Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16383 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
difensore fiduciario, avv. NOME COGNOME articolando tre motivi, a loro volta ripartiti in piø censure.
3.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge e, cumulativamente, vizi di motivazione contraddittoria e illogica con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’associazione mafiosa.
Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere l’autonomia operativa del sodalizio di nuova costituzione e mancato di esaminare le vicende giudiziarie relative alla configurabilità del clan Senese.
Avrebbe assunto, altresì, in termini aprioristici e meramente assertivi, l’operatività di quel gruppo nel contesto lombardo.
Non avrebbe adeguatamente considerato, invece, la possibilità di un concorso tra le associazioni mafiose di origine e la nuova, eventualmente, semplice, associazione a delinquere la cui mafiosità sarebbe stata motivata in termini del tutto generici e senza una valutazione rigorosa del requisito della esternazione del metodo mafioso.
Con riferimento specifico alla figura del padre della ricorrente, il Collegio ha confuso il prestigio criminale del singolo con la natura mafiosa del sodalizio.
La censura sull’aggravante di cui all’art. 416-bis, comma quarto, cod. pen., benchØ preannunciata nella rubrica, non Ł stata sviluppata.
3.2. Con il secondo motivo, in primo luogo, il provvedimento impugnato Ł stato contestato per non avere rilevato l’inammissibilità dell’atto di appello proposto dal pubblico ministero ai sensi degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen.
Con riferimento al capo 1), il vizio si sostanzierebbe nella mancata indicazione, da parte dell’appellante, delle comunicazioni ricevute e riportate dalla ricorrente ai componenti del gruppo Senese.
Lo stesso appellante aveva omesso l’indicazione delle conversazioni rilevanti, autonomamente individuate dal Tribunale, così come l’interpretazione delle stesse; operazione alla quale ha provveduto, in autonomia, il Tribunale dell’appello cautelare.
Anche la valorizzazione della condotta di cui al capo 5), nel senso fatto proprio dal Tribunale, sarebbe avvenuta in termini del tutto avulsi da qualsiasi allegazione dell’appellante.
Analogo il vizio ravvisabile, secondo il ricorrente, in relazione allo stesso capo 5) per il quale
l’approfondimento del Tribunale Ł stato svolto in termini ampiamente piø diffusi rispetto a quanto fatto dal pubblico ministero con l’atto di impugnazione.
In tal caso, il Tribunale ha richiamato conversazioni non indicate dal pubblico ministero nell’appello.
L’impugnazione di merito sarebbe stata generica anche laddove riferita all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen.
Alcuna allegazione Ł inoltre presente nell’atto di impugnazione con riferimento all’aggravante di cui all’art. 416-bis, comma quarto, cod. pen.
3.3. Con il terzo motivo Ł stata eccepita la genericità dell’atto di appello con riguardo alle esigenze cautelari e motivazione omessa e illogica sull’indicato profilo.
Sul punto, le allegazioni dell’atto di impugnazione sarebbero state generiche e cumulativamente svolte con riferimento a tutti gli indagati.
Del tutto illogicamente, inoltre, sarebbe stato desunto il pericolo di recidiva dall’inserimento nell’ambiente familiare di provenienza e contestualmente trascurata l’avvenuta scarcerazione del padre dell’indagata.
Ha lamentato, inoltre, anche la mancata indicazione della prova dell’inoltro delle informazioni ricevute dal genitore ai destinatari delle stesse.
Sono stati depositati motivi nuovi con i quali sono state ulteriormente illustrate le censure sull’inammissibilità dell’appello del pubblico ministero in punto di esigenze cautelari e di insussistenza delle stesse o, comunque, di configurabilità di elementi idonei a superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Il difensore ha chiesto procedersi a trattazione orale.
Il Procuratore generale ha depositato una memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non Ł meritevole di accoglimento.
Il primo motivo Ł inammissibile.
2.1. Contrariamente a quanto genericamente ritenuto in ricorso, l’ordinanza impugnata ha adeguatamente illustrato gli elementi posti a fondamento della propria decisione.
