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Partecipazione associazione criminale: la Cassazione

Un individuo, accusato di essere fornitore di droga per un gruppo organizzato, ricorre in Cassazione contro la custodia in carcere. Sostiene che le singole cessioni non provino la sua partecipazione all’associazione criminale. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile perché generico, non avendo contestato gli specifici elementi probatori (intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori, stabilità del rapporto) che dimostravano un inserimento consapevole e stabile nel sodalizio, andando ben oltre la semplice vendita di stupefacenti.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione ad Associazione Criminale: Quando il Fornitore Diventa Complice

La linea di demarcazione tra la semplice cessione di sostanze stupefacenti e la consapevole partecipazione a un’associazione criminale è un tema centrale nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29982/2024, offre importanti chiarimenti su quali elementi probatori siano necessari per dimostrare che un fornitore non è un semplice spacciatore, ma un membro effettivo di un sodalizio criminoso. Questo caso evidenzia l’importanza di una difesa tecnica che affronti puntualmente ogni singolo elemento accusatorio, pena l’inammissibilità del ricorso.

I Fatti del Caso: Dalla Fornitura di Droga all’Accusa di Associazione

La vicenda giudiziaria ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari. L’indagato era accusato non solo di plurime cessioni di cocaina e marijuana, ma soprattutto di far parte di un’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, con il ruolo stabile di fornitore. L’interessato proponeva istanza di riesame, ma il Tribunale di Catanzaro confermava la misura, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per entrambi i reati. Contro questa decisione, l’indagato presentava ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato si basava su due argomenti principali:

1. Violazione di legge sulla sussistenza dei gravi indizi: Si sosteneva che la prova della partecipazione all’associazione criminale fosse stata erroneamente desunta da singole condotte di cessione di droga. Secondo il ricorrente, mancava la prova di una sua consapevole volontà di far parte del sodalizio e di contribuire al suo programma criminoso. Le cessioni, a suo dire, erano dettate da un interesse personale e non implicavano necessariamente la conoscenza della struttura organizzata a cui appartenevano gli acquirenti.
2. Violazione sulla scelta della misura cautelare: La difesa lamentava che il Tribunale non avesse adeguatamente valutato la posizione specifica del ricorrente per applicare una misura meno afflittiva del carcere, limitandosi a fare riferimento alla presunzione di pericolosità prevista dalla legge per questo tipo di reati.

La Decisione della Cassazione: La Genericità del Ricorso e la Conferma della Misura

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico. Questo significa che i motivi presentati non erano idonei a contestare efficacemente le argomentazioni del provvedimento impugnato. Il ricorrente, secondo la Corte, si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal Tribunale del Riesame, senza confrontarsi con il nucleo della motivazione. Tale approccio rende l’impugnazione sterile e destinata al fallimento.

Le Motivazioni: Oltre la Singola Cessione per Provare la Partecipazione Associazione Criminale

Il punto cruciale della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto le argomentazioni difensive. Il Tribunale del Riesame non aveva basato la sua decisione unicamente sulle singole cessioni di stupefacenti. Al contrario, aveva valorizzato un complesso quadro indiziario che dimostrava un legame organico e consapevole dell’indagato con l’associazione. Gli elementi chiave erano:

* Fonti di prova multiple: Le accuse si fondavano non solo sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, sui sequestri e sui servizi di osservazione.
* Stabilità e ruolo definito: Era emerso che l’indagato non era un fornitore occasionale, ma rivestiva stabilmente il ruolo di “approvvigionatore” dell’organizzazione, garantendo forniture anche all’ingrosso.
* Rapporto fiduciario con i vertici: La stabilità del rapporto con l’esponente apicale del sodalizio, la frequenza delle transazioni e la cessione di droga a credito erano chiari indicatori di un rapporto di fiducia e di piena adesione allo schema criminoso.
* Piena consapevolezza: Dalle intercettazioni emergeva la chiara consapevolezza dell’indagato di inserirsi in un sistema ben collaudato e diretto da altri, contribuendo allo sviluppo della filiera del narcotraffico.

Anche riguardo alla misura cautelare, la Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale adeguata, poiché basata non su una presunzione astratta, ma su elementi concreti come lo specifico ruolo ricoperto, la reiterazione delle condotte e i precedenti penali, che rendevano la custodia in carcere l’unica misura idonea a recidere i legami con l’associazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per provare la partecipazione a un’associazione criminale, non è sufficiente dimostrare contatti sporadici, ma è necessario un quadro probatorio solido che delinei un inserimento stabile e consapevole nel gruppo. Elementi come la continuità dei rapporti, i quantitativi di merce trattata, le modalità di pagamento (come il credito) e la relazione con i capi del sodalizio sono decisivi. Dal punto di vista processuale, la decisione sottolinea che un ricorso in Cassazione deve essere specifico e puntuale, attaccando le fondamenta logico-giuridiche della decisione impugnata, anziché limitarsi a una generica riproposizione di tesi già esaminate e respinte nei gradi di merito.

La semplice vendita di droga a membri di un’associazione criminale è sufficiente per essere considerati parte dell’associazione stessa?
No, non automaticamente. La Corte chiarisce che sono necessari ulteriori elementi che dimostrino un vincolo stabile e continuativo e la consapevolezza di contribuire agli scopi del gruppo, come la frequenza delle forniture, i quantitativi ingenti, la vendita a credito e un rapporto fiduciario con i vertici dell’organizzazione.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto “generico” perché non si è confrontato specificamente con le motivazioni dettagliate dell’ordinanza impugnata. L’imputato si è limitato a riproporre le stesse censure già respinte dal Tribunale, senza contestare puntualmente gli elementi probatori (intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori, stabilità del rapporto) che il Tribunale aveva posto a fondamento della sua decisione.

È possibile ottenere una misura cautelare meno grave del carcere per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti?
Sebbene esista una presunzione di adeguatezza della custodia in carcere per questo reato, il giudice deve comunque valutare la situazione specifica. In questo caso, il Tribunale ha ritenuto il carcere necessario non solo per la presunzione di legge, ma anche in base al ruolo specifico ricoperto dall’indagato nell’organizzazione, alla reiterazione delle condotte e ai suoi precedenti penali, elementi che rendevano una misura meno afflittiva, come i domiciliari, inadeguata a interrompere i legami con l’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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