Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3395 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3395 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NancyCOGNOME nata a Barcellona Pozzo di Gotto il 23/04/2003
avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Messina del 18/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, NOME COGNOME c invocato il rigetto del ricorso;
Udite le conclusioni dell’avv. V.A.COGNOME in sostituzione, per delega sc dell’avv. NOMECOGNOME difensore di COGNOME COGNOME che si è riportato ai m chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 luglio 2024 il Tribunale della Libertà di Messina, pronunciandosi in relazione alla istanza di riesame avanzata dall’odierna ricor
avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Mess del 1-4 giugno 2024 (con cui era stata applicata a COGNOME Nancy la misura de custodia cautelare in carcere in relazione al reato di partecipazion associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, con contestazione dall’ottobr all’aprile 2023, capo 31, e al reato fine di cui al capo 22, relativo a plurime di stupefacente di tipo leggero e pesante ad una pletora di consumatori in conco con COGNOME NOME, accertate nei mesi di gennaio-aprile 2023), in parz accoglimento delle istanze difensive, ha sostituito la misura cautelare custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso il luogo di res con i presidi a norma dell’art. 275-bis cod.proc.pen. , con la prescrizione d allontanarsi dal detto domicilio senza autorizzazione dell’autorità giudiziari divieto di comunicazioni con soggetti diversi da quelli che con lei coabitano assistono.
A mezzo del difensore di fiducia / COGNOME ha proposto tempestivo ricorso, affidato ad un unico motivo, con cui lamenta violazione di legge, ex art. rbuc.· r’· GLYPH r GLYPH ‘it · comma 1, lett. b,i ( e vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett eeelativamente alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di cui al d.P.R. n. 309/90.
Il Tribunale, secondo la ricorrente, avrebbe travisato la prova relativame alla affermazione della intraneità della ricorrente al sodalizio criminale ritenere che la sua adesione non è dubitabile, e che le risultanze in atti de un consolidato rapporto illecito, l’assoluta conoscenza delle logiche associat una piena compenetrazione lie stesse. Affermazioni asseritamente fondate sull interpretazione di una conversazione, prog. 3318 Rit 1126/22, cui la ricorr non partecipa, e in occasione della quale potrebbe essersi limitata ad asco tniCZ passivamente i parla. Le argomentazioni svolte a supporto della sua intrane LA) si traducono dunque, secondo Orospettazione, in una motivazione apparente, viziata anche per la omessa valutazione della esclusiva riconducibilità al rap interpersonale col coindagato COGNOME Giuseppe, compagno della ricorrente, dell condotte eventualmente attribuibili a COGNOME*, della consapevolezza quest’ultima di agire nell’interesse del sodalizio.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte con le quali chiesto pronuncia di inammissibilità del ricorso.
Giova una preliminare ricostruzione del quadro procedimentale.
Con ordinanza del 1-4 giugno 2024 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina ha applicato a COGNOME Nancy la misLra custodiale massima in relazione al reato di partecipaz’one alla associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, con contestazione dall’ottobre 2022 all’aprile 2023, capo 31, e al reato fine di cui al capo 22, relativo a plurime cessioni di stupefacente di tipo leggero e pesante ad una pletora di consumatori in concorso con COGNOME Giuseppe, accertate nei mesi di gennaio-aprile 2023 .
Il Tribunale della Libertà, in sede di decisione sulla .stanza di riesame, ha dedotto che le incolpazioni elevate alla odierna ricorrente ;i innestano in una più ampia attività illecita, oggetto di una indagine condotta dal nucleo operativo radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, della Legione Carabinieri Sicilia, che ha disvelato l’esistenza di in agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico, radicato sulla fascia tirrenica della provincia messinese e facente capo ai membri della famiglia COGNOME. Un altro filone di indagine, che ha riguardato la diffusa disponibilità, in capo ai detenuti reclusi all’interno della casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, di cellulari per ccmunicare con l’esterno e di stupefacenti da smerciare all’interro’ aveva visto confluire il relativo procedimento nel primo, per riunione; anche in tale contes:o erano, infatti emerse responsabilità a carico di COGNOME NOME, in quella Casa circondariale recluso.
Le indagini tutte si sono giovate del prezioso contributo conoscitivo offerto dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e, da ultimo, NOME COGNOME già affiliato al gruppo COGNOME.
È proprio COGNOME -la cui attendibilità è stata positivamente testata ed affermata come per gli altri collaborarti (cfr. l’ordinanza del Tribunale della Libertà) e mai posta in dubbio dalla difesa della ricorrente – che ha lumeggiato la figura ed il ruolo di COGNOME NOME, quale soggetto pienamente inserito nell’organizzazione criminale al pari del fratello e del padre, NOME.
La mancata diretta indicazione della persona dell’ocierna ricorrente quale associata da parte del collaboratore, premessa dal Tribunale impugnato, è superata con corposi richiami al compendio intercettivo, letto e valutato con piena aderenza al dato oggettivo, dalla pagina 8 alla pagina 10 della ordinanza impugnata, spazio motivazionale ir cui il Tribunale innanzi tutto riporta le più salienti risultanze emerse dalle indagini; chiarisce poi l’apporto fattivo e sostanziale dalla ricorrente profuso nelle vicende ci spaccio che dalle intercettazioni risultano conclamate; evidenzia come, pur essendo i singoli molteplici episodi di spaccio in contestazione materialmente attribuibili alla azione del compagno, COGNOME Giuseppe, la stessa fosse pienamente a conoscenza delle
dinamiche del traffico gestito dai congiunti, compagno e suocero, e nelle stesse inserita e partecipe. Riporta il Tribunale tratti di conversazione in cui COGNOME è tra ryuci. i parla GLYPH e che sono relative alla qualità dello stupefacente spacciato, o in cui si propone quale detentrice, sulla propria persona, dello stLpefacente trafficato al fine di evitare che lo stesso venga sequestrato a carico del fidanzato, ben conscia delle dinamiche delle perquisizioni e col proposito, manifesto, di disfarsene ancora prima di poter essere personalmente perquisita. Le conversazioni de quibus ne dimostrano la partecipazione alle interlocuzioni dei congiunti in tema di debiti maturati coi loro fornitori; ne attestano la concreta attività di materiale traditio agli acquirenti (si rinvia al citato spaccato motivazionale della ordinanza impugnata per la più precisa indicazione delle circostanze sinteticamente accennate).
In tale ambito il Tribunale prende posizione anche sulla mancata corrispondenza tra trascrizione -versata nei brogliacci- e audio relativamente ad una conversazione contestata dalla difesa, rilevando che la dedotta difformità, riconosciuta nella sua oggettività, attiene, comunque, a due sole frasi, poi puntualmente indicate e commentate a pagina 9, ritenute lon idonee -a fronte di un compendio captativo ben più vasto e dimostrativo- a scardinare l’intera prospettazione accusatoria, fondata, come sopra rappresentato, su ben altre più cogenti fonti indiziarie coerenti nel senso della spiegata incriminazione.
E, dopo la astratta ricognizione delle condizioni in forza delle quali può ritenersi il ruolo di partecipe della associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, afferma l’adesione di COGNOME al gruppo COGNOME, contestata al capo 31, ritenendo la sua presenza sulla scena oggetto di intercettazione ambientale tutt’altro che episodica e silente o sussidiaria rispetto al ruolo del compagno e del suocero, e invece consolidata per la attestata conoscenza delle logiche associative e piena compenetrazione nelle stesse.
Lamenta la difesa, col ricorso, a mente dell’art. 606, comma 1, lett 14 e e), reit / vizio di violazione di legge, per travisamento della prova e correlativo vizio di motivazione dell’ordinanza il -ripugnata, relativamente alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 .
L’affermazione di partecipazione alla associazione di COGNOME è stata resa sulla base del compendio captativo, omettendo di valutare la concretezza del ruolo della ricorrente come emergente dalle conversazioni intercettate. La stessa sarebbe stata semplicemente presente, ascoltatrice passiva delle altrui comunicazioni, addirittura inconsapevole del loro significato; inoltre ove le si volessero attribuire le condotte contestate è stata omessa ogni valutazione in ordine alla esclusività del rapporto dell’indagata con COGNOME NOME, in virtù delle ragioni personali che la legano a lui soltanto quale compacno di vita.
La motivazione è viziata e meramente apparente con riferimento alla consapevole e volontaria attuazione del programma associativo.
3. Si rileva, innanzi tutto, che ai fini della conficurabilità del reato d associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma può essere anche non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attività proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune (Sez. 3, n. 32485 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283691 – 02).
Non è ‘necessario che l’accordo si estrinsechi attraverso un rapporto di esclusiva nelle forniture (Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265764) o l’esistenza di una c.d. «cassa comune»: è sufficiente che tra gli associati esista un comune e durevole interesse ad immettere sos:anza stupefacente sul mercato del consumo, nella consapevolezza della dimensione collettiva dell’attività e dell’esistenza di una pur minima organizzazione; rè è di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo, la diversità degli scopi personali e degli utili che costoro, si tratti di fornitori, di acquirenti o di addetti ad altre mansioni, si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale, potendo, anzi, gli interessi individuali, secondari e mediati, addirittura confliggere, come fisiologicamente accade, ad esempio, tra il fornitore e l’acquirente, senza che per questo venga meno lo scopo, invece primario, essenziale e comune tra loro, della commercializzazione e diffusione di tali sostanze (tra altre, Sez. 6, n. 22046 del 13/12/2018, COGNOME, Rv. 276068; Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, Bandera, Rv. 269150).
Quanto al secondo aspetto (quello organizzativo), per la configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comJne, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associat: (ex multis: Sez. 2, n.19146 del 20/02/2019, COGNOME. Rv. 275583 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258165; Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, COGNOME, Rv. 251011; Sez. 1, n. 4967 del 22/12/2009, COGNOME, Rv. 246112).
La Corte, sul punto, ha anche precisato che proprio l’elemento organizzativo costituisce l’elemento differenziale tra l’ipotesi associativa ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e quella del concorso ai sensi degli artt. 110 cod. pen. e 73 del citato d.P.R., in quanto la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico
di stupefacenti non può ridursi ad un semplice accordo celle volontà, ma deve consistere in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (cfr. Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Rv. 270396 – 01).
Quanto al terzo aspetto (l’affectio societatis), la Corte ha precisato che si è in presenza di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ogniqualvolta tra tre o più persone si stringa, anche di fatto, un patto che ha in sé la cosiddetta affectio societatis, in fcrza del quale tutti gli aderenti sono portati ad operare nel settore del traffico della droga, nella consapevolezza che le attività proprie ed altrui ricevano vicendevole ausilio e tutte i isieme contribuiscano all’attuazione del programma criminale (Sez. 2, n. 43327 del 08/10/2013, COGNOME, Rv. 256969 – 01); non è, tuttavia, richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata seco – ido lo schema legale (Sez. 6, n.11733 del 16/02/2012, COGNOME, Rv. 252232 – 01), né rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282122 – 01; Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440-02).
In tema proprio di gestione di una piazza di spaccio, Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, COGNOME Rv. 276677 – 01, ha chiarito in particolare che, ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di cui all’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è sufficiente anche l’adesione e l’apporto di un contributo per una «fase temporalmente limitata».
3.2. Sul versante probatorio, questa Corte ha chiarito (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610) che «la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche mediante l’accertamento di facta concludentia, quali i contatti contin tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per i rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive».
Inoltre, anche l’utilizzo di un comune linguaggio convenzionale o criptico da parte dei vari imputati può costituire indice di appartenenza al sodalizio .
3.3. Quanto, invece, alla partecipazione alla associazione, si è al cospetto di un reato a forma libera, la cui condotta costitutiva può realizzarsi in forme diverse,
purché si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice ‘,La Corte ha precisato in motivazione che, ai fini della determinatezza dell’imputazione di condotta di partecipazione al sodalizio in oggetto, non è necessaria l’indicazione dello specifico ruolo eventualmente rivestito dal partecipante). In termini Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021 Ud. (dep. 04/10/2021 ) Rv. 282139 – 01j , ; laddove la commissione , -di più reati-fine in concorso con singoli partecipi al sodalizio non è vicenda fattuale di per sé idonea ad integrare di per sé l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, essendo necessario che i rapporti con tali soggetti costituiscano forme di interazione nell’ambito di un gruppo organizzato e non di reazioni di tipo diretto ed immediato, prive di riferimenti al ruolo esponenziale dei predetti per conto della consorteria (così Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022 Cc. (dep. 17/03/2022 ) Rv. 282838 – 01).
Fermo restando che, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ “affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abpiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato cfr. Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021 Cc. (dep. 22/11/2021 ) Rv. 282122 – 01).
Ciò premesso si osserva che il ricorso non pone in discussione l’esistenza della associazione come contestata al capo 31, sicchè può serenamente, in parte qua, far riferimento e integrale rinvio alla ordinanza impugnata, nella parte in cui ne discetta, in generale, fino a pagina 7.
Pone invece in dubbio la ricorrente la ricorrenza di indizi in merito alla propria partecipazione.
4.1. Pare opportuno preliminarmente osservare che in materia cautelare, pur non potendosi parlare di «doppia conforme», laddove le due ordinanze cautelari pervengano a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi (come nel caso di motivazione per relationem), esse si integrano, formando un unicum.
In tal senso, la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212768 – 01) che «in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione delTribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di
ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare».
Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che ha emesso l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, n.m.) del caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparente e cioè tale da non consentire d: comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice.
Le due ordinanze, quindi, andranno considerate unitariamente ai fini di valutare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso.
4.2. Quanto alla nozione di «gravi indizi di colpevolezza» questa Corte (Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, COGNOME, Rv. 268683; Sez. 4, n. 38466 del 12/07/2013, COGNOME, Rv. 257576) ha più volte chiarito che la stessa non è omologa a quella che qualifica lo scenario indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misura, invero, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitati. I detti indizi, pertanto, non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192 cod, pen. proc., comma 2′, (per questa ragione l’art. 273 cod. proc pen., comma 1-bis /richiama l’art. 192 cod. proc. pen., commi 3 e 4, ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale, oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi). Ne deriva, quindi, che «ai fini delle misure cautelari, gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., e cioè con i recpisiti della gravità, della precisione e della concordanza (cfr. ancora, Cass., Sez. IV, 4 luglio 2003, COGNOME; nonché, più di recente, Sez. IV, 21 giugno 2005, Tavella)».
4.3. Tanto rilevato, si osserva che la partecipazione della ricorrente è, dal Tribunale, affermata sulla base di una lettura sinergica e complessiva del compendio disponibile e relativo al ‘microgruppo’ familiare dei COGNOME, valorizzato non solo nella parte in cui si sostanziano i graA indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo 22, pure contestato alla r corrente, ma anche in quella relativa, in particolare, al capo 20 (ma anche, genericamente, da 18 a 23), che -pur non ascritto anche alla ry -evenuta- è stato comunque valorizzato per
affermare la «funzione satellitare» del micro-gruppo COGNOME «rispetto agli interessi della congrega criminosa» e, in tale ambito, della ricorrente rispetto agli stessi fini.
Già in precedenza il giudice per le indagini preliminari ne aveva discettato nelle pagine da 123 a 160 e, poi, 224, quanto alla ritenuta gravità indiziaria, evidenziando, col diretto richiamo e la testuale citazione delle conversazioni intercettate in ambientale, i concreti indizi di compartecipazione attiva della ricorrente non solo ai dialoghi -che con mancata aderenza al dato testuale la difesa nega-, ma anche alle concrete attività di cessione -che la d fesa non menziona nel suo ricorso- e alle decisioni che il r:stretto gruppo familiare, ancillare rispetto al gruppo degli COGNOME, assume nella immediatezza del presentarsi delle problematiche relative alla necessità di saldare il debito col loro fornitore/associato e ai controlli della polizia giudiziaria, ponendosi la donna nell’occorso quale protagonista del depistaggio rispetto ai controlli sul fidanzato mercè l’occultamento dello stupefacente da entrambi detenuto sulla propria persona, consapevole delle dinamiche delle perquisizioni tanto da comunicare ai congiunti di essere in grado di utilizzare il tempo necessario per reperire personale di genere femminile per poter eseguire la perquisizione personale a suo carico per disfarsi dello stupefacente.
Incoerente rispetto alla motivazione resa dai giudici di merito risulta dunque la mossa censura in termini di omissione del compendio captativo.
Inefficace a contrastarne la solidità, e dunque inammissibile per aspecificità, anche il rinvio alla discrasia tra una sola trascrizione e la realtà della relativa fonia; l’eccepita inutilizzabilità dell’elemento probatorio indicato non è sorretta dalla deduzione -invero in fatto contrastata- della decisività in forza della cd. “prova di resistenza” ai fini dell’adozione del provvedimento impugnato (cfr. Sez. 3, n. 39603 del 03/10/2024 Ud. (dep. 28/10/2024 ) Rv. 287024 – 02). Ci si riferisce all’allegato travisamento della prova relativo alla affermazione, da parte del Tribunale, della intraneità della ricorrente al sodalizio c -iminale, affermazione asseritamente fondata sulla interpretazione di una conversazione, prog. 3318 Rit 1126/22, cui secondo la difesa la icorrente non partecipa, e potrebbe essersi ( rnt. · limitata ad ascoltare passivamente i parla
A fronte di tanto invece, vale a sostegno della affermata intraneità l’accertamento di facta concludentia, quali i contatti cont nui tra la ricorrente e fidanzato e suocero nella piena consapevolezza dell’inquadramento della loro attività nel più ampio contesto associativo di cui COGNOME ha contezza per conoscerne dinamiche interne -come dissimulato dalla partecipazione alle conversazioni con cui il sottogruppo criminale decide le strategie di condotta per ottemperare agli impegni in tal senso assunti-, interloquendo, con cognizione di
causa e ‘competenza’ criminale non solo col compagno ma anche direttamente col suocero, operando in una logica di gruppo, riconoscer do come stabile loro fornitore COGNOME Salvatore col quale mantenevano rapporti diretti o mediati dal di lui padre COGNOME NOME. Quanto basta, attese le connotazioni concrete della indagata condotta, per affermarne la partecipazione alla associazione, oltre che la responsabilità al singolo reato fine contestato (comunque relativo a cessioni molteplici), come affermato da questa Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019 Ud. (dep. 23/08/2019 ) Rv. 276701 – 06 «In tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, anche il coinvolgimenlo in un solo reato-fine può integrare l’elemento oggettivo della .ic, nel caso in cui le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale.»
Circostanza a fronte della quale il rapporto affettivo della ricorrente con il COGNOME, foriero evidentemente di quello col delineato sottogruppo familiare, perde di rilevanza, risultando la sua presenza e condotta consapevolmente funzionale per l’esistenza dell’associazione in quel determinato momento storico, peraltro non di poco momento.
Si rammenta che in termini di configurabilità e sussistenza dell’associazione questa Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016 Ud (dep. 17/11/2016 ) Rv. 268184 – 01 ha condivisibilmente ritenuto che « l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa s:a imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso. (Fattispecie di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nella quale la SRAGIONE_SOCIALE. ha escluso che il rapporto di fratellanza fra i componenti dei sodalizio rilevasse per l’esclusione del vincolo associativo ovvero per la sussistenza della attenuante ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990)». In linea cori detto principio risulta, allora, la parte dell’ordinanza impugnata che ha valutato il rapporto di parentela unicamente per spiegare la contiguità tra la ricorrente e i due soggetti, fidanzato e ‘suocero’, senza però farne discendere alcun automatico effetto in ordine all’analisi e ponderazione delle emergenze processuali – sopra evocate – che hanno caratterizzato, invece, il coerente e completo giudizio in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria a suo carico.
Il ricorso, manifestamente infondato, deve dunque essere dichiarato, per tutte le ragioni sopra discusse, inammissibile.
Ne consegue l’onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della
Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 31 maggio 2024 Il Consigliere este NOME COGNOME Il Presidente