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Partecipazione associazione criminale: il ruolo familiare

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una madre accusata di far parte dell’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti gestita dal figlio. Secondo la Corte, attività come il conteggio sistematico dei proventi, la gestione della cassa comune e la consulenza strategica non costituiscono mera connivenza, ma provano una stabile e consapevole partecipazione all’associazione criminale, giustificando la misura cautelare.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Criminale: Quando il Supporto Familiare Diventa Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 43202 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sulla linea di demarcazione tra la mera connivenza familiare e la piena partecipazione associazione criminale. Il caso analizzato riguarda una madre che, secondo l’accusa, avrebbe svolto un ruolo attivo nell’organizzazione dedita al narcotraffico gestita dal figlio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della difesa, confermando la misura cautelare e delineando i contorni del contributo penalmente rilevante in contesti familiari.

I Fatti del Caso

Le indagini hanno portato alla luce una complessa associazione criminale dedita al traffico di stupefacenti, con base operativa in un appartamento di Catania, gestita da un uomo con il padre. L’organizzazione si avvaleva di una struttura ben definita, con vedette, venditori e una gestione dei proventi centralizzata. Le intercettazioni e i monitoraggi hanno rivelato che la madre di uno dei capi svolgeva un ruolo apparentemente defilato ma cruciale: dopo la chiusura giornaliera della ‘piazza di spaccio’, il figlio le portava i proventi illeciti e lei si occupava di contarli, aggiornare la contabilità e dare indicazioni su come gestire e occultare il denaro.

La difesa dell’imputata ha proposto ricorso avverso l’ordinanza di custodia cautelare, sostenendo che le sue condotte fossero al più inquadrabili come connivenza o favoreggiamento, un aiuto estemporaneo dettato dal legame affettivo, e non come una partecipazione stabile all’associazione. Secondo la tesi difensiva, le sue azioni, come il conteggio del denaro, rappresentavano un post factum non punibile, ovvero un’attività successiva alla consumazione del reato di spaccio commesso da altri.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto l’impianto accusatorio e la valutazione del Tribunale del riesame. I giudici hanno stabilito che l’interpretazione dei fatti proposta dalla difesa si risolveva in una inammissibile rivalutazione del merito, preclusa in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata logica, coerente e priva di vizi giuridici.

Le Motivazioni: La Differenza tra Connivenza e Partecipazione Associazione Criminale

Il punto centrale della sentenza risiede nella distinzione tra un atteggiamento passivo di connivenza e un contributo attivo e consapevole alla vita dell’associazione. La Corte ha chiarito che la prova del vincolo associativo permanente può essere desunta da facta concludentia, ovvero da comportamenti concludenti che dimostrano l’inserimento stabile del soggetto nel tessuto criminale.

Nel caso specifico, le attività della ricorrente non erano sporadiche o meramente passive. La sua collaborazione era quotidiana e funzionale al sostentamento economico e operativo del gruppo. Le seguenti condotte sono state ritenute decisive:

* Gestione della cassa comune: Il conteggio sistematico dei proventi e la tenuta della contabilità non sono un mero aiuto postumo, ma un’attività essenziale per la sopravvivenza e la prosperità di qualsiasi organizzazione criminale.
* Ruolo strategico: La donna non si limitava a contare il denaro, ma dava indicazioni sulla destinazione delle somme (es. pagamento dei fornitori) e discuteva con il figlio le cautele da adottare, specialmente dopo l’arresto di altri membri del gruppo.
* Assidua presenza: La sua costante disponibilità nella gestione dei flussi di denaro dimostrava la sua piena consapevolezza e adesione al programma criminale.

Questi elementi, nel loro insieme, delineano un quadro di piena partecipazione associazione criminale, in cui l’imputata ha fornito un contributo causale concreto e stabile, ben diverso da un semplice aiuto occasionale.

Le Motivazioni: La Conferma delle Esigenze Cautelari

La Corte ha inoltre respinto le censure relative alle esigenze cautelari. Ha ribadito che per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 opera una doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere. Spetta alla difesa fornire elementi specifici e concreti per vincere tale presunzione.

La mera incensuratezza della ricorrente non è stata ritenuta sufficiente, a fronte della sua professionalità e continuità nell’agire criminale e del suo pieno inserimento in un contesto delinquenziale. Anche la richiesta di misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, è stata respinta, poiché i reati venivano commessi proprio all’interno dell’ambito domestico, rendendo tale misura inadeguata a neutralizzare il pericolo di reiterazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: in materia di reati associativi, il legame familiare non funge da scudo. Un contributo costante, organizzato e funzionale agli scopi di un’associazione criminale, anche se svolto tra le mura domestiche, configura una piena partecipazione al reato e non una semplice forma di favoreggiamento. La sentenza sottolinea come la valutazione debba basarsi sulla concretezza e sulla funzionalità del contributo apportato dal singolo alla vita e agli obiettivi del sodalizio, indipendentemente dal ruolo formale ricoperto.

In che modo la Cassazione distingue la semplice connivenza dalla partecipazione ad un’associazione criminale in un contesto familiare?
La Cassazione la distingue sulla base della natura e della sistematicità del contributo. La connivenza implica una tolleranza passiva, mentre la partecipazione richiede un contributo attivo, consapevole e stabile, dimostrato da ‘facta concludentia’ (fatti concludenti) come la gestione continuativa dei proventi, la tenuta della contabilità e la consulenza strategica per il gruppo.

Contare il denaro proveniente dallo spaccio per un familiare costituisce un reato autonomo o partecipazione all’associazione?
Secondo la sentenza, se il conteggio del denaro è un’attività sistematica, quotidiana e funzionale alla gestione della ‘cassa comune’ dell’organizzazione, non è un semplice ‘post factum non punibile’ (atto successivo non punibile), ma un contributo causale e organico che integra la partecipazione all’associazione criminale.

Perché la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso basato su una diversa interpretazione delle intercettazioni?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché non può riesaminare i fatti o fornire una diversa interpretazione delle prove, come le intercettazioni. Il suo compito è verificare che la decisione del giudice di merito sia immune da vizi di legge o da motivazioni manifestamente illogiche, cosa che in questo caso non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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