Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29954 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29954 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a MILANO il 28/12/1955 NOME nato a NAPOLI il 03/01/1968
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi
E’ presente l’Avvocato COGNOME NOME del foro di BOLOGNA in difesa di COGNOME NOME il quale evidenzia le ragioni poste alla base del ricorso e ne chiede l’accoglimento.
E’ presente, in sostituzione dell’Avvocato COGNOME NOME del foro di FOGGIA per delega orale, l’Avvocato COGNOME NOME del foro di BOLOGNA in difesa di COGNOME NOME il quale si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Milano, con sentenza resa in data 1.01.2025, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Milano che aveva riconosciuto l’imputato COGNOME colpevole dei reati previsti dagli artt.73 1 comma 4 e 80 comma 2, D.P.R. 309/90, così riqualificata la originaria imputazione di partecipazione all’associazione diretta alla importazione dal Marocco di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, esclusa nei suoi confronti la circostanza aggravante di cui all’art.80,comma 2 I dPR 309/90 in quanto non contestata, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti per essere il reato estinto per prescrizione.
2. Confermava invece la sentenza impugnata in relazione alla partecipazione di COGNOME NOME alla suddetta organizzazione criminale, per il ruolo da questo rivestito nella intermediazione delle imbarcazioni utilizzate per le illecite importazioni di stupefacente, nonché nell’allestimento e nella manutenzione delle stesse, attività diretta ad agevolare il buon esito delle operazioni anche mediante l’assistenza tecnica nella predisposizione di un vano occulto sull’imbarcazione Cafè del Mar, utilizzata per il trasbordo e l’importazione di un ingente carico di hashish, nonché in relazione al reato fine contestato al capo C) della rubrica.
Il giudice di appello, nel confermare l’impianto motivazionale della sentenza di primo grado, ha valorizzato la chiamata in reità del coimputato COGNOME NOME COGNOME intervenuta a seguito dell’assunzione del ruolo di collaboratore di giustizia ai sensi dell’art.74, comma 7, dPR 309/90 e da elementi logici, dichiarativi e intercettivi da cui veniva desunta la consapevole, strutturata e utile partecipazione del MUZIO al sodalizio, in quanto realizzata con modalità che denotavano la sua piena adesione al programma criminale e motivata da un interesse personale che non si 2 era limitato al conseguimento dei corrispettivi in denaro che gli venivano riconosciuti dall’associazione per le singole prestazioni professionali assicurate, di per sé non illecite, ma che andava valutato nell’ambito di una complessiva attività di agevolazione delle finalità illecite dell’ente, nel coacervo di elementi indiziari utilizzati per delineare i rapporti del COGNOME con i vertici del sodalizio (COGNOME e COGNOME) e i suoi collegamenti con un altro sodale NOME NOMECOGNOME anch’esso impegnato nelle attività di manutenzione e di ormeggio delle imbarcazioni impiegate per le illecite importazioni, cui aveva trasferito informazioni riservate.
Quanto alla posizione di COGNOME NOME COGNOME il giudice di appello, pure a seguito della pronuncia di proscioglimento, esaminava la fondatezza dei motivi di impugnazione concernenti l’affermazione di responsabilità dell’imputato ai fini
della verifica dei presupposti della misura della sicurezza della confisca, disposta a suo carico, del corrispettivo (di duecento mila euro), pattuito per avere pilotato la imbarcazione Cafè del Mar in occasione di una importazione di hashish nel corso dell’anno 2013 e all’esito di tale verifica, ha confermato la relativa statuizione.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le difese di entrambi gli imputati.