In relazione alla fattispecie associativa mafiosa, ponendosi in termini di serrato confronto con l’ordinanza di rigetto del giudice investito dell’originaria richiesta cautelare, il Tribunale ha preventivamente illustrato gli elementi sui quali ha insistito il ragionamento del Giudice per le indagini preliminari, con particolare riguardo alla capacità intimidatoria del sodalizio, alla sua struttura, alla prova della partecipazione al gruppo e dell’affectio societatis e alla mancata valutazione di elementi indiziari di segno contrario rispetto all’ipotesi avanzata con la richiesta originaria.
La nuova organizzazione mutua, secondo la ricostruzione del Tribunale, la propria natura mafiosa dalle organizzazioni originarie di appartenenza dei diversi consociati: mafiosità che costituisce proprio una parte del capitale sociale, della dote che ogni organizzazione ha apportato al nuovo sistema.
E’ stato ricostruito tale indissolubile legame con le cosche storiche anche attraverso l’analisi degli interessi dei vari soggetti appartenenti alle cosche operanti tuttora nei territori che le hanno originariamente espresse (come, ad esempio, i rapporti di cointeressenza con la cosca della quale NOME COGNOME era il massimo esponente).
I legami sono stati giudicati tali da non escludere l’autonomia del gruppo mafioso di nuova costituzione e, comunque, da non pregiudicare la nascita e l’operatività di un nuovo autonomo sodalizio frutto di una cointeressenza inedita di affari tali da consentire un mutuo scambio di profitti tra i gruppi federatori in quello che Ł stato definito dal Tribunale una sorta di «patto federatore criminale» (o «pactum sceleris trasversale»), per come risultante da alcune vicende di natura economica espressamente riportate nel provvedimento oggetto di ricorso (pagg. 113 e seguenti).
La presenza di imponenti interessi comuni di natura economica non ha escluso la configurabilità anche di una gestione comunitaria o consortile di asset piø tradizionali delle cosche mafiose quali il narcotraffico e la disponibilità delle armi.
In sostanza, Ł risultato dimostrato, a livello indiziario, un assetto organizzativo stabile, con una suddivisione di ruoli tra soggetti organizzati secondo rapporti funzionali ad una progettualità criminale con la condivisione di attività illecite svolte anche attraverso un numero rilevante di società le cui compagini, ruoli e interessi sono state oggetto di ampia disamina.
Il Tribunale si Ł soffermato sulla configurabilità, nella fattispecie, dell’affectio societatis (pagg. 179 – 185), ritenendo dimostrata la stabilità dei rapporti soggettivi.
Rispetto a tale condizione, sono stati ritenuti irrilevanti eventuali contrasti interni, contrariamente a quanto precedentemente giudicato dal Giudice per le indagini preliminari.
Sono state adeguatamente valorizzate, piuttosto, le cointeressenze di esponenti apicali dei diversi gruppi criminali nella gestione della complessa contesa tra i COGNOME e NOME COGNOME
Si tratta di elemento adeguatamente valorizzato in ossequio al principio per cui «in tema di associazione per delinquere, l’esistenza di scopi personali diversi e contrapposti tra i singoli associati, operanti nell’ambito di strutture imprenditoriali autonome e concorrenti, non Ł ostativa al riconoscimento del vincolo associativo, ove tali divergenze trovino composizione in un progetto generale, da realizzare mediante le attività delittuose, finalizzato a perseguire un utile da ripartire tra le diverse imprese» (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, COGNOME Rv. 281589 – 01).
Parimenti, Ł stata valorizzata l’esistenza di una cassa comune destinata soprattutto ad assicurare l’assistenza giudiziaria ed economica ai detenuti e alle loro famiglie, sottolineando che ad essa contribuiscono tutti i gruppi, così evidenziando l’esistenza di un vincolo di mutua solidarietà, in base al quale tutti provvedono a fornire tale assistenza a prescindere dalla compagine di provenienza del singolo (ad esempio concorrendo i Pace, i Crea e i Fidanzati a far fronte al sostentamento di NOME Vestiti e dei suoi familiari).
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, su questo punto Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare; lo stesso Giudice per le indagini preliminari, peraltro, nelle sue conclusioni dalla pag. 918 dell’ordinanza genetica, non ha radicalmente escluso la possibilità di configurare, alla luce della comune organizzazione di mezzi e di persone, l’esistenza di un’associazione semplice quanto meno tra alcuni dei soggetti indagati, pur dubitando della sussistenza, tra tutti, di una reale affectio societatis.
Deve, pertanto, ritenersi sufficientemente accertata, allo stato e nei limiti propri del giudizio cautelare, la sussistenza di gravi indizi in merito alla configurabilità di un’associazione a delinquere, con le caratteristiche evidenziate nell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale ha comunque richiamato le modalità di consumazione di diverse fattispecie estorsive evidenziando come, a prescindere dalla qualificazione giuridica che si voglia dare a tali vicende e della fondatezza o meno delle contestazioni ripercorse, risultano innegabili numerosi atti di violenza, condotte di pesante intimidazione, ed un profluvio di minacce, in occasioni tradottesi in atti di aggressione ed in lesioni attestate in danno di componenti della comunità.
La sussistenza del necessario utilizzo del metodo mafioso e della sua esternalizzazione Ł stata
valutata.
Il Tribunale del riesame ha approfonditamente esaminato gli indizi relativi a tale elemento, valorizzando i singoli episodi di effettivo impiego di violenza e minaccia, ma soprattutto ribadendo, conformemente alla giurisprudenza di legittimità, come la capacità intimidatoria non debba necessariamente estrinsecarsi in simili atti, ma sia sufficiente la spendita della fama criminale precedentemente acquisita, o l’acquisizione dell’assoggettamento omertoso del territorio mediante piccoli soprusi, prevaricazioni o, al contrario, illeciti privilegi.
Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della fama criminale delle mafie storiche di appartenenza avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, ad una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati, in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
L’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da vicende come quelle illustrate da pag. 189 e seguenti, fra le quali, quella coinvolgente tale COGNOME (da pag. 193 dell’ordinanza, nella conversazione in cui COGNOME si compiace del fatto di raggiungere ‘senza spari’ lo scopo che l’associazione si Ł prefissata), quella che coinvolge la segretaria generale del Comune di Abbiategrasso che, pur non assoggettandosi ad essa, comprende facilmente la natura mafiosa della richiesta avanzatale da COGNOME, e la qualità mafiosa del soggetto o dei soggetti di cui questi avrebbe fatto il nome (da pag. 199), e in generale dall’atteggiamento omertoso di molte vittime di estorsioni, che avrebbero omesso di denunciare i fatti commessi in loro danno, o li avrebbero esposti in termini riduttivi rispetto a quanto emerge dalle intercettazioni.
L’incapacità, per gli abitanti del territorio, di individuare con precisione l’associazione criminale dotata della forza intimidatrice non Ł stata ritenuta rilevante, ed anzi si Ł affermato che ciò potrebbe essere interpretato come una conferma della diversità e autonomia dell’associazione qui contestata, rispetto ai gruppi storici di riferimento dei vari associati.
L’ordinanza ha affermato specificamente, con motivazione logica e consequenziale alle vicende esaminate, che la forza intimidatrice promana dall’associazione stessa ed Ł ad essa «immanente», in virtø delle azioni che compie e dell’assoggettamento che ha realizzato nel territorio, e non deriva dai singoli associati o dalle mafie storiche a cui questi ultimi fanno riferimento.
Secondo il Tribunale del riesame, quindi, l’associazione ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia.
2.2. Deve essere ribadito quanto già deciso, fra gli altri, da Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 e Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965 che hanno chiarito come «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Ebbene, nel caso di specie, il motivo di ricorso si limita a ripercorrere gli elementi valorizzati dal Tribunale milanese per proporne una lettura alternativa lamentando, da un lato, l’incedere
argomentativo farraginoso e dall’altro, prospettando la configurabilità (con argomentazioni di puro merito) di accordi finalizzati alla commissione di singoli reati, non anche di una struttura associativa unitaria.
