi deboli e superficiali. In particolare, si contestava il valore probatorio delle conversazioni intercettate relative alle armi (indicate con il termine in codice “macchine”), ritenute insufficienti a dimostrare un coinvolgimento consapevole nell’associazione mafiosa.

Le Motivazioni della Decisione sulla Partecipazione Associazione Mafiosa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e inammissibile. I giudici hanno chiarito che, in sede di riesame di una misura cautelare, la valutazione non richiede la certezza della colpevolezza necessaria per una condanna, ma un “giudizio di qualificata probabilità” basato su gravi indizi.

Il Ruolo del “Veicolatore Abituale”

Il punto centrale della motivazione riguarda la qualificazione del ruolo dell’indagata. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: quello di “veicolatore abituale” di messaggi da e verso il vertice di un’organizzazione criminale è un incarico essenziale. Tale compito non può che essere affidato a una persona interna al sodalizio, pienamente consapevole dell’importanza del suo contributo per il funzionamento della struttura. Trasmettere ordini, specialmente quelli relativi alla gestione delle armi, contribuisce in modo evidente a mantenere operativa l’associazione e a rafforzarne la capacità intimidatrice.

La Valutazione Globale e Unitaria degli Indizi

La Cassazione ha inoltre censurato l’approccio frammentario della difesa, ricordando che gli indizi non possono essere valutati in modo isolato e atomistico. È necessario un esame globale e unitario che ne chiarisca la portata dimostrativa complessiva. Nel caso di specie, il ruolo di messaggera non era un elemento isolato, ma si inseriva in un contesto più ampio che includeva l’organizzazione di incontri, la gestione dei proventi illeciti e il supporto logistico al clan. Tutti questi elementi, letti insieme, hanno fornito al Tribunale del Riesame una base logica e adeguata per confermare la gravità del quadro indiziario.

Conclusioni

La sentenza ribadisce che la partecipazione associazione mafiosa non richiede necessariamente la commissione di atti violenti, ma può concretizzarsi anche attraverso condotte di supporto logistico e organizzativo che siano stabili e funzionali alla vita del clan. Il ruolo di tramite tra detenuti e affiliati liberi è considerato di vitale importanza e, se provato, costituisce un solido fondamento per l’applicazione di misure cautelari. La decisione sottolinea come la valutazione degli indizi in questa fase debba essere complessiva, logica e coerente, respingendo le letture alternative dei fatti proposte dalla difesa quando non sono in grado di demolire la struttura del ragionamento del giudice di merito.

È sufficiente agire come messaggero per essere accusati di partecipazione ad associazione mafiosa?
Sì, secondo la Corte, il ruolo di “veicolatore abituale” di messaggi da e verso i vertici di un’organizzazione criminale è un incarico essenziale. Se svolto con continuità e consapevolezza, costituisce un grave indizio di appartenenza al sodalizio, in quanto contributo fondamentale al suo funzionamento.

Qual è il livello di prova necessario per applicare una misura cautelare come il carcere?
Non è richiesta la prova piena della colpevolezza come nel giudizio di merito, ma è sufficiente un “giudizio di qualificata probabilità” basato su gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza che rendano altamente probabile la responsabilità dell’indagato.

Come devono essere valutati gli indizi nella fase delle indagini preliminari?
Gli indizi non devono essere valutati in modo frazionato e atomistico. La valutazione deve essere globale e unitaria, in modo da comprendere l’effettiva portata dimostrativa di tutti gli elementi raccolti nel loro complesso, chiarendone la congruenza rispetto al tema di indagine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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