Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47672 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47672 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Cosenza il 23/05/1990
avverso l’ordinanza del 28/05/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentito l’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento indicato in epigrafe il Tribunale di Catanzaro – adito in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. – in parziale riforma della ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari presso il medesimo Tribunale in data 17 aprile 2024 – sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME indagato per il
reato di associazione dedita all’attività di narcotraffico ex art. 74, comma 1, d.P.R. del 9 ottobre 1990 n. 309
NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso, con cui ha dedotto:
vizio di motivazione per omissione, illogicità manifesta e contraddittorietà per avere il Tribunale del riesame desunto la partecipazione del ricorrente al gruppo capeggiato da NOME COGNOME, nonostante lo stesso non avesse offerto alcun contributo “stabile e dinamico”, ma soprattutto non avesse avuto la consapevolezza di operare nell’interesse e per conto dell’associazione criminale: il mero rapporto di vicinanza con i fratelli COGNOME, ritenuti i “luogotenenti” del predetto COGNOME, non era elemento sufficiente a tal fine.
I Giudici di merito avevano, inoltre, assertivamente ed apoditticamente identificato l’attuale ricorrente nella persona rispondente al nome di “NOME“, che veniva menzionata nel corso di alcune conversazioni telefoniche intercorse tra NOME COGNOME e la fidanzata.
violazione di legge, in relazione all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, e vizio di motivazione per avere i Giudici di merito desunto la partecipazione al sodalizio del COGNOME in assenza di pactum scelens e di affecbo societatis: il COGNOME aveva “interagito” solo ed esclusivamente con NOME COGNOME, non si era reso responsabile reati – fine e i suoi contatti con i fratelli COGNOME erano limitati ad un ristretto arco di tempo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il preliminare vaglio di ammissibilità, perché declinato per motivi non consentiti, generico e manifestamente infondato.
1.1. In limine litis, si precisa che il devolutum sarà oggetto di unitaria disamina: sebbene il ricorrente abbia prospettato sia la violazione di legge che il vizio di motivazione, il ricorso ha introdotto questioni interamente sovrapponibili, finalizzate a contestare la ritenuta partecipazione del COGNOME al sodalizio criminoso in contestazione.
I Giudici del riesame – dopo essersi soffermati sulla genesi, sulla struttura e sulle modalità operative dell’associazione criminale sub capo 1) e dopo avere evidenziato come essa fosse gestita dal clan “degli italiani” e da quello “degli zingari”, a loro volta suddivisi in sotto-gruppi, e strutturalmente collegata alla confederazione ‘ndranghetista operante nel territorio cosentino – esaminavano nel dettaglio la posizione rivestita del ricorrente (cfr pagg. 54 e ss del provvedimento).
2.1. Nello specifico, il COGNOME veniva inserito nel gruppo capeggiato da NOME COGNOME, facente parte del clan degli “italiani” e dedito prevalentemente allo spaccio di droghe pesanti del tipo cocaina ed eroina. Il ricorrente affiancava stabilmente i fratelli COGNOME nella vendita al minuto, ma era anche delegato all’attività di confezionamento delle dosi e di contabilità per conto del gruppo.
Rilevanti erano le conversazioni intercettate in ambientale: quella del 23 maggio 2019 – ove il ricorrente, unitamente a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, discuteva della contabilità relativa ai comuni “affari di droga” , al recupero dei debiti di droga da tale COGNOME NOME e alla necessità di parlarne con NOME COGNOME quella del successivo 24 maggio – ove il ricorrente provvedeva, con l’aiuto di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, al taglio e alla preparazione delle dosi, discutendo della qualità della sostanza, delle modalità per ottimizzarla e dei proventi che ne avrebbero tratto.
2.2. In modo congruo e logico, nonché in perfetta linea di continuità con i principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione, i Giudici di merito conferivano alle descritte attività di preparazione e di spaccio dello stupefacente nonchè di gestione contabile quel grado di solidità indiziaria idoneo a configurare la partecipazione del Calvelli sodalizio criminoso: ed invero , la condotta partecipativa, prevista e punita dall’art. 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, può assumere contenuti variabili, per la consumazione della quale è sufficiente qualsiasi azione e modalità, idonea ad arrecare un consapevole contributo connotato da ll’apprezzabilità e dalla concretezza funzionale all’esistenza e/o al rafforzamento dell’associazione ( ex multis, Sez. 4, n. 28167 del 16/06/2021, Rv. 281736).
2.3. D’altronde con tale apparato motivazionale il ricorrente non ha affatto “dialogato”, proponendo temi – i.e. il contributo limitato nel tempo , la mancata contestazione di reati – fine e la vicinanza ai soli fratelli COGNOME – non in grado di destrutturare l’apparato motivazionale, perché fondati su una lettura frammentaria del compendio indiziario o tendenti a sollecitare una ricostruzione alternativa e/o un diverso apprezzamento della portata e del significato del quadro indiziario, che fuoriescono dall’ambito riservato al giudizio di legittimità.
2.4. In materia di provvedimenti de libertate, la Corte di cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure, poiché sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito.
Il controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno
determinato, la correttezza allo stato degli atti della qualificazione giuridica attribuita ai fatti e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. Un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885).
2.5. Anche la ulteriore questione relativa alla errata identificazione del “NOME” (citato nelle conversazioni telefoniche) con la persona del COGNOME – oltre a sollecitare un diverso apprezzamento del significato del dato “probatorio” – appare poco conciliabile con la ricostruzione operata dai Giudici di merito quanto alla ritenuta stabilità degli “affari di droga” tra il COGNOME , i fratelli COGNOME e gli altri sodali: è logico ritenere che NOME COGNOME – nel mantenersi aggiornato durante il periodo di detenzione in ordine all’ “andamento degli affari” e all’ “attività svolta dal “NOME” intendesse riferirsi al COGNOME, che era persona a lui vicina e suo stabile referente
Ad ogni modo, il rilievo difensivo è anche generico: non è stato rappresentato in che termini una eventuale espunzione di tali conversazioni da un compendio investigativo – molto più articolato e complesso – possa vulnerare il costrutto accusatorio.
2.5. Le ragioni di doglianza – essendosi, dunque, risolte in una contestazione generica e in una nuova valutazione di fatti già congruamente esaminati – sono inammissibili.
Alla inammissibilità del ricorso segue – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/12/2024.