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Partecipazione associazione mafiosa: Cassazione su prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che il ricorso si basava su una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e ha confermato la correttezza della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari effettuata dal Tribunale del riesame.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Mafiosa: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43196 del 2024, offre un’importante lezione sui confini del giudizio di legittimità in materia di misure cautelari, in particolare per il grave reato di partecipazione associazione mafiosa. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, ribadendo che il suo ruolo non è quello di una terza istanza di merito, ma di controllore della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un soggetto indagato per il delitto previsto dall’art. 416-bis del codice penale. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe avuto un ruolo attivo all’interno di una storica cosca di ‘ndrangheta, operando come ‘referente’ nel settore delle estorsioni e curando le comunicazioni per conto di uno dei vertici del sodalizio.

Le indagini, basate su intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avevano delineato un quadro di grave colpevolezza. Il Tribunale del riesame, condividendo le valutazioni del Giudice per le indagini preliminari, aveva ritenuto provato lo stabile inserimento dell’indagato nella struttura organizzativa della cosca, il suo contributo concreto al perseguimento dei fini criminosi e la sua piena consapevolezza delle dinamiche interne al gruppo.

I Motivi del Ricorso e la Prova della Partecipazione Associazione Mafiosa

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi. Principalmente, si contestava la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per la partecipazione associazione mafiosa. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe:

1. Omesso di valutare la componente psicologica del reato: la difesa sosteneva che le azioni dell’indagato non fossero mosse dalla volontà di far parte del sodalizio, ma da un sentimento di gratitudine personale verso uno dei capi.
2. Frainteso il contenuto delle intercettazioni: si asseriva che le conversazioni captate fossero state interpretate in modo errato, attribuendo un significato criminale a dialoghi che ne erano privi.
3. Sottovalutato elementi a favore dell’indagato: la difesa evidenziava episodi, come il rifiuto di una somma di denaro, che a suo dire dimostravano l’estraneità dell’uomo ai patti associativi.

In sostanza, il ricorso mirava a offrire una lettura alternativa del compendio indiziario, tentando di smontare l’accusa di appartenenza al sodalizio mafioso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le censure, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e generico. Il fulcro della decisione risiede nella chiara distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La Cassazione ha ricordato che il suo compito non è quello di riesaminare le prove e decidere se l’interpretazione del giudice di merito sia l’unica o la migliore possibile. Il suo controllo si limita a verificare se la motivazione del provvedimento impugnato sia:

* Completa: se abbia preso in esame tutti i punti sollevati dalla difesa.
* Logica: se non presenti contraddizioni o palesi errori di ragionamento.
* Conforme alla legge: se abbia applicato correttamente i principi giuridici che governano la materia.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il Tribunale del riesame avesse fornito una motivazione esauriente e logica, valorizzando il diretto contatto dell’indagato con i vertici, la sua conoscenza delle dinamiche interne, il suo ruolo attivo nelle estorsioni e persino la ricezione di una remunerazione, elemento che smentiva la tesi del mero favore personale. Il tentativo della difesa di proporre un’interpretazione alternativa delle intercettazioni è stato qualificato come un’inammissibile richiesta di rivalutazione del fatto, preclusa in sede di Cassazione.

La Corte ha inoltre confermato la sussistenza delle esigenze cautelari, richiamando il principio secondo cui, per il delitto di associazione mafiosa, vige una presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere, superabile solo con la prova di una rescissione del legame con il gruppo criminale, prova che nel caso di specie mancava del tutto.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio. In materia di misure cautelari, specie per reati gravi come la partecipazione associazione mafiosa, la valutazione degli elementi indiziari è di competenza esclusiva dei giudici di merito (GIP e Tribunale del riesame). La Cassazione interviene solo per correggere vizi di legittimità, come errori di diritto o motivazioni manifestamente illogiche. Questa decisione sottolinea l’importanza per le difese di concentrare i motivi di ricorso su profili strettamente giuridici, evitando di trasformare l’appello alla Suprema Corte in un tentativo, destinato all’insuccesso, di ottenere una nuova e diversa lettura delle prove.

Quando un ricorso in Cassazione contro una misura cautelare è inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità (come un errore nell’applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica), si limita a criticare la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito, proponendo una lettura alternativa dei fatti. Questo tipo di censura esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare i gravi indizi di colpevolezza?
La Corte di Cassazione non valuta direttamente gli elementi indiziari per decidere se siano sufficienti o meno. Il suo compito è controllare la coerenza e la logicità della motivazione con cui il giudice di merito (in questo caso, il Tribunale del riesame) ha affermato la sussistenza dei gravi indizi, verificando che non vi siano state violazioni di legge nel processo di valutazione.

Per il reato di associazione mafiosa, la custodia in carcere è sempre obbligatoria?
La legge (art. 275, comma 3, c.p.p.) stabilisce una presunzione di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere per questo tipo di reato. Questa presunzione può essere superata solo se emergono elementi concreti che dimostrino che l’indagato ha reciso ogni legame con l’associazione criminale, una circostanza che deve essere provata e adeguatamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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