3.1. La difesa di COGNOME NOME ha articolato quattro motivi di ricorso.
3.1.1. Con il primo motivo di ricorso si duole della violazione dell’art.603 comma 2 cod. proc. pen. con riferimento al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante l’assunzione di una testimonianza decisiva, rappresentata dall’esame del teste COGNOME comandante della Capitaneria di Porto, cui aveva fatto riferimento, nella propria testimonianza, l’ispettore COGNOME
3.1.2. Con una seconda articolazione denuncia violazione di legge e vizio motivazionale in punto di affermazione di responsabilità dell’imputato COGNOME per il delitto associativo laddove era emerso, pure sulla base della chiamata in correità del coimputato COGNOME che il COGNOME aveva operato al di fuori di una logica associativa, bensì nella sua veste professionale di broker di imbarcazioni. In sostanza – assume il ricorrente – il giudice distrettuale avrebbe travisato la prova, neppure rinvenibile a livello indiziario, sull’esistenza di un accordo criminoso, esteso al MUZIO, avente ad oggetto la movimentazione di sostanza stupefacente, in quanto gli interessi che muovevano il ricorrente erano limitati a prestazioni lecite di natura professionale. Non era pertanto sufficiente, per coinvolgere il MUZIO nella logica associativa, che pure ammette condotte a forma libera, richiamare le prestazioni da questi rese in favore di taluni degli associati in quanto, nella specie, non vi era l’evidenza di uno specifico accordo che coinvolgesse il prevenuto nell’attività criminale, ovvero che la sua partecipazione presentasse connotati di stabilità e di durata, in quanto i rapporti risultavano interrotti a partire dalla fine dell’anno 2013.
Assume ancora il ricorrente che l’elemento indiziario rappresentato dall’esistenza di un collegamento telefonico dedicato tra il COGNOME e i promotori dell’organizzazione, costituiva un elemento riferito solo dal collaboratore d giustizia ) il quale non trovava riscontri esterni; al contrario era proprio il COGNOME ad escludere che il COGNOME, al di là delle prestazioni fornite all’associazione nel compravendita e nell’allestimento dei natanti, avesse avuto una qualsivoglia compartecipazione, interessenza o ruolo nella fase della importazione dello
stupefacente, ovvero della ripartizione dei profitti derivanti dalla movimentazione dello stupefacente.
3.1.3. Con un terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio motivazionale nella parte in cui il giudice di appello aveva riconosciuto l’esistenza di elementi di riscontro alla chiamata in correità del COGNOME, i quali si sostanziavano nella conferma che il COGNOME aveva svolto esclusivamente la sua attività di broker, sebbene a servizio di componenti di un’organizzazione criminosa. Né un significato indiziante poteva essere attribuito al contenuto della intercettazione telefonica tra COGNOME e COGNOME valorizzata dal giudice dell’impugnazione, né dalla conoscenza da parte del MUZIO dell’esistenza di un sottofondo nell’imbarcazione Cafè del Mar (da questi armata) poteva inferirsi la partecipazione dell’imputato alle singole spedizioni del natante verso il Marocco e in particolare alla importazione di cui al capo C) della rubrica, in quanto l’allestimento dell’imbarcazione era un incarico assunto dal MUZIO che prescindeva dai tempi e dalle modalità di utilizzazione della stessa, e pertanto non esisteva nessun ulteriore elemento, se non la manutenzione e l’allestimento dell’imbarcazione, a collegarlo alle importazioni di stupefacente, rispetto alle quali l’imputato non aveva partecipato ad alcun segmento della preparazione o dell’esecuzione delle singole spedizioni.
3.1.5. Con un’ultima articolazione deduce vizio motivazionale e violazione di legge con riferimento al mancato riconoscimento della partecipazione di minima importanza nel reato di importazione dello stupefacente, di cui al capo C) della rubrica.
3.2. La difesa di COGNOME NOME ha articolato a sua volta quattro motivi di ricorso.
3.2.1.Con il primo motivo denuncia violazione di legge con riferimento alla statuizione concernente la confisca del danaro / ritenuto il corrispettivo della sua partecipazione in qualità di skipper ad una delle importazioni di stupefacente dal Marocco, denunciando altresì la illogicità della motivazione laddove il giudice di appello, dopo avere constatato che il reato concernente il traffico di stupefacenti, da cui era derivata l’applicazione della misura di sicurezza, si era estinto per prescrizione in epoca antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto revocare la relativa statuizione, in quanto non sarebbe potuta conseguire una pronuncia, seppure implicita, sull’accertamento del fatto e sulla responsabilità del prevenuto.
3.2.2. Con un secondo motivo di ricorso deduce mancanza di motivazione con riferimento ai presupposti della confisca, in violazione degli artt.578 bis e 192 cod. proc. pen.
