Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46596 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46596 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 23/10/2024
R.G.N. 28184/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ACQUARO il 07/02/1977; avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del TRIBUNALE LIBERTA’ di Catanzaro; vista la relazione del Consigliere NOME COGNOME vista la requisitoria del Sost.Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso; in procedura a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 4 luglio 2024 il Tribunale di Catanzaro – costituito ai sensi dell’art.309 cod.proc.pen. – ha confermato, in parte, il titolo cautelare genetico nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Damiano.
In particolare, i capi oggetto di conferma riguardano: a) la partecipazione alla associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta , in particolare alla ‘ndrina COGNOME, accertata tra il 2018 e il 2019; b) la detenzione di un’arma comune da sparo.
Le fonti di prova esaminate nella ordinanza sono essenzialmente rappresentate da: a) le dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia; b) il contenuto di conversazioni oggetto di captazione.
Nell’esaminare la posizione del ricorrente, il Tribunale, dopo aver indicato gli elementi che consentono di individuare come operativa la cosca COGNOME nei territori del vibonese (Arena, Acquaro) e altri, si sofferma sui contenuti di alcune conversazioni oggetto di captazione (in data 14 gennaio 2018 ed in data 23 marzo 2019) da cui emerge la particolare vicinanza dell’ Inzitari a Maiolo Angelo.
Si tratta di conversazioni che, secondo il Tribunale, consentono di inquadrare il rapporto in termini di partecipazione dell’COGNOME alla cosca capeggiata dal COGNOME. Anche la condotta di detenzione e porto dell’arma viene desunta dai contenuti di una conversazione intercettata in data 2 settembre 2018.
In punto di esigenze cautelari e scelta della misura il Tribunale, al di là della presunzione relativa ex lege legata al titolo di reato, motiva espressamente sulla sussistenza del pericolo di
reiterazione, affermando che la sola circostanza del trasferimento dell’indagato in Piemonte non ha alcuna efficacia di ‘neutralizzazione’ di siffatto pericolo, considerando che proprio in Piemonte l’associazione criminale oggetto del procedimento ha solide basi operative. Quanto alle condizioni di salute, il Tribunale afferma che le ricadute in tema di adeguatezza della custodia in carcere andranno valutate nel prosieguo del procedimento.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – Inzitari NOMECOGNOME Il ricorso Ł affidato a tre motivi.
4.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta gravità indiziaria sulla ipotesi di partecipazione alla associazione.
Secondo la difesa il Tribunale non ha correttamente rapportato gli elementi indiziari alle necessità di prova imposte dalla contestazione di reato. Per esservi partecipazione occorre, infatti, ricostruire un ruolo svolto dall’indagato all’interno della compagine associativa, ruolo che non sarebbe affatto emerso dalle captazioni di conversazioni citate nel testo della decisione. Vi sarebbe in sostanziale travisamento del contenuto delle conversazioni.
Ciò che Ł emerso sarebbe al piø un rapporto di «frequentazione» con il COGNOME, ma non anche un consapevole apporto alle sorti di una cellula di ‘ndrangheta.
Viene commentato il contenuto delle ulteriori conversazioni, sempre al fine di dimostrare la inconsistenza indiziaria in chiave di partecipazione alla associazione.
4.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta gravità indiziaria sulla ipotesi di detenzione e porto dell’arma.
Anche in tal caso il Tribunale avrebbe erroneamente valutato il dato conoscitivo. I ‘rumori metallici’ cui si fa riferimento nel testo della decisione – ripresi dal titolo cautelare genetico – ben potevano essere provocati da un oggetto diverso da un’arma e la motivazione non affronta le critiche esposte nell’atto introduttivo del riesame.
4.3 Al terzo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari e alla scelta della misura.
Si rappresenta che, a fronte del tempo trascorso tra i dati indizianti e la decisione cautelare, il Tribunale ha ritenuto – erroneamente – non influente il trasferimento in Piemonte – per svolgere attività lavorativa – così come il riferimento alle precarie condizioni di salute, che era stato fatto non in ragione della incompatibilità con il carcere ma in rapporto alla incidenza sul pericolo di reiterazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
In premessa va rilevato che i motivi tendono a riproporre le doglianze, in fatto, già esposte davanti al Tribunale senza una adeguata considerazione dei contenuti argomentativi esposti nella decisione impugnata. Ciò porterebbe ad una censura di genericità del ricorso, che tuttavia va evitata con riferimento al primo motivo, che contiene anche una doglianza in diritto.
