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Partecipazione associazione criminale: il ruolo attivo

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di una donna indagata per partecipazione ad associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti. La difesa sosteneva un ruolo passivo, dettato unicamente dal legame affettivo con il compagno, anch’egli coinvolto. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando la misura cautelare. Secondo i giudici, le intercettazioni e i comportamenti della donna dimostravano una partecipazione associazione criminale attiva e consapevole, superando la mera connivenza. Il legame familiare, anziché escludere la responsabilità, è stato considerato un fattore che può rafforzare il vincolo criminale.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Criminale: Quando il Legame Familiare non Basta a Escludere la Colpa

La linea di confine tra la mera conoscenza delle attività illecite di un familiare e la vera e propria partecipazione associazione criminale è spesso sottile e complessa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo tema, stabilendo che un legame affettivo non costituisce uno scudo contro la responsabilità penale quando i comportamenti concreti dimostrano un inserimento attivo e consapevole nelle dinamiche del gruppo.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda una donna sottoposta a misura cautelare per il reato di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. 309/90. L’associazione vedeva coinvolti anche il suo compagno e il suocero. La difesa della donna ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il suo coinvolgimento non fosse una vera e propria adesione al sodalizio, ma una conseguenza inevitabile del suo rapporto sentimentale. Secondo la tesi difensiva, la sua presenza durante le conversazioni o le attività illecite era da considerarsi passiva, quasi come un’ascoltatrice inconsapevole, e le sue azioni andavano interpretate esclusivamente alla luce del legame personale con il compagno.

La Decisione della Corte sulla Partecipazione Associazione Criminale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la valutazione del Tribunale della Libertà. I giudici hanno ritenuto infondata la tesi di un ruolo passivo, evidenziando come le prove raccolte, in particolare le intercettazioni ambientali, delineassero un quadro di piena e attiva partecipazione della donna alle attività del gruppo criminale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per configurare la partecipazione non è necessario un accordo formale, ma è sufficiente che i soggetti agiscano con la consapevolezza di contribuire a un programma criminale comune.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su un’analisi approfondita degli elementi probatori, che andavano ben oltre la semplice presenza fisica della ricorrente. I giudici hanno valorizzato i seguenti aspetti:

* Coinvolgimento Attivo nelle Conversazioni: La donna non era una mera ascoltatrice passiva. Le intercettazioni hanno rivelato che partecipava attivamente a dialoghi riguardanti la qualità dello stupefacente, i debiti con i fornitori e le strategie per eludere i controlli delle forze dell’ordine.
* Consapevolezza e Ruolo Operativo: In un episodio specifico, di fronte al rischio di una perquisizione, la donna si è proposta come ‘detentrice’ della sostanza stupefacente, suggerendo di nasconderla sulla sua persona. Questo comportamento, secondo la Corte, dimostra non solo la piena conoscenza delle dinamiche criminali, ma anche un’attiva compenetrazione nelle logiche associative e la volontà di contribuire al fine comune.
* Irrilevanza del Movente Personale: Il fatto che le sue azioni fossero motivate anche dal legame affettivo con il compagno non esclude la volontarietà del suo contributo al sodalizio. La Corte ha sottolineato che i legami parentali o coniugali, anziché essere una scusante, possono rafforzare il vincolo associativo, rendendolo ancora più coeso e pericoloso.
Facta Concludentia*: La partecipazione è stata desunta da ‘facta concludentia’, ovvero da comportamenti concludenti che, nel loro insieme, hanno dimostrato in modo inequivocabile il suo stabile inserimento nel ‘microgruppo’ familiare dedito al narcotraffico.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza che nel reato di partecipazione associazione criminale, ciò che conta è il contributo oggettivo e consapevole fornito al gruppo, indipendentemente dal ruolo ricoperto o dalle motivazioni personali. La decisione chiarisce che la giustizia non può fermarsi di fronte ai legami familiari quando questi diventano il contesto in cui si sviluppa e si consolida un’attività criminale. La consapevolezza di agire nell’interesse del sodalizio e il compimento di azioni funzionali al suo scopo sono sufficienti per integrare la fattispecie di reato, trasformando la vicinanza affettiva in complicità penale.

Un legame affettivo o familiare con un membro di un’associazione criminale esclude la partecipazione al reato?
No. Secondo la sentenza, i rapporti parentali o coniugali non escludono la responsabilità, anzi, possono rendere il vincolo associativo ancora più forte e pericoloso se si traducono in un contributo consapevole all’attività illecita.

Per configurare la partecipazione ad un’associazione criminale è necessario avere un ruolo di comando?
No. La sentenza chiarisce che per integrare il reato è sufficiente fornire un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organizzazione, anche senza rivestire un ruolo specifico o di vertice. Ciò che rileva è l’inserimento stabile e consapevole nel gruppo.

Cosa si intende per ‘gravi indizi di colpevolezza’ nella fase delle misure cautelari?
Si tratta di elementi probatori idonei a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato. Per applicare una misura cautelare non è richiesta la certezza della colpevolezza necessaria per una condanna finale, ma un quadro indiziario solido e serio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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