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In particolare rileva come l’accertamento del giudice di appello, in costanza di statuizione ablatoria e di contestuale declaratoria di una causa di non punibilità, avrebbe dovuto estendersi ad una indagine specifica non solo sulla responsabilità dell’imputato, ma anche sul contenuto della transazione intervenuta tra il NASTI e i sodali dell’organizzazione, in base alla quale sarebbe stato pattuito e pagato il corrispettivo di 200.000 euro per la prestazione del pilota/skipper dell’imbarcazione, questione che era stata fatto oggetto di uno specifico motivo di impugnazione in appello e che il giudice di appello aveva omesso di considerare, sebbene gli elementi introdotti rendessero irrealistica una siffatta pattuizione, in quanto ulteriori emergenze istruttorie evidenziavano che tutti gli altri skipper coinvolti nella movimentazione delle imbarcazioni avevano ricevuto compensi dieci volte inferiori a quello riferito dal COGNOME con riferimento al COGNOME, e che le propalazioni del collaboratore di giustizia erano sprovviste di riscontri esterni.
Con una terza articolazione deduce mancanza di motivazione in ordine al riconoscimento della responsabilità del NASTI in relazione all’intervenuta importazione di stupefacente dal Marocco nell’estate 2013, laddove i riscontri utilizzati dal giudice distrettuale si riferivano ad avvenimenti successivi alla condotta ascritta al NASTI) che non offrivano alcun conforto alla prova dell’importazione e gli ulteriori elementi di riscontro, relativi all’acquisto, alla intestazione e alla preparazione del natante Cafè del Mar in vista dell’importazione del 2013, derivavano dalla medesima fonte dichiarativa del collaboratore di giustizia COGNOME
Con un’ultima articolazione assume travisamento delle dichiarazioni testimoniali di COGNOME NOME rese all’udienza del 4 ottobre 2013, con violazione degli artt.499 /commi 2 e 31 e 191 cod. proc. pen., evidenziando la mancanza del preliminare requisito della credibilità intrinseca del dichiarante e il travisamento delle sue dichiarazioni con riferimento alla successione dell’impiego di diverse imbarcazioni e del fatto che l’utilizzo del natante Cafè del Mar, che poi sarebbe stato individuato come imbarcazione nella cui stiva era custodito il carico di hashish sequestrato nel corso dell’anno 2014, sarebbe stato impiegato anche nell’anno 2013, in quanto tale circostanza era emersa a seguito di una suggestiva domanda dell’ufficio del PM nel corso della deposizione del collaboratore che aveva determinato il travisamento della complessiva deposizione sul punto. A tale proposito la difesa del ricorrente ha richiamato i passaggi salienti della deposizione, da cui ha tratto la sostanziale inaffidabilità di un propalato etero indotto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto dalla difesa di COGNOME NOME risulta nel suo complesso manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Manifestamente infondata è la doglianza concernente un difetto di integrità dell’istruttoria dibattimentale denunciata nei motivi di appello in ragione dell’omesso esame di un testimone “de relato”, indicato da uno dei testimoni escussi quale soggetto in grado di riferire sulle condotte del NASTI quale broker di imbarcazioni con riferimento al contenuto delle prestazioni svolte nella gestione e manutenzione delle imbarcazioni utilizzate per l’importazione dello stupefacente dal Marocco.
Il giudizio di superfluità dell’escussione operato dal giudice di appello risulta correttamente motivato in quanto l’escussione del “teste de relato” non risulta essere stata avanzata nel corso dell’istruttoria di primo grado ma esclusivamente con i motivi di appello, né si verte in ipotesi di prova sopravvenuta e quindi le regole per procedere alla integrazione dell’istruttoria nel giudizio di appello sono desumibili dall’art.603 , comma 2 , cod. proc. pen.; deve trattarsi di elemento istruttorio in grado di condizionare la valutazione complessiva degli elementi probatori già acquisiti. Il giudice distrettuale ha dato conto, in termini privi di illogicità evidenti e non contraddittori, delle ragioni per cui ha escluso la necessità di procedere alla rinnovazione, tenuto conto degli esiti istruttori agli atti e del carattere meramente esplorativo del contributo che avrebbe potuto fornire il teste de relato, sul contenuto delle prestazioni professionali del broker COGNOME il quale, peraltro, non risulta essere oggetto di contestazione, se non limitatamente al rilievo indiziario che gli è stato attribuito dai giudici di merito.
La rinnovazione, ancorché parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Ne deriva che mentre la rinnovazione deve essere specificamente motivata, occorrendo dare conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non potere decidere allo stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la relativa motivazione può essere anche implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, Rv. 246859 – 01; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, G., Rv. 280589 – 01).
2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile in quanto aspecifico e del tutto privo di confronto con la motivazione delle sentenze di merito che
integrano una doppia pronuncia conforme di condanna in relazione alla ricorrenza di una associazione per delinquere dedita alla importazione tramite natanti di ingenti quantitativi di stupefacente dal Marocco e della partecipazione del ricorrente COGNOME alla medesima, in quanto stabilmente e assiduamente impegnato nel reperimento, nell’armatura, nella manutenzione dei natanti e nell’assistenza tecnica necessarie per renderli operativi e funzionali alle traversate del mediterraneo, nella consapevolezza delle illecite finalità perseguite dell’organizzazione e e del contributo assicuratiGdalla propria azione.
I giudici di merito, invero, hanno dato ampia motivazione sulla configurabilità del reato associativo e, ai fini dell’accertamento della partecipazione del MUZIO all’associazione, hanno ritenuto del tutto irrilevante la circostanza che il ricorrente non abbia mai inteso condividere o finanziare le operazioni di trasporto della droga, ovvero dividere gli utili conseguiti dallo smercio del narcotico, atteso che il ruolo che gli è stato riconosciuto è di colui che provvedeva stabilmente al reperimento e alla manutenzione dei natanti che sarebbero stati impiegati per i traffici illeciti, fungendo anche da copertura in favore dei promotori del sodalizio (COGNOME e COGNOME), i quali non figuravano in alcuna transazione commerciale che potesse collegare i natanti alle loro persone.
2.1. Orbene, il giudice distrettuale, in termini del tutto conformi alla pronuncia di primo grado, nel disattendere il motivo di impugnazione del COGNOME, il quale si doleva della valenza partecipativa del contributo asseritamente offerto al sodalizio, ha logicamente evidenziato che le plurime condotte ad esso contestate e giudizialmente accertate, in quanto non hanno formato oggetto di contestazione, sono idonee a palesare il pieno coinvolgimento del ricorrente nella struttura criminosa, fin dal momento genetico delle relazioni instaurate con il COGNOME (il figlio dell’imputato era stato uno degli skipper utilizzati dall’organizzazione per il trasporto dell’hashish), mentre il COGNOME si era assunto nei confronti degli organizzatori delle spedizioni, con carattere durevole e stabile, il compito di reperire le barche da utilizzare, curando di non fare figurare i vertici quali intestatari e referenti dei natanti, accettando di realizzare tutte le operazioni prodromiche alle traversate mediante transazioni in contanti (compresi gli acquisti delle imbarcazioni per importi rilevantissimi), curando la preparazione delle stesse, compresa la realizzazione del doppio fondo (imbosco) sul natante Cafè del Mar, conseguendo cospicui guadagni (anche in sovramisura), non soltanto perché le transazioni avvenivano in forme non tracciabili ma perché il suo ruolo di copertura, per tutto quanto concerneva l’allestimento e la manutenzione dei natanti, gli assicurava, nella consapevolezza delle illecite finalità perseguite dai correi, la insindacabilità tecnica ed economica del suo operato. Il giudice distrettuale ha valorizzato inoltre una concorrente
attività di supporto fornita ai vertici, con i quali manteneva un collegamento esclusivo e riservato, fornendo agli stessi notizie confidenziali apprese in quanto soggetto operante nei porti o nei luoghi di ormeggio dei natanti (tra l’altro informava i vertici del sodalizio che la barca COGNOME era stata individuata dalle Forze dell’ordine quale mezzo di trasporto di droga e riferiva al COGNOME notizie confidenziali sull’utilizzazione della Cafè del Mar nella intercettazione ambientale riportata per intero nella sentenza di appello).
Corretta pertanto risulta la motivazione della sentenza impugnata laddove ha riconosciuto l’esistenza di un vincolo durevole, consacrato in un manifesto pactum sceleris tra il MUZIO e l’organizzazione criminale riconducibile a COGNOME e a COGNOME (la cui attendibilità non è posta in discussione) che legava il COGNOME al sodalizio, a prescindere dal fatto che il COGNOME si fosse rifiutato di fornire al sodalizio apporti ancora maggiori, che peraltro lo avrebbero esposto a rischi crescenti, in quanto l’assolvimento della pluralità di impegni assunti in favore del sodalizio nella consapevolezza del traffico di stupefacente dal Marocco, risulta pienamente contributivo al perseguimento delle illecite finalità dell’ente e a inserirlo stabilmente nella struttura portante del sodalizio.