2.1 Il primo motivo Ł infondato.
La censura relativa alla interpretazione dei contenuti delle conversazioni – in quanto tale non Ł ammissibile, posto che in sede di legittimità non Ł consentita la rivalutazione del dato captativo, salve le ipotesi di evidente travisamento del significato, che nel caso in esame non ricorrono.
Tuttavia la difesa pone un tema di «riconoscibilità» della condotta partecipativa, posto che dalle intercettazioni emergono dei segmenti di condotta che ovviamente vanno rapportati al tema in
diritto della esatta individuazione della condotta di partecipazione ad una associazione di stampo mafioso .
Sul punto, va brevemente ricordato che, quanto alla condotta di partecipazione (“chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso”), secondo l’ormai consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, anche a Sezioni unite, essa non può consistere in un mero status , nØ in una condivisione meramente psicologica del programma criminoso e delle relative metodiche, dovendo al contrario sostanziarsi in un agire concreto e causalmente efficace rispetto agli scopi dell’associazione, il quale può assumere forme e contenuti diversi e variabili, così da delineare una figura di reato “a forma libera”.
In altri termini, l’azione del partecipe deve sempre consistere, in modo pregnante, “nella concreta assunzione di un ruolo materiale all’interno della struttura criminosa, manifestato da un impegno reciproco e costante, funzionalmente orientato alla struttura e all’attività dell’organizzazione criminosa”, quale espressione di un inserimento strutturale, a tutti gli effetti, in tale organizzazione, nella quale l’agente risulta stabilmente e organicamente incardinato; inserimento idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889-01; in termini già Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670-01 e, nella giurisprudenza ad essa successiva, Sez. 2, n. 31541 del 30/05/2017, COGNOME, Rv. 270468-01; Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269659-01; Sez. 5, n. 4864 del 17/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269207-01; Sez. 6, n. 12554 del 1/03/2016, COGNOME, Rv. 267418-01).
Quanto all’elemento soggettivo della condotta di partecipazione a un’associazione di stampo mafioso, esso sussiste allorchØ ricorra la consapevole volontà di fare parte della compagine criminosa al fine di condividerne l’attività svolta e gli obiettivi criminali. Dunque, il partecipe Ł colui che esercita la forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva, o che di essa si avvale, o che comunque agevola o collabora direttamente, attraverso un’attività strettamente correlata all’attività di intimidazione, con chi la esercita o se ne avvale, ovviamente agendo allo scopo di raggiungere i fini criminali del sodalizio, di cui sia consapevole di far parte.
Ora, anche dopo l’intervento regolativo RAGIONE_SOCIALE adottato dalle Sezioni Unite nel 2021, ad essere rilevante Ł, anche sul piano dell’apprezzamento della gravità indiziaria, la selezione di affidabili «indicatori» dell’avvenuto inserimento attivo del soggetto nel gruppo, il che tuttavia non comporta l’adozione piena del cd. modello causale, a differenza di quanto ipotizzato dal ricorrente.
Il cd. modello causale Ł ancorato alla dimensione del concorso esterno, che richiede la prova della condotta e di un percepibile evento di rafforzamento del gruppo in forza della medesimaDi contro, la dimostrazione della condotta partecipativa richiede – senza dubbio – la ricostruzione fattuale dello stabile inserimento del soggetto nel gruppo ma, anche secondo l’arresto del 2021 COGNOME , resta valido l’inquadramento teorico risalente a Sez. Unite Mannino del 2005 per cui la prova dell’inserimento può avvenire ‘per indicatori logici’.
Già l’intervento regolativo del 2005, attuato con la sentenza COGNOME , scinde la questione processuale della verifica della condotta di partecipazione alla associazione mafiosa in due momenti di riconoscimento dei presupposti.
La tipicità da un lato (ossia la esatta interpretazione della locuzione normativa secondo il suo significato corrente e secondo categorie concettuali di stretta aderenza al testo), la prova dall’altro (posto che ogni condotta descritta in termini elastici, come Ł la partecipazione, ha bisogno di parametri probatori rassicuranti e al tempo stesso esemplificativi, su cui il giudice possa esercitare il potere di fissazione del fatto).
Quanto al primo aspetto, le Sez. U COGNOME affermano con assoluta chiarezza che il ‘fare
parte’ di una associazione mafiosa Ł espressione di sintesi che implica l’assunzione di un ruolo e lo svolgimento di compiti effettivi, sposando la visione «dinamica e funzionale» della condotta partecipativa, in aderenza al principio di materialità e offensività della condotta punibile. Prendere parte al fenomeno associativo non Ł uno stato d’animo, nØ una generica condivisione, ma Ł lo svolgimento di compiti funzionali e tendenzialmente stabili, coessenziali al raggiungimento dei fini del gruppo.
A simile affermazione però non consegue una richiesta di necessaria percezione o ricostruzione ‘diretta’ di episodi storici integrativi del ruolo, ben potendo la ricostruzione essere indiziaria.
¨ il punto di maggior rilievo della decisione del 2005, nel cui ambito si afferma testualmente che: ‘sul piano della dimensione probatoria rilevano tutti gli indicatori fattuali, dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della condotta partecipativa e cioŁ la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio. Deve dunque trattarsi di indizi gravi e precisi (tra i quali le prassi giurisprudenziali hanno individuato, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di ‘osservazione e prova’, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di uomo d’onore, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici facta concludentia ) dai quali sia lecito dedurre, senza alcun automatismo probatorio, la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, nonchØ della duratura e sempre utilizzabile messa a disposizione della persona per ogni attività del sodalizio, con puntuale riferimento allo specifico periodo temporale considerato nella imputazione’.
Ora, l’intervento regolativo delle Sezioni Unite del 2021 sorge su un tema specifico, rappresentato dalla rilevanza – quale affidabile indicatore logico della partecipazione – della semplice cerimonia rituale di affiliazione.
Nella corposa motivazione della decisione, le Sezioni Unite COGNOME premettono, sulla scia della COGNOME , di aderire al filone interpretativo che riconosce nella previsione incriminatrice di cui all’art.416bis cod. pen. un ‘reato a struttura mista’, data la necessaria proiezione esterna del potere di intimidazione del sodalizio.
La capacità di intimidazione deve essere effettiva e deve essere attributo del ‘sodalizio’ in quanto tale.
Ci si orienta, pertanto, verso una natura giuridica di reato di pericolo concreto , intendendo per tale il reato associativo di stampo mafioso e non già le singole condotte in cui si articola la fattispecie.
Quanto alla nozione di partecipazione vengono enucleate – nel post COGNOME – tre tendenze interpretative.
La prima, che facendo leva sulle esemplificazioni della stessa COGNOME (sul terreno della prova) identifica senz’altro l’affiliazione rituale come condotta in quanto tale punibile a titolo di partecipazione, sottolineandone la forza dimostrativa, in aderenza al cd. modello organizzatorio puro (l’adesione Ł vista come fenomeno di rafforzamento del gruppo, al di là del successivo svolgimento di compiti).
La seconda, che ritiene insufficiente l’indicatore della mera affiliazione, non seguito dal censimento di condotte ‘espressive del ruolo’, in ossequio al profilo funzionalistico valorizzato nella Mannino nella parte dedicata alla tipicità.
La terza, definita in termini di ‘modello misto’, nel cui ambito si richiede – in ogni caso – la identificazione di un sia pur minimo apporto causale alla vita dell’associazione.
In simile contesto, le Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE propongono una soluzione interpretativa che viene manifestata come ulteriore e originale.
Si evidenzia, in premessa, che non può aderirsi al modello organizzatorio puro. Sostenere, in particolare, che la prova del solo accordo di ingresso esaurisca il tema del giudizio significa non tener conto di possibili situazioni in cui il soggetto non realizzi alcuna concreta attività posteriore e ciò appare in contrasto con i principi di materialità e offensività.
Al tempo stesso, si afferma, non bisogna scivolare nella adozione del cd. modello causale in senso stretto, pena la vanificazione della differenziazione tra la condotta di partecipazione e quella di concorso esterno.
Si indica, pertanto, la necessità di individuare, sul terreno probatorio, un contributo – anche atipico – del partecipe, contributo che può essere tanto materiale che morale , ricostruibile anche in via indiziaria (tramite ricostruzione di condotte indicative) e che viene esemplificato in termini di messa a disposizione effettiva e consapevole .
Solo in tal caso può dirsi che il soggetto ‘prende parte’ alla associazione.
In simile quadro, si ritiene che la investitura ottenuta tramite il rito di ingresso sia elemento non autosufficiente ma certamente indiziario (della effettiva messa a disposizione), elemento che se debitamente rafforzato dalla ‘qualità’ dell’adesione e ‘serietà’ del contesto ambientale in cui la stessa Ł maturata (con rafforzamento degli obblighi argomentativi del giudice in rapporto al caso concreto) può determinare l’integrazione della fattispecie partecipativa.
Si richiede pertanto – per stare al tema del contrasto di giurisprudenza oggetto della decisione – una sorta di ‘storicizzazione’ dell’evento di affiliazione, tramite l’analisi del contesto relazionale in cui la stessa Ł maturata.
Ciò che rileva, in definitiva, Ł che la ‘messa a disposizione’ abbia i caratteri della serietà e continuità, attraverso comportamenti (precedenti o successivi al rituale di affiliazione) capaci di dimostrare in concreto l’adesione libera e volontaria da parte del singolo e l’accettazione da parte del gruppo.
La messa a disposizione, in tale chiave, indicherebbe non già una astratta attitudine (come il significato letterale della espressione pure potrebbe far intendere) ma la sintesi di un concreto attivismo tale da rientrare nel ‘profilo dinamico’ della partecipazione (ciò in aderenza alla Mannino ).
2.2 In ciò può dirsi che le Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE abbiano richiamato l’attenzione del giudice di merito, sulla scia dell’insegnamento fornito dalla COGNOME , sulla effettiva valenza dimostrativa dei fatti storici selezionati come «indicatori logici» dell’effettivo inserimento del singolo nel gruppo, senza tuttavia aderire pienamente al cd. modello causale della partecipazione. Si Ł infatti ribadito in motivazione che: « le stesse ricadute del principio di proporzionalità tra reato e sanzione, portando necessariamente a ritenere come doverosa la connotazione della condotta partecipativa in senso dinamico, impedisce decisamente scorciatoie interpretative correlate alla avvenuta dimostrazione del mero accordo di ingresso ovvero alla presenza di condizioni soggettive cui non si accompagni, in virtø della valenza dei dati di contesto quali interpretabili alla luce delle massime d’esperienza, un concreto connotato di effettiva agevolazione. Il comportamento – di volta in volta elevato ad “indice rivelatore” del fatto punibile deve, pertanto, essere apprezzato nella sua oggettiva e concreta realtà e, in ogni caso, deve essere teso ad agevolare il perseguimento degli scopi associativi in modo riconoscibile e non puramente teorico, sì da potersi univocamente riconoscere ed interpretare come condotta indicativa dello stabile inserimento del soggetto nel gruppo ; ed ancora nel compiere questa indagine ricostruttiva finalizzata a superare il dato, potenzialmente equivoco, della semplice adesione statica collocata in un determinato momento temporale ed avulsa da ogni ulteriore elemento storico-fattuale che dimostri la concreta attivazione del singolo a favore del sodalizio, il giudice, prescindendo da un’acritica adesione formale ad un certo modello ricostruttivo astratto, dovrà avere riguardo alla realtà criminale (anche esterna rispetto allo specifico contesto di riferimento, se ciò si rende necessario al fine di un confronto) ed al materiale probatorio
acquisito ed utilizzabile: in tal modo, conseguirà quegli elementi di prova comprovanti l’appartenenza sostanziale e la conseguente permanenza di condotta che il reato richiede per la sua configurabilità ».
Dunque, restando sul terreno della gravità indiziaria, il giudice di merito per realizzare la base logica di un provvedimento coercitivo – in termini di «elevata probabilità di condanna» – deve dare conto della adeguatezza degli indicatori logici utilizzati per affermare che il soggetto in questione sia stabilmente inserito all’interno del sodalizio in modo funzionale.
Ciò Ł avvenuto nel caso in esame, posto che dai contenuti delle varie conversazioni – che coprono un arco temporale alquanto ampio – si Ł desunto senza vizi logici che il rapporto intercorso tra COGNOME e COGNOME NOME non era un rapporto di semplice frequentazione, ma un rapporto funzionale al raggiungimento di comuni obiettivi ricollegabili (in diversi ambiti, da quello del controllo del territorio a quello della penetrazione in attività economiche) all’agire del sodalizio criminale di cui il COGNOME era uno dei vertici operativi.
Il motivo va pertanto respinto.
Secondo e terzo motivo sono inammissibile per genericità e perchŁ tesi a sollecitare una diversa interpretazione dei fatti.
4.1 Il secondo motivo pone un tema non ammissibile in questa sede, ossia la rivalutazione della interpretazione dei contenuti di una intercettazione, nel cui ambito non si intravede alcun travisamento.
4.2 Il terzo motivo Ł generico perchŁ ripropone la potenziale valenza antagonista, rispetto alla presunzione relativa ex lege, di aspetti in fatto vagliati in modo del tutto congruo nella decisione impugnata.
Al rigetto del ricorso segue, ex lege , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. .
Così Ł deciso, 23/10/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME