Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14837 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14837 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2345/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
DI NOME COGNOME nato a ROMA il 22/11/1989 avverso la sentenza del 24/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso; uditi i difensori del ricorrente, Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 35686 del 30 giugno 2021, la Sesta sezione penale della Corte di cassazione annullava la sentenza della Corte di appello di Roma del 23 giugno 2020 che aveva rideterminato la pena alla quale NOME COGNOME era stato condannato per il reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/90; la Corte di appello di Roma, quale giudice di rinvio, con sentenza del 24 ottobre 2024, escludeva l’aggravante di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 e la recidiva, riconosceva le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate circostanze aggravanti e riduceva la pena inflitta, confermando l’affermazione di responsabilità.
1.1. Avverso la sentenza propongono ricorso i difensori di COGNOME, premettendo che questa Corte aveva rinviato alla Corte di appello di Roma per valutare se potessero sussistere elementi di prova sulla partecipazione del ricorrente all’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti di cui al capo 1) dell’imputazione; la Corte di appello, alle pagine 2 e 3 della sentenza impugnata, aveva affrontato il tema riguardante se COGNOME fosse effettivamente un pusher e se fosse a disposizione dell’associazione, omettendo la valutazione richiesta da questa Corte sulla necessaria e adeguata motivazione sulla intraneità di COGNOME nell’associazione e sulla sua consapevolezza di aderire al sodalizio criminale; in particolare, la Corte di appello aveva valorizzato una serie di captazioni, implicitamente riferibili a COGNOME che, da un lato confermavano che
l’imputato frequentava e conosceva alcuni degli associati, ma dall’altro erano l’ulteriore prova che era estraneo all’associazione ed alla conoscenza dei tratti essenziali della stessa; le intercettazioni erano la prova certa che il sodalizio non aveva mai incluso COGNOME nel suo organico stabilmente e continuativamente; come correttamente osservato da questa Corte, verosimilmente COGNOME era osservato da parte del sodalizio ma, dopo un periodo di prova, evidentemente il sodalizio aveva ritenuto COGNOME non adeguato ai suoi scopi ed alle sue finalità, e lo aveva escluso dai traffici; la motivazione della Corte di appello sul punto era illogica e contraddittoria in quanto riteneva di valorizzare il coinvolgimento di COGNOME nell’associazione da una conversazione dove invece veniva provato che non era a conoscenza dei luoghi e dei locali a disposizione dell’associazione e che non vi era alcuna fiducia nei suoi confronti da parte degli associati, tanto da bendarlo per far sì che non conoscesse la struttura e le basi logistiche dell’associazione; vengono riportate alcune conversazioni, con la precisazione che la sentenza di questa Corte aveva chiesto che venisse motivato e spiegato perchØ dalle conversazioni indirette intercorse tra altri sodali fosse stato possibile ricavare la prova della stabilità dell’apporto al sodalizio; la Corte di appello aveva provato a soddisfare il quesito di questa Corte affermando, con una unilaterale interpretazione svincolata da riscontri oggettivi, che COGNOME non si fidava pienamente di COGNOME perchØ sembrava pronto a scavalcarlo e a disporre dell’auto senza la sua autorizzazione, motivazione che non rispondeva alle considerazioni di questa Corte e che era carente, illogica e contraddittoria; se poi fosse stato vero che COGNOME voleva scavalcare COGNOME, si sarebbe dovuto logicamente dedurre che COGNOME non conosceva l’esistenza dell’associazione e che, se la avesse conosciuta, avrebbe dovuto conoscere anche il capo indiscusso e sapere che senza il suo consenso non sarebbe stato mai possibile scavalcare COGNOME.
I difensori rilevano che le conversazioni del 5, 8, 11, 12 e 17 giugno 2016 nulla dicono sulla partecipazione in maniera stabile e concreta di COGNOME all’associazione; il ricorrente conosceva solo pochi componenti dell’associazione, non ne conosceva il capo indiscusso, ignorava l’esistenza di diverse basi di spaccio, di basi logistiche, dell’organizzazione strutturata e piramidale dell’associazione e delle sue gerarchie interne; erano stati ritenuti provati i ‘compiti esecutivi’ del ricorrente in base ad una serie di conversazioni che, tuttavia, non erano utili per la prova della partecipazione dell’imputato all’associazione; si evidenziava inoltre come COGNOME non fosse mai stato oggetto di osservazione o intercettazione, essendone rimasto coinvolto solo perchŁ citato in conversazioni tra terze persone; correttamente questa Corte aveva chiesto che venisse motivato perchØ, in oltre nove mesi di intercettazioni, COGNOME fosse stato preso in considerazione per soli due mesi ed in poche occasioni; non vi era infine la prova che il ricorrente conoscesse i sistemi disciplinare e di pagamento degli stipendi.
1.2. I difensori eccepiscono altresì che la sentenza impugnata risultava viziata per illogicità e contraddittorietà della motivazione in quanto dalle intercettazioni richiamate dalla Corte di appello non era possibile dedurre che NOME fosse consapevole del ‘pactum sceleris’, che vi avesse consapevolmente aderito e quale fosse stato il suo contributo stabile, continuativo e concreto alla realizzazione dei fini dell’associazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
1.1. La sentenza di annullamento pronunciata da questa Corte ha infatti escluso che COGNOME rivestisse il ruolo di pusher, evidenziando che il riferimento a “compiti esecutivi” appariva effettivamente generico e che mancava la dimostrazione della condivisione del “pactum sceleris”, non essendovi riscontri della consapevolezza dell’esistenza dell’associazione da parte di COGNOME, e
che difettava qualsivoglia spiegazione sul ‘… perchØ dalle conversazioni indirette intercorse tra altri sodali (COGNOME e COGNOME), le uniche richiamate a suo carico, sia stato possibile ricavare la prova della stabilità del suo apporto al sodalizio’.
1.2. Ciò premesso, evidenzia il Collegio come la Corte di appello abbia nuovamente riportato le medesime conversazioni richiamate dal giudice rescindente in cui era coinvolto COGNOME, delle quali la maggior parte riguardano conversazioni intercorse tra altre persone, dalle quali non emerge con chiarezza quale sarebbe stato il ruolo del ricorrente nell’associazione, nØ la conoscenza da parte sua dell’esistenza della stessa; del resto, il capo di imputazione, nel delineare la figura di COGNOME, riteneva che lo stesso dovesse rispondere del reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 alla luce del suo ruolo di pusher (escluso dalla sentenza rescindente) e dell’essersi posto a ‘disposizione dell’organizzazione, cooperando con gli altri sodali nella realizzazione del programma criminoso del gruppo’, locuzione estremamente generica, visto che non chiarisce in concreto in cosa consistesse tale cooperazione.
Invero, le uniche intercettazioni che riguardano direttamente COGNOME sono quella del 16 aprile 2016, in cui l’imputato viene portato bendato nel luogo di spaccio, e quella del 27 maggio successivo, in cui COGNOME si limita a rispondere al telefono e ad essere incaricato di riferire un messaggio, elementi che non chiariscono quale ruolo avesse nell’associazione e se – prima ancora – ne facesse realmente parte; le rimanenti intercettazioni sono tutte relative a conversazioni tra altri soggetti, dalle quali emerge soltanto, come evidenziato nella sentenza rescindente, una sorta di sfiducia nei confronti di COGNOME.
1.3. Si deve ricordare che, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ai fini della configurabilità della condotta di partecipazione, Ł richiesta la consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale, conoscenza che prova la consapevolezza del singolo di far parte di un’associazione e non quella di concorrere, piø o meno stabilmente, alla commissione di una pluralità di reati ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 2910 del 04/12/2024, dep. 2025, Arapi, Rv. 287482).
Nel caso in esame, non emergono, dalle conversazioni richiamate dalla Corte di appello, gli elementi tipici comprovanti, al di là di ogni ragionevole dubbio, la consapevolezza in capo al ricorrente della esistenza di una associazione e degli elementi caratterizzanti la stessa, quali l’uso di basi logistiche, l’esistenza di altra componenti, di una cassa comune, di stipendi, di un sistema sanzionatorio e di una gerarchia interna.
La sentenza deve essere pertanto annullata senza rinvio con la formula di cui in dispositivo, vista la mancanza di elementi valutabili ai fini dell’affermazione di responsabilità del ricorrente (di cui si Ł verificato l’attuale stato di libertà per questo procedimento), relativi alla partecipazione e, prima ancora, alla conoscenza da parte dello stesso dellapredisposizione di una struttura organizzata stabile idonea alla realizzazione concreta del programma criminoso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche’ il fatto non sussiste.
Così deciso il 03/04/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME