Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47538 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47538 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 10/06/1990
avverso la ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro del 17 aprile 2024, con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare carceraria in relazione ai reati di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1) e all’art. 73 stesso d.P.R. (capo 41).
Secondo la provvisoria imputazione, NOME COGNOME COGNOME avrebbe fatto parte del sodalizio dedito al narcotraffico, posto sotto il controllo di NOME COGNOME e che gestiva i traffici illeciti sia per le forniture che per lo smercio de sostanze stupefacenti, attraverso un sistema di gruppi e sottogruppi capaci di tessere una ragnatela di controllo capillare delle piazze di spaccio e delle cessioni al minuto sull’intero territorio cosentino.
COGNOME avrebbe fatto parte di uno di questi gruppi, nella specie quello facente capo a NOME COGNOME con il ruolo di commercializzare lo stupefacente.
Al medesimo indagato era provvisoriamente contestata anche la detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., quanto alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria per le ipotesi delittuose di cui ai cap 1) e 41), nonostante l’assenza degli elementi costitutivi delle relative fattispecie di reato e vizio di motivazione, per motivazione sul punto apparente, contraddittoria e basata su dati probatori inesistenti.
Si contesta la motivazione con la quale il Tribunale ha ritenuto la gravità indiziaria con rifermento alla partecipazione del ricorrente alla compagine associativa del Porcaro, dimenticando anche di indicarne il ruolo.
Il solo collaboratore che lo ha nominato, NOME COGNOME ne fornisce una descrizione di persona distante dall’organizzazione, non indicando una singola precisa attività di spaccio, e comunque non vi sono intercettazioni che riscontrano le condotte contestate. L’unico episodio emerso è un debito accumulato dal ricorrente nei confronti del gruppo Porcaro, senza peraltro esserne indicato il collegamento con il reato ascritto e con le modalità esecutive dello stesso reato. L’esistenza del debito verso il COGNOME di per sé è un elemento neutro e persino distonico rispetto alla prospettata intraneità.
In definitiva, manca nella motivazione del Tribunale la dimostrazione che il ricorrente, mero consumatore di stupefacenti, sia partecipe al sodalizio criminale,
non essendo sufficiente la prova che il sodalizio esista. Né risulta che vi sia stato con il gruppo uno stabile rapporto di fornitura, come motiva il Tribunale.
Anche per il capo 41), la motivazione è viziata, posto che la presunta cessione da parte del NOME della sostanza è priva di fondamento sul rilievo che il NOME all’epoca era ristretto in carcere.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 639 (rectius 649) cod. proc. pen. e al giudicato già formatosi sullo stesso fatto con sentenza di patteggiamento del 15 giugno 2020.
Il Tribunale ha respinto la suddetta eccezione perché non documentata, quando era invece sufficiente a tal fine compulsare il casellario giudiziario per verificare l’identità dei fatti.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 274 cod. proc. pen. per aver ritenuto sussistenti le esigenze cautelari.
Sulla base di quanto dedotto con il primo motivo, illogica è la motivazione sul pericolo di recidiva, che richiama viepiù una apodittica “rete di rapporti personali ed economici intessuta con i fornitori dall’elevata caratura criminale e con i sodali dell’associazione”, posto che il ricorrente era soltanto un cliente consumatore viepiù indebitato e quindi poco affidabile.
Va inoltre considerata la risalenza nel tempo dei fatti, posto che il ricorrente si è allontanato dalle sostanze stupefacenti per iniziare un percorso lavorativo, oltre a non aver avuto alcun contatto con i presunti sodali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Sono da accogliere i rilievi sollevati dal ricorrente nel primo motivo con riferimento all’ipotesi delittuosa descritta nel capo 1).
Va rammentato preliminarmente il consolidato principio in tema di misure cautelari personali, secondo cui il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (tra tante Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Esaminato il motivo del ricorrente in questa prospettiva, va rilevato che effettivamente sono presenti nell’ordinanza impugnata i dedotti vizi logico-giuridici con riferimento alla partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale.
Il ragionamento giustificativo esposto nell’ordinanza impugnata, con riferimento alla gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente al sodalizio d cui al capo 1) della imputazione cautelare, si fonda in primo luogo sul “dato conclamato” (pag. 25) per cui chi esercita l’attività di spaccio a Cosenza lo fa – e può farlo – solo perché partecipe di un sistema associativo, che controlla in modo capillare l’attività di spaccio, vietando di operare al di fuori delle regole impost sul territorio (il cosiddetto “sottobanco”). In altri termini, secondo il Tribunal non esiste attività di narcotraffico nel territorio cosentino collocabile al di fuori questo sistema: il traffico è realizzato attraverso singoli gruppi “accreditati”, che sebbene autonomi, sono tutti riconducibili all’associazione confederata, con conseguente “fisiologica fluidità e variabilità” delle relative compagini in ragione di esigenze contingenti e irrilevanza della mancanza di contratti tra i singoli partecipi e i vertici.
Sulla base di questa premessa, il Tribunale ritiene che tutte le cessioni poste in essere sul territorio di Cosenza non possano essere avulse dal contesto associativo di cui al capo 1) e siano realizzate con piena conoscenza delle dinamiche che lo caratterizzano e volontà di aderire allo stesso.
Va al riguardo osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, risulta del tutto congetturale nella ordinanza genetica la dimostrazione che qualunque episodio di spaccio che si verifichi nel territorio della provincia di Cosenza debba per forza di cose essere sempre riferito all’organizzazione criminale che controlla il mercato illecito degli stupefacenti, con l’ulteriore corollario che tu coloro che risultino comunque coinvolti in una qualche attività di spaccio di sostanze stupefacenti in quell’ambito territoriale siano, solo per questa ragione, soggetti che necessariamente fanno parte dell’associazione (Sez. 6, n. 42295 del 02/10/2024).
Il ragionamento seguito dal Tribunale assume infatti la valenza di una presunzione astratta in assenza di elementi concreti che consentano di ricollegare il ricorrente all’associazione di cui al capo 1) e, quindi, per dare conto del suo stabile inserimento nell’associazione.
2.1. Se quindi esaminiamo la posizione del ricorrente al netto di questa argomentazione, va rilevato che il Tribunale non ha offerto una adeguata motivazione che delinei il quadro di gravità indiziaria per l’ipotesi associativa contestata al ricorrente.
Gli elementi dimostrativi del suo ruolo nell’associazione sono costituiti dalle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME e dalle captazioni.
Le prime descrivevano il ricorrente come uno spacciatore assiduo per conto degli “Italiani” e che avrebbe ripreso da ultimo a spacciare per conto dell’Illuminato come grossista.
A riscontro di queste dichiarazioni sono poi indicate le captazioni che davano atto dei rapporti di stabile fornitura esistenti tra il COGNOME e NOME COGNOME.
Peraltro, le captazioni, come descritte dal Tribunale, restituiscono soltanto il dato che il ricorrente si riforniva dal Porcaro ma non in via esclusiva (è lo stesso ricorrente nelle captazioni ad indicare anche canali di fornitura diversi) o episodi dimostrativi della vicinanza personale dell’indagato a soggetti, con i quali era comunque legato da rapporti familiari.
In particolare, il ricorrente si era prestato ad intervenire in favore de compagno della madre, NOME COGNOME per affrontare i problemi sorti dopo il suo arresto e curarne in quel contesto i rapporti di dare-avere per la sua attività di spacciatore.
2.2. Da questi complessivi elementi, il Tribunale ha tratto il convincimento del ruolo del ricorrente di stabile “pusher” su cui l’associazione poteva contare e la sua piena adesione alle regole dell’associazione criminale.
Si impongono a tal riguardo due rilievi di diritto.
Secondo il pacifico principio in tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273, comma 1, cod. proc. pen. soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da assumere idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudiz io prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 234598).
Quindi, anche a voler considerare le pur non specifiche indicazioni del Greco sulla intraneità del ricorrente del gruppo COGNOME, le captazioni dovevano fornire il riscontro della condotta associativa ascritta all’accusato o comunque delle dichiarazioni del propalante e quindi della loro attendibilità, nella parte d riferimento.
Inoltre, secondo la costante linea interpretativa di questa Corte, integra la partecipazione nel delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 anche la stabile disponibilità alla cessione di sostanze stupefacenti di cui l’illecito sodalizio f
traffico, perché agevolando lo svolgimento dell’attività assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che la condotta dell’agente sia posta in essere avvalendosi delle risorse dell’organizzazione e vi siano la coscienza e la volontà di farne parte e di contribuire al suo mantenimento (per tutte, Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, Rv. 279249).
Nella specie, l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto difetta la dimostrazione della costituzione di un vincolo reciproco durevole tra il ricorrente e il sodalizio criminale che abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale delle singole operazioni e che si sia trasformato nell’adesione consapevole dell’acquirente al programma criminoso (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, Rv. 280450).
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro, che, in coerenza con principi di diritto innanzi richiamati, dovrà, in piena libertà di giudizio ma con motivazione completa ed immune da vizi logici, riconsiderare la vicenda cautelare del ricorrente quanto al capo 1).
Le restanti doglianze versate nel primo motivo relative al capo C) attengono a profili di merito non sottoposti al Tribunale del riesame e quindi sono precluse in questa sede.
Sono manifestamente infondate le censure relative al bis in idem, posto che effettivamente è mancato da parte del ricorrente un onere di allegazione funzionale alla verifica della stessa identità del fatto.
Va rammentato che la parte che eccepisce l’improcedibilità dell’azione penale per precedente giudicato ha l’onere di fornire la prova della asserita identità del fatto, al fine di permettere al giudice di verificare la sussistenza delle condizion necessarie per l’accoglimento dell’eccezione (tra tante, Sez. 2, n. 31542 del 30/05/2017, Rv. 270552). Verifica che, in quanto postula un apprezzamento storico-naturalistico del fatto, non può essere condotta sulle informazioni che fornisce il casellario giudiziario.
Restano infine assorbite dall’accoglimento del motivo sul capo 1) le doglianze declinate nell’ultimo motivo, essendo pregiudiziale una rivalutazione del quadro indiziario con riferimento alla ravvisata partecipazione del ricorrente al reato associativo.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter i, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18/12/2024.