Si sollecita, in particolare, una lettura alternativa del compendio intercettativo in funzione di una diversa ricostruzione dei rapporti tra NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentando, genericamente, la natura astratta delle argomentazioni del Tribunale in punto di ruolo egemone di NOME COGNOME anche nel corso della sua detenzione in carcere.
Manifestamente infondato, peraltro, il rilievo secondo cui la forza di intimidazione del gruppo sarebbe stata ricavata esclusivamente dal prestigio criminale del singolo associato, tenuto conto che la ricostruzione complessiva valorizza, come segnalato, ben altri, pregnanti, elementi indiziari.
3. Il secondo motivo di ricorso Ł infondato.
La questione processuale Ł articolata nella duplice declinazione ella violazione degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen. per mancanza di specificità dell’appello proposto dal pubblico ministero e della individuazione, da parte del Tribunale dell’appello cautelare, di elementi di novità rispetto alle allegazioni dell’appellante.
Con riferimento all’impugnazione riferita al capo 5), l’appellante ha contestato la fondatezza della ricostruzione del Giudice per le indagini preliminari affermando che «le risultanze investigative dimostrano che COGNOME NOME abbia ricoperto un ruolo per nulla marginale, coadiuvando COGNOME NOME e COGNOME NOME per il recupero dell’arma, prendendo contatti diretti con NOME e adoperando cautele comunicative indici sintomatici della consapevolezza della illiceità della condotta (questa maglietta quindi serve…quindi vorrei, vorrei sapere un attimo il posto … se ce l’hai nella vecchia casa…RIT 146/20 – prog. 13395 – intercettazione telefonica dell’utenza 3703193430 in uso a Castiglia Giuseppe)» richiamando anche argomenti di diritto sulla rilevanza concorsuale della condotta ascritta all’indagata.
Si tratta di censura che soddisfa ampiamente il requisito di specificità dell’impugnazione, contenendo una adeguata delimitazione delle questioni controverse devolute alla cognizione del Tribunale milanese ed un richiamo agli elementi istruttori, peraltro diffusamente illustrati nell’intero cospicuo atto di gravame di merito.
La specificità del gravame si apprezza, ancor di piø, se solo si considera che il giudice preventivamente adito in sede cautelare ha escluso la gravità indiziaria esclusivamente in ordine alla partecipazione di NOME COGNOME alla condotta di detenzione, condividendo, per il resto, l’intera ricostruzione del complesso fatto operata nella richiesta cautelare.
Proprio su tale punto si concentra l’appello del pubblico ministero.
La decisione del Tribunale sul punto, segnalato come, in seguito al recupero dell’arma, successivamente alla sua cessione a Crea e, poi, a Castiglia, la stessa aveva avuto altri passaggi di mano nei quali, tuttavia, non era stata coinvolta NOME COGNOME ha ricostruito il ruolo dell’indagata alla luce di una conversazione del 1° aprile 2021 con NOME COGNOME al quale la COGNOME chiedeva insistentemente di provvedere alla restituzione della pistola (cripticamente indicata come «maglietta»).
Proprio a seguito di tali insistenze (note nel contesto dei soggetti coinvolti nell’attività di recupero della pistola, per come emerso anche da altre captazioni riportate) l’arma era stata recuperata.
Sulla base di tali emergenze, il Tribunale ha ricostruito la gravità indiziaria, smentendo la ricostruzione alternativa (e riduttiva) del Giudice per le indagini preliminari, atteso che «NOME COGNOME chiede la pistola a chi la deteneva, ovvero a Castiglia, non accontentandosi di un semplice rifiuto, ma incalzandolo, nel corso della telefonata con domande affinchØ ne spiegasse i motivi,
sottolineando la necessità di riavere l’arma e infine ottenendo che la stessa potesse essere almeno riconsegnata ad NOME».
Analogamente, con riguardo alla posizione della ricorrente nel contesto associativo, il primo giudice ha segnalato il suo coinvolgimento limitatamente alle ipotesi (per le quali Ł stata peraltro esclusa la gravità indiziaria) di cui ai capi 5) e 16), non potendosi ritenere la COGNOME componente del sodalizio (nØ della porzione romana, nØ di quella lombarda) essendo stata la stessa solo vagamente a conoscenza degli affari illeciti del padre.
Identica considerazione può estendersi all’impugnazione proposta avverso le considerazioni svolte dal primo giudice relativamente alla gravità indiziaria riferita alla condotta di partecipazione al delitto associativo di cui al capo 1).
Sul punto, il pubblico ministero ha significativamente valorizzato il ruolo di messaggera svolto dalla COGNOME, per come emerso dalle captazioni evidenziando gli argomenti di diritto a favore della tesi secondo cui lo svolgimento di tale incarico integra condotta di partecipazione all’associazione.
Investito dell’appello cautelare, il Tribunale non era vincolato alla individuazione dei singoli indizi, per come illustrati nell’atto di impugnazione del pubblico ministero, ma, nell’ambito del tema posto con il gravame e del materiale indiziario presente agli atti e conosciuto dall’indagata, poteva individuare gli elementi piø confacenti alla ricostruzione adottata.
Il Tribunale ha dunque insindacabilmente valorizzato la circostanza che proprio NOME COGNOME era stata individuata dagli esponenti di vertice del gruppo come unico soggetto in grado di svolgere i compiti di messaggero con il padre; in tal senso una conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME del 25 giugno 2020.
Nella stessa prospettiva sono stati riportati e valorizzati alcuni passaggi della conversazione del 13 gennaio 2021 nel corso della quale erano chiari (secondo i giudici di merito) i riferimenti (seppure criptici) alla vicenda dell’estorsione Borin di cui al capo 13) e le indicazioni all’indagata, da parte del padre, delle notizie da comunicare agli associati NOME e COGNOME.
Analogo richiamo Ł stato compiuto all’intercettazione del 3 marzo 2021 nel corso della quale, pure, la COGNOME riceveva e forniva informazioni al padre circa argomenti di rilievo per le attività dell’associazione, con riferimento ai rapporti con il sindaco di Cologno Monzese e ai comportamenti di diversi componenti dell’associazione.
Il Tribunale ha, inoltre, richiamato altra conversazione del 30 settembre 2020 nel corso della quale l’indagata veniva informata da NOME di notizie rilevanti ai fini degli affari del sodalizio apprendendo che alcuni proventi economici, per disposizione del padre, sarebbero andati allo stesso NOME COGNOME.
Altre conversazioni richiamate sono state quelle del 17 maggio 2020 tra indagata e il padre e, ancora, del 4 giugno 2021.
Ulteriori elementi sono stati ricavati dalle mansioni di segretaria svolte dalla COGNOME presso uno degli associati maggiormente interessati alle attività connesse al superbonus e alla paventata assunzione presso una delle cliniche sulle quali esercitava la propria influenza Santo Crea.
Smentita la fondatezza della censura processuale sollevata dalla ricorrente e ulteriormente argomentata con i motivi nuovi, non residua alcuna ulteriore questione posta con il secondo motivo, atteso che lo stesso solo genericamente enuncia una non esplicitata contestazione della motivazione adottata dal Tribunale.
Correttamente il Procuratore generale ha evidenziato, sul punto, che il vizio di motivazione Ł stato articolato in termini inammissibili laddove contiene una promiscua e indistinta contestazione di mancanza della motivazione e di illogicità della stessa.
Nel merito della condotta associativa ascritta alla ricorrente, si segnalano i convergenti principi di diritto enunciati, piø volte, da questa Corte.
E’ stato, infatti, deciso che «integra la condotta di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso l’assolvimento del compito di recapitare all’esterno del carcere messaggi contenenti ordini e direttive di un esponente apicale dell’organizzazione criminale detenuto, così rendendo funzionale una rete di ausilio e di comunicazione tra costui ed i sodali in libertà» (Sez. 6, n. 15664 del 17/03/2015, Forte, Rv. 263080 – 01).