2.2. Ha, in più occasioni , affermato il giudice di legittimità che non è di ostacolo alla costituzione del vincolo associativo e alla realizzazione del fine comune “né la diversità di scopo personale, né la diversità dell’utile, ovvero il contrasto tra gli interessi economici che i singoli partecipi si propongono di ottenere dallo svolgimento dell’intera attività criminale” (Sez. 6, Sentenza n. 3509 del 10/1/2012, COGNOME, Rv. 251574; sez.4, n.4497 del 16/12/2015, Addio e altri, Rv.269545); non è richiesto, pertanto, per il riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 74 d.P.R. n.309 del 1990, che le condotte delittuose dei singoli, di cui all’art. 73 del d.P.R. medesimo, siano compiute in nome e per conto dell’associazione, ma solo che rientrino nel programma criminoso della stessa (I .5ez.3, n.6871 del 8/07/2016, Bandera e altri, Rv.269150).
Si è già detto come la condotta realizzata dal COGNOME fosse obiettivamente idonea a consentire la prosecuzione dell’attività di spaccio svolta dall’associazione mediante il trasporto dello stupefacente via mare. Tale attività, come evidenziato dai giudici di merito, risulta compiuta in accordo con i vertici del sodalizio per consentire ad esso di proseguire nello scopo sociale rappresentato dalla commissione di una serie indeterminata di violazioni dell’art. 73 d.p.r. 309/90.
Poiché il contributo così fornito ha carattere di stabilità, esso può integrare la partecipazione al reato associativo non soltanto sotto il profilo oggettivo, ma anche sotto il profilo dell’elemento psicologico, per la cui sussistenza è necessario e sufficiente l’aver consapevolmente contribuito alla prosecuzione
dell’attività di importazione della droga e, in tal modo, al raggiungimento degli scopi dell’associazione. Non vale ad escludere tale condivisione di scopi la constatazione che le indagini non abbiano fornito prova certa di un vantaggio economico diretto in favore del MUZIO. Se è vero infatti che, di regola, si partecipa ad una associazione finalizzata al narcotraffico per procurarsi stupefacenti o conseguire un profitto illecito, questi obiettivi costituiscono i motivi a delinquere e, per ritenere integrato il reato, non è necessario che tali motivi siano stati accertati, essendo sufficiente la prova di un contributo stabile e consapevole al conseguimento degli scopi della associazione (vale a dire allo svolgimento e alla prosecuzione nel tempo dell’attività di spaccio). Una consapevolezza che i giudici di merito hanno ritenuto sussistente con motivazione adeguata, non illogica e non contraddittoria richiamando altresì pacifica giurisprudenza di legittimità, del tutto condivisibile, secondo la g quale risponde del reato di partecipazione ad associazione per delinquere il professionista che, pur nello svolgimento della propria attività in formale aderenza ai canoni della professione (e nel caso in specie il COGNOME non è certamente risultato trasparente e rispettoso della normativa fiscale e in materia di pubblicità nell’acquisto e nella gestione dei natanti), persegua lo scopo di concorrere alla realizzazione di un’associazione dedita alla commissione di delitti (Sez.3, n.24799 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 276001 – 01), fermo restando il conseguimento di rilevanti importi “in nero” per la manutenzione l’acquisto di natanti, attività che lo vedevano impegnato in prima linea prima dell’impiego degli stessi nell’importazione dello stupefacente.
Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso con il quale il MUZIO deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla partecipazione dell’imputato al reato fine di cui al capo C), il quale attiene all’importazione dal Marocco di quasi 3.000 kg di hashish sequestrati presso il porto di Marina di Pisa in data 3 Luglio 2014. Assume il ricorrente che i giudici di merito avrebbero travisato le emergenze istruttorie quando avevano riconosciuto che il MUZIO fosse consapevole che l’imbarcazione Cafè del Mar, di cui egli aveva curato l’acquisto e l’allestimento, sarebbe stata utilizzata per la specifica importazione di stupefacente intervenuta nell’estate 2014; contesta, comunque, che il dato probatorio, rappresentato dalla realizzazione del doppio fondo nella stiva della suddetta imbarcazione su incarico di COGNOME e COGNOME, costituisse elemento di riscontro alla prospettazione accusatoria, in quanto del tutto avulso dalla specifica operazione di importazione affidata al comandante dell’imbarcazione, in epoca in cui il COGNOME aveva ormai interrotto ogni forma di collaborazione con i correi.
3.1. Il motivo non si confronta con gli argomenti delle sentenze di merito che hanno riconosciuto piena attendibilità alle dichiarazioni etero accusatorie del COGNOME, rilevando la credibilità intrinseca, la spontaneità e la logicità complessiva del narrato peraltro supportato dai riscontri esterni indicati nel paragrafo 6.3.1. della sentenza di primo grado. La realizzazione delle “paratie” nella imbarcazione Cafè del Mar su indicazione dei vertici dell’associazione.che, secondo quanto riferito dal COGNOME, erano state progettate dal COGNOME e realizzate proprio per ospitare le valigie contenenti hashish all’interno di uno spazio ben definito, così da evitare il rinvenimento della droga e da ostacolare la conduzione del natante, in uno con la conversazione del 19 maggio 2014, intervenuta tra COGNOME e COGNOME nella quale il primo riferiva di essere a conoscenza che il COGNOME (“NOME COGNOME” o “NOME“), dopo essere stato convocato a Milano, era stato reintegrato nella conduzione del natante Cafè del Mar, tanto ch questi sarebbe stato arrestato in Marina di Pisa, quale pilota dell’imbarcazione, proprio in coincidenza della importazione di cui al capo C) della rubrica (importazione di tre tonnellate di hashish in data 3 luglio 2014), costituiscono elementi probatori idonei a rappresentare non solo l’adesione del COGNOME al sodalizio criminoso, di cui conosceva le dinamiche e dai cui vertici riceveva informazioni riservate, ma a evidenziare anche la partecipazione del ricorrente alla intrapresa criminale dell’estate 2014 (capo C), alla cui realizzazione aveva fornito un utile contributo.
3.2. Invero ha stabilito il S.C. che per la configurabilità del concorso di persone nel reato non è indispensabile che il correo abbia contribuito causalmente alla realizzazione del reato, ma è necessario che abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o mediante l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato (Sez.6, n.1986 del 6/12/2016, COGNOME, Rv.268972; Sez.4, n.4383 del 10/10/2013, COGNOME e altri, Rv.258185; Sez. 5, n. 43569 del 21/0612019, P., Rv. 276990 – 01). Ha in particolare riconosciuto il S.C. la ricorrenza di un contributo concorsuale agevolatore nella condotta di chi procuri un autoveicolo ad altri perché lo utilizzino per trasportare sostanza stupefacente (sez.3,n. 27450 del 29/04/2022, Aguì, Rv. 283351 – 03), ipotesi del tutto assimilabile alla condotta ben più articolata e contributiva svolta dal COGNOME nell’interesse dell’organizzazione, il quale aveva proceduto alla complessiva gestione dell’imbarcazione e alla modifica della stessa per renderla più funzionale al trasporto dello stupefacente.
4. Dalle considerazioni che precedono può altresì apprezzarsi la logicità degli argomenti attraverso i quali i giudici di merito hanno escluso che il contributo fornito dal COGNOME potesse essere riconosciuto di minima importanza, in ragione della strutturata partecipazione di questi all’organizzazione criminale e alla rilevanza del contributo dallo stesso fornito per l’importazione di hashish sequestrato il giorno 3 luglio 2013 (reperimento del natante, manutenzione e ormeggio dello stesso in cooperazione con il COGNOME, modifica strutturale per renderlo maggiormente funzionale alle esigenze dell’organizzazione). Invero per il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.114 cod. pen. non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, ma è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’Iter” criminoso (da ultimo Sez.4, n.49364 del 9/07/2018, GLYPH P., GLYPH Rv.274037; GLYPH Sez. 4 n. 26525 del 07/06/2023, GLYPH COGNOME, Rv. 284771 – 01). Anche il quarto motivo di ricorso è pertanto manifestamente infondato e il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel suo complesso.
5. Passando ad esaminare i motivi di ricorso avanzati dalla difesa di COGNOME Davide, manifestamente infondato va dichiarato il primo motivo di ricorso in quanto gli argomenti che lo sostengono si pongono in contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità che ha disciplinato i limiti cui è sottoposto il giudice nel disporre la confisca del prezzo del reato in presenza di declaratoria della causa di non punibilità della estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Invero il giudice distrettuale ha dichiarato la estinzione per prescrizione del reato concernente il traffico di sostanza stupefacente ascritto al NASTI dopo avere operato una diversa qualificazione giuridica dei fatti ritenuti dal primo giudice, in particolare a seguito della esclusione della circostanza aggravante di cui all’art.80 comma 2 dPR 309/90. Il giudice di primo grado aveva qualificato gli stessi ai sensi degli artt.73, comma 4 /e 80 comma 3 dPR 309/90 a fronte di una l ). originaria contestazione .71 comma 2 ) dPR 309/90. Fermo restando che i fatti ascritti al NASTI, nella loro componente naturalistica e oggettiva, sono risultati immutati nel corso del giudizio, i giudici di merito, nell’ambito del perimetro valutativo agli stessi assegnato (il giudice di appello limitatamente alla questione del mantenimento della misura di sicurezza della confisca del prezzo del reato), hanno espresso un giudizio (in termini incidentali nel giudizio di appello) sulla responsabilità del NASTI relativamente alla contestazione allo stesso rivolta, così come enucleata dal capo A) di imputazione, riconoscendo che lo stesso avesse partecipato in qualità di skipper del natante INDIRIZZO del Mar, nel
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20-6 dell’estate 2013, ad una importazione di tremila chilogrammi di hashish e che per tale prestazione aveva ricevuto il compenso di euro duecentomila, che ha costituito, appunto, l’oggetto della statuizione ablatoria.
5.1. Orbene, il giudice distrettuale ha correttamente applicato i principi desumibili dalla pronuncia a S.U. COGNOME che consentono al giudice di merito di disporre o di mantenere la confisca del prezzo o del profitto del reato ai sensi dell’art.240 comma 2, n.1 cod. pen. a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio (Sez.Un., n.31617 del 26/06/2015). Nell’odierno giudizio entrambi i giudici di merito hanno riconosciuto la partecipazione del NASTI, in qualità di skipper della imbarcazione Cafè del Mar, alla importazione di tremila chilogrammi di hashish dal Marocco ed entrambi i giudici di merito hanno ritenuto che tale attività del NASTI sia stata corrisposta con il versamento della somma di euro duecentomila che, riconosciuto quale prezzo del reato di cui all’art.73 dPR 309/90, è stato sottoposto a confisca diretta ai sensi dell’art.240 comma 1 n.1 cod. pen. (cfr. Sez. 2 -n. 17354 del 08/03/2023, COGNOME, Rv. 284529 – 01), in termini pertanto del tutto coerenti con la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.
Il secondo motivo di ricorso è fondato ed ha carattere assorbente rispetto ai successivi motivi di ricorso (terzo e quarto) i quali aggrediscono la valutazione incidentale del giudice di appello sulla responsabilità penale del COGNOME con riferimento alla intrinseca affidabilità delle dichiarazioni etero accusatorie del coimputato COGNOME e della ricorrenza di significativi elementi di riscontro alle suddette dichiarazioni, in quanto la censura attiene proprio al tema dell’oggetto della confisca e cioè alla individuazione del “prezzo del reato” in relazione al quale, come si è detto, risulta ammissibile la confisca diretta anche in ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione.
6.1. Invero la statuizione sulla confisca del denaro, sebbene sia stata preceduta da una valutazione incidentale del giudice di appello in ordine alla responsabilità del COGNOME quale artefice del trasporto di un carico di sostanza stupefacente dal COGNOME nell’estate 2013, non è sorretta da alcuna motivazione sulla specifica doglianza, contenuta nell’ottavo motivo di appello proposto dalla difesa del ricorrente, concernente il contenuto della pattuizione di un compenso di euro duecentomila per lo svolgimento dell’incarico assunto dall’imputato. Una motivazione su tale specifica questione, oltre ad essere necessaria a confermare la misura di sicurezza patrimoniale della confisca, in quanto la stessa cade su un bene che viene in considerazione quale prezzo del reato, la cui misura è riconducibile ad una mera pattuizione verbale tra correi e
che non risulta neppure rinvenuto e sequestrato, sia pure per equivalente, all’interno del patrimonio del reo, risultava ancora più necessaria in quanto il giudice distrettuale, nel riqualificare i fatti ai sensi dell’art.73, comma 4 dPR 309/90, ha escluso la ricorrenza della circostanza aggravante del quantitativo ingente (art.80 comma 2 dPR 309/90) che pure poteva rappresentare un elemento sintomatico a sostegno della pattuizione di un corrispettivo economico così rilevante per un singolo trasporto.
6.2. Invero la sentenza impugnata omette del tutto di confrontarsi sia con la censura, articolata dal COGNOME nei motivi di impugnazione in appello, sull’assenza di elementi di riscontro alle dichiarazioni del COGNOME il quale lapidariamente aveva dichiarato che il corrispettivo pattuito con il COGNOME era pari a euro duecentomila ed era stato a questi regolarmente consegnato, sebbene lo stesso si fosse appropriato indebitamente di alcune componenti dell’imbarcazione, sia con l’ulteriore considerazione, introdotta nei motivi di appello, secondo la quale, in relazione a differenti importazioni eseguite con lo stesso natante, risultavano pattuiti e corrisposti compensi dieci-venti volta inferiori, tra cui quello pattuito con il COGNOME in occasione della analoga importazione dal Marocco di circa tre tonnellate di hashish, sequestrato in Marina di Pisa il 3 Luglio 2014, in occasione del quale sulla persona del COGNOME venne rinvenuta e sequestrata la somma di euro 8.000 (sentenza di primo grado Gup Tribunale Pisa), riconosciuto quale corrispettivo della conduzione del natante.
6.3. Se è vero che in tema di riscontri alle dichiarazioni etero-accusatorie provenienti dall’imputato dello stesso reato, ai sensi dell’art.192 comma 3 cod. proc. pen., non è necessario che gli stessi siano in grado di confermare i singoli fatti storici narrati dal propalante, quanto a misurare e a rafforzare il giudizio di attendibilità del dichiarante ai fini della verifica di veridicità del propalato, è comunque necessario che l’elemento di riscontro offra elementi in grado di collegare il fatto stesso alla persona del chiamato (Sez.6, n. 45733 del 11/07/2018, P., Rv. 274151 – 01). Nella specie particolarmente intenso era l’obbligo in capo ai giudici di appello di riscontrare le dichiarazioni etero accusatorie del COGNOME in relazione alla pattuizione di un compenso così rilevante in quanto, una volta riconosciuta la estinzione per prescrizione del reato di cui all’art.73, comma 4 dPR 309/90, la valutazione del giudice distrettuale era appunto incentrata sulla confiscabilità del prezzo del reato, la cui pattuizione e la cui corresponsione, in forma liquida, era tema pregiudiziale di decisiva rilevanza ai fini del decidere.
Sotto diverso profilo, sebbene i giudici di merito abbiano indicato una serie di riscontri a sostegno della fattiva e utile partecipazione del NASTI alle intraprese dell’associazione criminale tra cui l’importazione del luglio 2013 (dichiarazioni
etero accusatorie di COGNOME intercettazioni telefoniche, rapporti con i coimputati COGNOME e COGNOME cogestione della imbarcazione INDIRIZZO del Mar,
brusca interruzione dei rapporti con il sodalizio), nei motivi di impugnazione in appello la difesa del ricorrente aveva rappresentato come la cessazione del
rapporto di collaborazione tra l’organizzazione criminosa e il COGNOME era intervenuta in maniera burrascosa in quanto quest’ultimo era stato congedato
dal sodalizio, come ha dichiarato lo stesso COGNOME per una serie di condotte infedeli e pericolose (tra le quali la sottrazione di alcune dotazioni
dell’imbarcazione), tanto che lo stesso COGNOME aveva riferito di avere ragioni di risentimento e di contrapposizione con il COGNOME, circostanze queste che
avrebbero dovuto essere considerate al fine di approfondire e circoscrivere i rapporti di natura economica intrattenuti dal sodalizio con l’imputato,
quantomeno ai fini del mantenimento della misura di sicurezza della confisca del prezzo del reato, traducendosi la totale assenza di motivazione sul punto nella
violazione dell’obbligo della indicazione di elementi di riscontro alle dichiarazioni etero accusatorie dell’imputato dello stesso reato su un elemento essenziale dell’accordo criminoso tra correi (pattuizione del prezzo del reato) ai sensi dell’art.192 comma 3 cod. proc. pen.
6.4. La sentenza sul punto deve pertanto trovare annullamento con rinvio, per nuovo giudizio in punto di confisca del prezzo del reato contestato a COGNOME NOME, ad altra gezione della Corte di appello di Milano. Il ricorso di COGNOME NOME deve invece essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ragioni di esonero per assenza di colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa 7 1 GLYPH C (: GLYPH , delle Ammende, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., che si . determinapFome in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Davide limitatamente alla confisca della somma di denaro di euro duecentomila e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso del COGNOME. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del p luglio 2025 GLYPH (t).( 7 , ‘L/S , t?