Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43692 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43692 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a CATANIA il 31/08/1999
avverso la ordinanza del 10/04/2024 del TRIBUNALE del RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito l’avvocato NOME COGNOME che si è riportato ai motivi di impugnazione insistendo per l’accoglimento del ricorso.
udito l’avvocato NOME COGNOME che ha esposto i motivi di impugnazione chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Catania ha accolto l’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di quella stessa città – ch pur avendo disposto, nei confronti di NOME COGNOME, la misura cautelare in carcere per taluni reati contestati come reati fine del sodalizio mafioso, nonché per i delitti di cui agli artt. 7 del D.P.R. n. 309/1990, aveva, però, rigettato la richiesta cautelare per il reato associativo per la circostanza aggravante mafiosa – e ha esteso il titolo cautelare al delitto di cui all’art. bis cod. pen..
Il ricorso per cassazione, proposto per il tramite dai difensori di fiducia, avvocati COGNOME e NOME COGNOME è affidato a tre motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivaz ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo, sono denunciati violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al dedotta inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero, per a-specificità, in violazione de regola di cui all’art. 581 cod. proc. pen., come interpretato dalla giurisprudenza di legittimit
2.2.Analoghi vizi sono dedotti con riguardo alla ritenuta sussistenza della associazione di stampo mafioso di cui al capo 1 dell’incolpazione provvisoria.
Premette il ricorrente che gli accertamenti giudiziali relativi alla esistenza, nel terr catanese, della associazione denominata RAGIONE_SOCIALE – di cui il defunto NOME COGNOME nonno del ricorrente, era stato considerato un esponente di vertice – risultano neutr rispetto al novum nel panorama delinquenziale catanese costituito dall’ipotizzata esistenza di un gruppo mafioso capeggiato dai fratelli NOME e NOME COGNOME (figli di NOME, e zii de ricorrente), strutturato su base familiare, non essendo emersi, nel pregresso procedimento (che ha riguardato le condotte associative fino al dicembre 2019), coinvolgimenti degli attuali indagati e, dunque, neppure del ricorrente.
Deduce, quindi, che il Tribunale distrettuale non ha spiegato, se non assertivamente, quali elementi abbiano condotto alla affermata esistenza di una consorteria criminale della specie contestata. Mancherebbe, infatti, la forza di intimidazione derivante dal vincolo, che res indimostrata nell’ordinanza impugnata, così come la prova dell’affectio societatis, atteso che, dall’indagine, sarebbe emersa la dedizione del ricorrente ad attività estorsive o usurarie sul base di accordi delittuosi estemporanei.
2.3. Violazione di legge e difetto di motivazione sono denunciati anche con il terzo motivo, con specifico riferimento alla ritenuta sussistenza della condotta partecipativa del ricorrente a associazione di stampo mafioso. Posto che il Tribunale distrettuale ha individuato gli elementi costitutivi della partecipazione associativa nell’incontro avvenuto a casa dello zio NOME COGNOME nelle vicissitudini successive all’arresto di COGNOME NOMECOGNOME non spiega l’ordinanza impugnat perché la presenza sulla scena investigativa del ricorrente non sia espressiva della sua partecipazione alla associazione finalizzata al narcotraffico, piuttosto che all’organismo mafioso
Inoltre, si sottolinea come il ricorrente, pur coinvolto dallo zio COGNOME NOME nei momenti fibrillazione dell’associazione, in occasione dell’arresto della madre di quest’ultimo ( nonna d ricorrente), non abbia realizzato la condotta finalizzata ad ottenere la ritrattazione della perso offesa dell’estorsione, come richiestogli dallo zio.
Manca nell’ordinanza una chiara rappresentazione del ruolo dinamico svolto dal ricorrente, e del suo contributo operativo alla esistenza e al rafforzamento della associazione, secondo le coordinate delineate dalla giurisprudenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Non ha pregio il primo motivo con cui ci si duole dello scrutinio dell’eccezione di inammissibili dell’appello del Pubblico Ministero per a-specificità.
1.1. Il Tribunale ha, infatti, compendiato i motivi di appello del Pubblico Ministero e argomentat in merito alla ritenuta ammissibilità del gravame, anche con riferimento alla specifica posizione dell’odierno ricorrente, in relazione al quale l’ordinanza impugnata sottolineava come il Pubblico ministero appellante avesse richiamato una conversazione particolarmente significativa della intraneità all’organizzazione del Russo ( cfr. pagina 2 dell’ordinanza impugnata).
1.2. Non può non rilevarsi, peraltro, come, nel ricorso, si richiamino in termini del tutto gene i contenuti dell’ordinanza del G.I.P., ciò non consentendo di apprezzare effettivamente l’addotto difetto di genericità del gravame dell’organo inquirente, in quanto il motivo omette di assolver la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
Prima di esaminare gli altri due motivi di ricorso, è opportuno chiarire, preliminarmente, confini del sindacato di legittimità nei confronti dei provvedimenti adottati dal giudice d impugnazione dei provvedimenti sulla libertà personale.
2.1. Secondo costante e condiviso orientamento di legittimità, l’ordinamento non riconosce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicend indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderare le caratteristic soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazioni rientranti nel compito esclusivo e insindacabile d giudice a cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale de riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto, nella disamina de impugnato, alla verifica che il relativo testo sia rispondente a due requisiti, uno di carat positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenz di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificati provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438; Sez. 2, Sentenza n. 31572 del 08/06/2017 Cc. (dep. 26/06/2017 ) Rv. 270463). In sostanza, il controllo di legittimità sul motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale
diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparat argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a ga del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudi di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del ma probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine all sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando a essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di f (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998, COGNOME, Rv. 210566; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, Rv. 251761).
Fatta tale premessa, ritiene il collegio che l’ordinanza impugnata abbia ben governato i richiamati principi, sia laddove ha riconosciuto la persistente operatività del clan facente capo a NOME COGNOME portato avanti dai figli, NOME e NOME, durante i periodi di detenzione del primo, sia per avere individuato, in capo al ricorrente, un ruolo partecipativo, in coerenz con i princìpi affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
Con riguardo al secondo motivo – con cui si denunciano violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’associazione mafiosa oggetto di contestazione, in specie per non essere stata dimostrata la forza di intimidazione del sodalizio – è opportuno ricordare il principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in tem associazione per delinquere di tipo mafioso, l’essenziale connotazione delle forme di “delocalizzazione” della cosche storiche, anche nelle aree storicamente controllate dall’associazione GLYPH principale, GLYPH risiede GLYPH nella GLYPH “intrinseca, GLYPH e GLYPH non implicita,” forza di intimidazione derivante dal collegamento con le componenti centrali dell’associazione mafiosa, dalla riproduzione sul territorio delle strutture organizzati dell’associazione principale, dall’avvalimento della fama criminale conseguita, nel corso di decenni, nei territori di storico e originario insediamento, senza che sia necessaria la effett esteriorizzazione GLYPH di GLYPH tale forza di intimidazione. GLYPH (Sez. 2, GLYPH n. 31920 del 04/06/2021, Rv. 281811). Il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. è, cioè, configurabile con riferimento un’articolazione territoriale di una mafia storica che si avvalga di una forza di intimidazi intrinseca che, pur non necessitando di forme eclatanti di esteriorizzazione del metodo mafioso, non consiste nella mera potenzialità, non esercitata e quindi meramente presuntiva, dell’impiego della forza, ma nella spendita d’una vera e propria fama criminale ereditata dalla casa-madre, cosìcchè il sodalizio può dirsi sussistente anche in difetto della commissione di reati-fine e del esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella “madre” del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzi di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in c
ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, con conseguente pericolo per l’o pubblico. ( Sez. 5, n. 28722 del 24/05/2018, Rv. 273093).
4.1. Ciò premesso, si richiama quanto affermato dal Tribunale distrettuale, ovvero che il presente procedimento costituisce la prosecuzione di quello in cui a NOME COGNOME è stato contestato il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. fino al 2019, con riferimento al clan COGNOME, definito un clan storico, con tradizione di neutralità verso altre famiglie mafiose con cui il gruppo ha continuato a mantenere contatti, anche durante la detenzione del capoclan, attraverso i figli NOME e NOME. Il clan COGNOME costituisce, cioè, una articolazione locale di “mafia storica” operante sul territorio catanese, da cui promana la forza di intimidazion e la capacità di assoggettamento.
4.2. In merito alla vitalità del clan COGNOME– COGNOME, il Tribunale ha ampiamente argomentato, senza aporie o vizi di ordine logico-giuridico, sulla persistenza delle attività del gruppo costanza di detenzione del suo elemento di vertice, COGNOME NOME COGNOME, nonno dell’attuale ricorrente, e anche successivamente, dopo la sua scarcerazione, avvenuta 1’11/09/2021, a seguito della quale il predetto capoclan storico riprendeva il controllo dell’organizzazione, fino a un nuovo arresto avvenuto nel gennaio 2022.
In particolare, è emerso che il gruppo, di cui venivano monitorati conversazioni e incontri, risultava impegnato in attività di estorsione e usura e si rapportava con altri clan operanti nello stesso contesto territoriale.
Si evidenzia nell’ordinanza impugnata come, dalle indagini, sia emerso che, dal 2021, i congiunti e stretti sodali di COGNOME NOME avevano portato avanti attività criminali in nome e p conto del predetto boss, e che, in assenza del padre, i figli NOME e NOME COGNOME avevano continuato a intrattenere, quali associati del dan COGNOME, rapporti con altre consorterie mafiose, e che NOME COGNOME, durante la detenzione, veniva informato di tali attività dagli stessi figli colloquio tra NOME e NOME COGNOME del 17/06/2021), o dalla moglie ( colloquio del 26/08/2021); d’altro canto, il capoclan, una volta riacquistata la libertà, non esitava a chiedere conto ai soldali delle modalità di gestione delle attività economiche in sua assenza e dei proventi ricavati, criticando la gestione dei figli ( cfr. conversazione n. 4180 del 15/09/2021, tra NOME COGNOME e madre). Già il 2 ottobre 2021, riacquistata la libertà da pochi giorni, riceveva presso il domici i sodali, in incontri finalizzati all’organizzazione delle attività criminali. Allo stesso m intercettazioni davano conto di come, una volta scarcerato, NOME COGNOME avesse ripreso immediatamente le redini anche delle attività estorsive, medio tempore portate avanti dai figli e dai fidati collaboratori, incontrando direttamente gli imprenditori vessati, ai quali lasc chiaramente intendere di avere ripreso il controllo degli affari del gruppo, così come riprendeva la diretta gestione degli affari economico- imprenditoriali del gruppo, emergendo, nel corso di conversazioni in cui discuteva con il figlio NOME degli investimenti nel settore dei prodot surgelati, la supplenza svolta dai figli durante la detenzione (intercettazione telematica de 23/11/2021).
Risulta anche ricostruita la prosecuzione di alcuni reati di usura, iniziati da COGNOME NOME, opera dei figli e degli altri congiunti: si fa riferimento al recupero crediti verso Messina Lore e all’intervento di NOME COGNOME presso altro clan mafioso per risolvere la questione del recupero di un immobile abusivamente occupato da tale COGNOME NOME, che si era rivolto a NOME COGNOME, episodio del quale discutevano, a casa di NOME COGNOME questi e il padre, unitamente all’altro sodal NOME COGNOME durante un summit del 14/12/2021.
D’altro canto, le conversazioni intercettate in occasione dell’arresto del capoclan, in data 11 gennaio 2022, davano conto delle preoccupazioni degli indagati per un possibile loro diretto coinvolgimento nelle indagini “in quanto chiaramente consapevoli del vincolo associativo che li univa allo «reni” ( pg. 8 dell’ordinanza).
Inoltre, a riprova della circostanza che gli indagati si rapportassero all’esterno qu appartenenti al clan mafioso capeggiato da NOME COGNOME e non quali singoli che agivano nell’interesse della famiglia di sangue, il Tribunale distrettuale segnala i conta intrapresi da NOME COGNOME durante la nuova detenzione del padre, rapportandosi con altri clan mafiosi, osservando come ciò attestasse “il ruolo di vertice riconosciuto allo stesso dagli altri sodalizi mafiosi e il conseguente potere di interlocuzione dello stesso con gli altri clan in nome per conto del clan Puntina-Pilera” ( pg. 9 ss.). In tale contesto, si inserisce anche una conversazione intercettata il 24 maggio 2022 nella quale NOME COGNOME riferisce allo zio, NOME COGNOME della posizione assunta da altri sodali, in un incontro avvenuto a casa dell’altr zio, NOMECOGNOME in merito alle proposta dello stesso NOME COGNOME di alleanza con altro clan.
4.2. Sono molteplici, dunque, gli elementi, congruamente vagliati dai giudici distrettuali, dai qu essi hanno tratto il convincimento dell’esistenza di una consorteria mafiosa facente capo a NOME COGNOME e della prosecuzione dell’attività associativa mafiosa dei ‘Puntina’ a opera dei congiunti e dei più stretti sodali sia durante la detenzione del capoclan COGNOME NOME COGNOME che durante i periodi di libertà dello stesso, in tal senso deponendo univocamente, come evidenziato a pg. 12 dalla ordinanza impugnata, una pluralità di elementi specificamente emersi dalle indagini, sintomatici del “pieno coinvolgimento degli indagati nelle attività criminali del clan tra il 2021 e il 2022, la permanente operatività del clan di cui al capo 1 della rubrica” (pg. 13). La valutazione della Corte di merito – pertanto- lungi dal sottrarsi al dovere motivazional denunciato dal ricorrente – è, invece, giuridicamente corretta in quanto un’associazione per delinquere può avere origine nei vincoli di parentela, amicizia e “clientela” che normalmente intercorrono fra i membri di una medesima famiglia, laddove essi divengono patologici quando li inducono alla organizzazione e alla commissione di crimini.
4.3. Non ha fondamento, dunque, la doglianza che attinge la gravità indiziarla con riferimento alla fattispecie associativa, in ordine alla quale il ricorso propugna una valutazione parcellizza del quadro indiziario, perseguendo un’opzione valutativa dissonante rispetto agli accreditati insegnamenti di questa Corte di legittimità, secondo cui “in tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può perciò prescindere dalla operazione
propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231678). In sostanza, l’operazione ermeneutica consiste nell’accertare, in un primo momento, il maggiore o minore livello di gravità e precisione dei singoli indizi, ciascun isolatamente considerato, ma anche, in un secondo momento, nel procedere al loro esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità e a inserirli in una lett complessiva che di essi chiarisca l’effettiva portata dimostrativa e la congruenza rispetto al tema d’indagine prospettato dall’accusa nel capo di imputazione. Nella valutazione complessiva propria del secondo momento del giudizio indiziario, infatti, ciascun elemento si somma e, di più, si integra con gli altri, di tal ché il limite della valenza di ognuno risulta superato e l’inc positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria; sicché l’insieme può assumere il pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale può affermarsi conseguita la prova logica del fatto, alla cui positiva presenza è conseguente l’emissione di un provvedimento limitativo della libertà dell’indagato (Sez. 1, n. 5894 del 07/12/1994, dep 11/02/1995, Rv. 200653, e più recentemente, Sez. F, n. 38881 del 30/07/2015 Rv. 264515), e che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metolodogica che giustifica e sostanzia il principio del cd. libe convincimento del giudice (Sez. Un., 4 febbraio 1992, n. 6682, P.M. c COGNOME e altri, Rv. 191231.).
Entro tale prospettiva, non è ravvisabile alcuna frattura logico-argomentativa del provvedimento impugnato, che, attraverso una disamina globale delle diverse emergenze investigative, espressamente menzionate, ha correlato logicamente tra loro una serie di profili indiziari, laddove, per converso, alla luce dei richiamati principi di diritto, l’incid rilievi svolti dalla difesa ricorrente non è tale da disarticolare potenzialmente l’ass motivazionale della decisione in relazione alle modalità di utilizzo dei criteri di valutaz della base indiziaria ivi delineata.
5. Non ha pregio neppure il terzo motivo, incentrato sul ruolo partecipativo del Russo, per cui la difesa ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata non si sarebbe confrontata con la alternativa ipotesi che la presenza sulla scena investigativa del ricorrente sia espressiva della su partecipazione alla associazione finalizzata al narcotraffico, e non anche all’organismo mafioso. 5.1. Il Tribunale distrettuale ha fatto convincente riferimento a una pluralità di eleme significativi, avuto riguardo alla preminente esigenza di apprezzare in una visione d’insieme i diversi elementi indiziari sinora emersi in ordine alla presenza di atti e comportamenti cui specifiche connotazioni appaiano con ogni probabilità sintomatiche della effettività di un contributo causalmente rilevante alla realizzazione delle attività ed perseguimento degli scopi del sodalizio in questione.
L’ordinanza impugnata ha ricostruito l’affiliazione al clan superando la tesi difensiva che li riconduceva al vincolo di parentela – da alcuni indici rivelatori di un versatile ed effici contributo prestato dal Russo allo zio COGNOME NOME e al gruppo, della condivisione degli interessi associativi, della decisiva collaborazione nel traffico di droga gestito dallo stesso zio, d subordinazione gerarchica ai vertici del clan e della costante disponibilità ad attivarsi per soddisfacimento delle esigenze del gruppo e dei fini associativi ( pg. 13). Ha enucleato, in sintesi:
-la partecipazione alle riunioni nelle quali venivano affrontati argomenti delicati riservati;
il ruolo di messaggero tra COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME mentre si trovavano rispettivamente in detenzione domiciliare e agli arresti domiciliari, al riparo da intercettazioni;
-la disponibilità a dare seguito alle disposizioni ricevute dagli zii ai fini del conseguime degli scopi associativi;
-la consapevole partecipazione all’episodio estorsivo in danno di NOME COGNOME in cui il COGNOME ha dato prova di essere consapevole di essere parte integrante della famiglia mafiosa, da cui ha tratto la legittimazione ad esigere lo sconto riservato ai familiari d clan;
-le perplessità espresse in relazione al progetto di alleanza con altro clan caldeggiata dallo zio NOME;
-gli incontri con lo zio NOME COGNOME in cui il COGNOME lo informava sull’andamento degli affa illeciti del sodalizio e sugli eventuali arresti degli affiliati, come nel caso dell’arr NOME COGNOME in relazione al quale il Tribunale ha evidenziato come “la capillare conoscenza da parte del COGNOME dei dettagli dell’arresto e dei particolari della vicenda , siano “scarsamente conciliabili con la tesi della difesa circa l’occasionale e disinteressata collaborazione prestata dal proprio assistito a COGNOME NOME solo in ragione del rapporto di parentela con quest’ultimo, confermando, piuttosto la piena organicità del medesimo nel contesto associativo”.
5.2. Del tutto razionalmente, dunque, alla luce delle descritte mansioni, l’ordinanza ha tratto “il preciso e decisivo contributo dallo stesso offerto con stabilità e consapevolezza alla associazione”, secondo una prospettiva relazionale che travalica i normali rapporti tra semplici concorrenti nel reato rimandando, piuttosto, a una dinamica di tipo associativo. Ha spiegato il Tribunale distrettuale come l’attività intercettiva desse conto di come il ricorrente “non si limitasse a eseguire piccole cortesie allo zio, ma che fosse quotidianamente impegnato dallo zio in attività associative”, impegno che si spiega solo in termini di “condivisione del vincolo associativo e degli interessi del gruppo”( pg. 17).
5.3. L’ordinanza impugnata, anche con riguardo a tale profilo, ha ben governato i consolidati insegnamenti di questa Corte di legittimità in ordine alla figura del partecipe di una associazion di stampo camorristico.
Le Sezioni Unite nel 2005, e la giurisprudenza conforme successiva, hanno, da tempo, costruito la figura giuridica del partecipe dell’associazione mafiosa, distinguendola da concorrente esterno, sottolineando come, al primo, sia riferibile un rapporto di stabile e organic compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, Rv. 231670). Secondo le Sezioni Unite, la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendib regole di esperienza, attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la “appartenenza” (il ruolo del partecipe, dunque), purché si tratti indizi gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di “uomo d’onore commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e però significativi, “facta concludentia” -, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione. In tale ricostruzione “a maglie larghe” quanto alle manifestazioni molteplic nelle quali si può esplicare la partecipazione mafiosa, la giurisprudenza di legittimità ha fat rientrare la permanente “disponibilità” al servizio dell’organizzazione a porre in essere attivi delittuose, anche di bassa manovalanza (Sez. 5 – , n. 45840 del 14/06/2018, Rv. 274180 – 01; Sez. 5, n. 48676 del 14/5/2014, Rv. 261909; Sez. 5 n. 45840 del 14/06/2018, Rv. 274180 01), giungendo a ritenere che non sia necessario catalogare in un ruolo stabile e predefinito la condotta del singolo associato, poiché il sodalizio mafioso è una realtà dinamica, che si adegua continuamente alle modificazioni del corpo sociale e all’evoluzione dei rapporti interni tra g aderenti, sicché le forme di “partecipazione” possono essere le più diverse e addirittura assumere caratteri coincidenti con normali esplicazioni di vita quotidiana o lavorativa (Sez. 5, n. 6882 d 6/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266064) e conferendo rilievo alle “frequentazioni” stabili con mafiosi, in presenza di determinate condizioni di riscontro (cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 31 del 30/5/2017, COGNOME, Rv. 270468). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5.4. La “partecipazione” del Russo all’associazione mafiosa è stata affermata dall’ordinanza impugnata sulla base del ruolo dinamico assunto dall’odierno ricorrente, desunto da una pluralità di elementi non altrimenti interpretabili se non in quanto espressivi dell’affectio societatis, come plasticamente ed emblematicamente dimostrato dal ruolo di messaggero tra soggetti posti al vertice dell’associazione, una volta venuto meno il capoclan, dalla partecipazione a incontri e discussioni riguardanti scelte di rilievo per la vita dell’associazione e dalla diretta interlocu svolta sul punto, oltre che dal coinvolgimento in attività estorsive. Posto che l’appartenenz dipende non solo dalla volontà dell’aderente, ma anche da quella inclusiva di chi già partecipa
all’associazione e l’accordo di adesione, sotto il profilo probatorio, è sì dimostrabile sulla b delle regole del sodalizio, ma può essere anche ricavato dai comportamenti di fatto (cfr. Sez. U n. 36958 del 27/05/2021 Cc. (dep. 11/10/2021), COGNOME, Rv. 281889 ), correttamente i Giudici distrettuali hanno qualificato tale condotta come propria di un intraneo al sodalizio, quanto effettivamente riferibile a un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare – secondo condivise coordinate ermeneutiche – più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Quella di NOME COGNOME – per come descritta nell’ordinanza impugnata – è una condotta che si è caratterizzata per lo stabile inserimento nella struttura organizzativa dell’associazion e che, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, per come ricostruite dalla Corte d appello attraverso un puntuale scrutinio delle fonti di prova, consente di attestarne la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. Un. Modaffari, cit. ). Posto che, in presenza di un paradigma normativo che individua un delitto a forma libera, la condotta del partecipe può consistere nella prestazione di un contributo di qualsivoglia genere, purché non occasionale e, in ogni caso, apprezzabile sotto il profilo della rilevanza causale, con riferimento all’esistenza o al rafforzamento dell’associazione, e che detto contributo deve essere corredato dalla consapevolezza dell’esistenza della consorteria criminale e dalla volontà di associarsi ad essa, onde perseguire gli scopi tipici del sodalizio mediant l’utilizzo del metodo mafioso, pur potendosi prescindere dall’effettivo raggiungimento di tali scop (Sez. Un. COGNOME, in motivazione, pg. 18), non può che convalidarsi il percorso argomentativo svolto dalla ordinanza impugnata, che, con rigore di analisi e coerenza valutativa rispetto alle fonti di prova acquisite, ha ben dimostrato l’ inserimento di Russo nella struttura organizzativ e nelle dinamiche del sodalizio, accompagnato dall’affectio societatis, in forza dell’assunzione di un ruolo di costante supporto ai vertici del clan, andato ben oltre le condizioni riferibili ai normali rapporti parentali. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di appello ha dimostrato la fidelizzazione del Russo verso il sodalizio, l’asservimento della propria attività agli interessi del clan, e un contributo decisivo alla realizzazione del programma criminoso. A tal fine, l’ordinanza ha evidenziato come, oltre al rapporto parentale con i vertici del sodalizio, sia emerso il costante contributo esplicatosi soprattutto nel ruol messaggero, capace di assicurare costanti interlocuzioni tra i vertici del sodalizio, aggiornat costantemente in merito alle dinamiche associative in corso; è stata evidenziata anche la percezione ab esterno del suo ruolo di intraneo al sodalizio. Un contributo concreto e variegato, la cui rilevanza travalica la, riconosciuta, partecipazione alla concorrente associazione finalizza al narcotraffico, alla quale la difesa ricollega la evocata conversazione successiva ad un arresto. Il complessivo compendio indiziario, compiutamente ricostruito nell’ordinanza impugnata, smentisce la tesi difensiva, riproposta nel ricorso, degli sporadici contatti giustificati dal rap di parentela con i soli COGNOME, senza che possa rilevare in senso favorevole, la mancata
realizzazione, commissionate da NOME COGNOME di condotte volte a fare ritrattare la vittima di episodio che aveva visto protagonista la madre degli COGNOME, tratta in arresto, non essendo stato neppure dedotto che l’incarico sia stato rifiutato, né venendo evidenziate le ragioni per le qual esso non sarebbe stato portato a termine.
5.5.Risulta altresì correttamente scrutinato anche il profilo soggettivo: come è stato da tempo affermato, il dolo del partecipe consiste nella consapevolezza di fare parte dell’associazione, di esserne partecipe, e nella volontà di contribuire a tenere in vita l’associazione e a far raggiungere gli obiettivi, gli scopi, che si è prefissa»( cfr. Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Manni Rv.202904-01). Non è ragionevolmente censurabile la valutazione del Giudice a quo, che, sulla base di un comprovato rapporto sinallagmatico tra la messa disposizione in favore degli interessi del clan e i personali vantaggi tratti dal Russo, ha escluso che egli potesse essere considerato un occasionale compartecipe di singole vicende criminose. Può, dunque, affermarsi che in un contesto di effettività e serietà, ove emerga l’adesione libera e volontaria a quella consapevole scelta e una reciproca vocazione di “irrevocabilità” (intesa, nel senso di una stabile e duratura relazione, potenzialmente permanente), testimonia in fatto, e non solo nelle intenzioni, i rapporto organico tra singolo e struttura. A queste condizioni, la “messa a disposizione” indica un comportamento oggettivo e non solo intenzionale, attuale e non meramente ipotetico che finisce così per concretizzare e rendere riconoscibile il profilo dinamico della partecipazione.
5.6. Non hanno alcun pregio, dunque, le doglianze difensive incentrate sul profilo dell’affectio societatis, giacchè il ricorrente non si confronta con la specifica motivazione, congruente con i dati probatori, che la Corte di appello ha fornito, osservando, del tutto razionalmente, che solo un partecipe può essere coinvolto in conversazioni che toccano argomenti delicati, concernenti interessi cruciali e strategie della consorteria, come quelli affrontati duranti le riunioni alle il Russo ha partecipato, oltre a valorizzare il riscontro costituito dal coinvolgimento fattivo n vicenda estorsiva, ciò che consente di ritenere implicitamente confutate le deduzioni difensive incentrate sulla riconducibilità del contributo partecipativo del Russo alla diversa articolazio dell’associazione dedita al narcotraffico, in presenza di un quadro probatorio oggettivamente apprezzabile per il suo coinvolgimento pieno e diretto nelle dinamiche associative di cui al capo 1) della provvisoria imputazione.
6. Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.. Mand alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2024 Il onsigli r GLYPH stensore