Ancora, Ł stato affermato che «integra la condotta di partecipazione ad associazione mafiosa l’attività reiterata e non episodica di intermediazione nella trasmissione di messaggi scritti tra un affiliato in posizione di vertice detenuto ed altri associati in libertà, allorchØ sia identificato il contenuto dei messaggi, attinenti fatti illeciti o altre iniziative criminali, ovvero sia accertato che l’intermediario, pur non conoscendone il contenuto, abbia trasmesso le informazioni e le direttive del capo cosca ad altri affiliati o, comunque, abbia contattato altri sodali al fine di permettere la circolazione delle informazioni e delle direttive provenienti dal carcere. (In motivazione la Corte ha precisato che, conseguentemente, diviene necessario individuare il soggetto autore del messaggio, l’intermediario ed, altresì, colui che riceve l’informazione, poichØ, in assenza di tale ultimo anello della catena di trasmissione, potrebbe non ricorrere una condotta idonea a rafforzare il sodalizio criminoso)» (Sez. 2, n. 7872 del 28/01/2020, Rv. 278425) e che «integra il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso la condotta di chi offre il proprio contributo materiale, con carattere continuativo e fiduciario, ai fini della trasmissione di messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale latitante e gli appartenenti alla consorteria in libertà, così da consentire al primo di continuare a dirigere l’associazione mafiosa, in quanto tale attività si risolve in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio nonchØ alla conservazione ed al rafforzamento di quest’ultimo» (Sez. 6, n. 3595 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280349).
4. E’ infondato il terzo motivo riguardante le esigenze cautelari.
Anche in questo caso, la censura relativa alla mancanza di specificità dell’atto di appello del pubblico ministero Ł priva di fondamento.
Premesso che l’impugnazione del pubblico ministero ha avuto ad oggetto la gravità indiziaria, con conseguente devoluzione al Tribunale del riesame di tutte le questioni in materia cautelare (Sez. 6, n. 17749 del 01/03/2017, COGNOME, Rv. 269853), si precisa che l’intera ricostruzione dell’atto di impugnazione, mediante l’allegazione della sussistenza dei reati di associazione mafiosa e di detenzione di arma aggravata ai sensi dell’art. 416-bis.1. cod. pen. presuppone la configurabilità delle esigenze di cui all’art. 275 cod. proc. pen. sulle quali, in ogni caso, il pubblico ministero si Ł soffermato da pagg. 1076 e seguenti dell’appello.
Nel merito del motivo va detto cheil Tribunale ha richiamato la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e ritenuto recessivi l’assenza di precedenti penali e la giovane età.
Il pericolo di recidiva e di inquinamento delle prove Ł stato ritenuto alla luce del livello di adesione mostrato dalla ricorrente anche per come emerso dalle insistenze in punto di detenzione della pistola di cui al capo 5) e tentativo di recupero dell’arma e, con specifico riguardo al secondo profilo, all’utilizzo di un linguaggio criptico nel corso dei colloqui con il padre detenuto, il recapito di comunicazioni (ugualmente) criptate agli associati e l’acquiescenza mostrata rispetto ad iniziative volte a riferire all’Autorità giudiziaria circostanze false.
Si tratta di motivazione esente da qualsiasi censura solo genericamente lambita dal riferimento all’incensuratezza, alla giovane età dell’indagata e allo svolgimento di attività lavorativa, che non possono assumere rilievo decisivo a favore dell’indagato considerate la natura dei reati per i quali si procede, le modalità dei fatti e l’assenza di qualsiasi elemento positivo tale da fare ritenere venuto meno il vincolo associativo.
A tale proposito si richiama il condiviso orientamento secondo cui «in tema di custodia
cautelare in carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata solo con il recesso dell’indagato dall’associazione o con l’esaurimento dell’attività associativa, mentre il cd. “tempo silente” (ossia il decorso di un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati) non può, da solo, costituire prova dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, potendo essere valutato esclusivamente in via residuale, quale uno dei possibili elementi (tra cui, ad esempio, un’attività di collaborazione o il trasferimento in altra zona territoriale) volto a fornire la dimostrazione, in modo obiettivo e concreto, di una situazione indicativa dell’assenza di esigenze cautelari» (Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv. 282131 – 01)
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
Va, infine, disposta la trasmissione, a cura della Cancelleria, dell’estratto del presente provvedimento al pubblico ministero competente ai sensi dell’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/02/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME