Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45279 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45279 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Catania il 20/06/1983 avverso l’ordinanza del 26/06/2024 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’Avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Catania, sezione per il riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del 7 febbraio 2024 con cui il Giudice per le indagini preliminari presso lo stesso Tribunale aveva rigettato la richiesta di custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME ha disposto la richiesta misura cautelare in relazione alla partecipazione ad una associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, operante nella città di Catania fino ad aprile 2022 (capo 1).
La medesima misura custodiale è stata applicata anche per i diversi reati-fine di cui agli artt.110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, di cui al capo 2) per plurime cessioni di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana.
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge per avere il Tribunale omesso di motivare o fornito una motivazione illogica ed in contrasto con le risultanze delle indagini in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi per la partecipazione dell’indagata all’associazione dedita allo smercio di sostanze stupefacenti, gestita dal marito NOME COGNOME in assenza dell’affectio societatis con riferimento ai seguenti profili: 1) la collaborazione prestata dalla COGNOME al marito era dovuta alla sua posizione di subalternità e soggezione perché vittima di un marito dispotico (come emerge dalla conversazione prog. 998 che attesta una furibonda lite tra moglie e marito e che dimostra come la stessa fosse succube ed impaurita per la propria incolumità); 2) i rapporti con gli altri sodali si giustificano perché si tratta di pare stretti; 3) non risulta che abbia mai spacciato o custodito denaro provento dello spaccio o abbia contribuito a dare sostegno al sodalizio criminoso.
2.2. Violazione di legge in relazione alle esigenze cautelari, che sono state desunte dalla mera presunzione legale prevista in rapporto al titolo di reato di cui all’art. 74 d. P.R. 309/90, senza considerare il lasso temporale decorso dall’ultimo episodio di acquisto di sostanza stupefacente, risalente all’aprile 2022.
In considerazione del tempo decorso si imponeva da parte del Tribunale una verifica più accurata della rilevanza delle presunzioni legali, che per giurisprudenza di legittimità ammettono che la prova contraria possa evincersi anche dal tempo decorso dalla commissione dei fatti addebitati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere, pertanto, rigettato. Nell’ordinanza impugnata si spiegano le ragioni della riforma della diversa decisione di rigetto adottata dal G.i.p. la cui motivazione è stata ritenuta carente per non aver operato una disamina completa ed esaustiva delle conversazioni intercettate, corredate dalle videoriprese dei luoghi dello spaccio e riscontrate dai numerosi sequestri di sostanze stupefacenti oltre che dagli arresti in flagranza di reato di alcuni dei principali sodali (COGNOME NOME, Napoli NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME).
L’ordinanza impugnata ha correttamente evidenziato gli elementi fattuali integranti la tipicità del reato di partecipazione dell’indagata all’associazione per cui si procede, richiamando le risultanze delle intercettazioni che hanno consentito di verificare l’esistenza di una organizzazione su base familiare diretta da
NOME COGNOME coadiuvato dai suoi più stretti parenti, tra cui la madre NOMECOGNOME e dalla di lui moglie NOME COGNOME coinvolta nell’attività di spaccio in prima persona, avendo in più occasioni svolto il compito di indirizzare i clienti secondo le direttive del marito, oltre ad occuparsi della tenuta della contabilità.
A sostegno di tale ricostruzione il Tribunale, in modo convincente, ha evidenziato i riferimenti tratti dalle numerose conversazioni intercettate che vengono analiticamente esaminate nell’ordinanza (cfr. prog. 1970 del 28/04/2022, prog. 537 del 28/02/2022, prog. 643 e 1014 del 14/03/2022, prog. 646 del 2/03/2022, prog.1398 del 12/04/2022) per dare atto sia del significato inequivocabile delle conversazioni intervenute tra la ricorrente ed il proprio marito, e sia delle altre conversazioni intercorse con gli altri sodali per risolvere questioni afferenti all’attività di spaccio degli stupefacenti, per stabilire i turni di lavoro, conteggiare i guadagni, per evitare controlli di polizia, recuperare e nascondere la droga per sottrarsi ai controlli.
Nell’ordinanza vengono messe in evidenza le numerose intercettazioni da cui emerge che la collaborazione prestata dalla indagata non si è limitata al solo rapporto con il marito, ma ha riguardato anche i rapporti con gli altri familiari, ed è proseguita anche dopo l’arresto del marito (cfr. prog. 1638 del 22/04/2022).
L’assunto difensivo secondo cui la collaborazione sarebbe stata prestata dalla COGNOME in conseguenza della sua posizione di subalternità, perché vittima di un marito dispotico al quale non avrebbe potuto opporsi, non contraddice il fatto che la collaborazione sia stata comunque prestata in modo stabile e continuativo, non potendo la mera posizione di dipendenza o sudditanza nei rapporti coniugali configurare alcuna scriminante in difetto di minacce tali da configurare uno stato di pericolo per la propria o altrui incolumità.
Sul punto, deve anche evidenziarsi che la ricorrente propone, peraltro in via del tutto generica, una ricostruzione alternativa del rapporto familiare quale elemento di debolezza anziché quale elemento di supporto del vincolo criminale, indebolito invece che rafforzato per effetto dei legami parentali tra i diversi partecipi, ma, a tale riguardo deve ricordarsi che in materia di ricorso per cassazione, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett. e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento argonnentativo del giudice, deve essere evidente e netta, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa ritenuta preferibile a quella sostenuta nel giudizio di merito.
Sulla base delle medesime considerazioni si deve rilevare anche la genericità del secondo motivo relativo alle esigenze cautelari che sono state censurate sempre in forma assertiva e sostanzialmente apodittica, senza
individuare profili di effettiva e manifesta illogicità nel percorso argomentativo svolto dal giudice del riesame.
Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, occorre in particolare considerare che l’inadeguatezza degli arresti domiciliari in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, lett. c) cod. proc. pen. può essere ritenuta quando, alla stregua di un giudizio prognostico fondato su elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità dell’indagato, sia possibile prevedere che lo stesso si sottrarrà all’osservanza dell’obbligo di non allontanarsi dal domicilio (Sez. 6, n. 53026 del 06/11/2017, COGNOME, Rv. 271686; Sez. 3, n. 5121 del 04/12/2013, dep. 2014, Alija, Rv. 258832), oltre che ovviamente – allorquando possa affermarsi l’inidoneità dell’abitazione a contenere il pericolo della reiterazione criminosa specifica (cfr. Sez. 3, n. 43728 del 08/09/2016, L., Rv. 267933).
Ciò premesso, il concreto ed attuale pericolo di reiterazione delle condotte illecite è stato nel caso di specie ricavato dalle allarmanti modalità dei gravi fatti accertati in sede di indagini preliminari, tenuto conto della capacità di dimostrata dal gruppo criminale di riorganizzarsi, grazie al ruolo di supplenza svolto proprio dalla COGNOME dopo l’arresto del marito, NOME, di guisa che la cessazione delle indagini alla data di aprile 2022 non esclude affatto l’attualità del pericolo, intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissione di delitti analoghi, considerato quanto evidenziato nell’ordinanza impugnata sulle modalità dell’attività di spaccio svolta anche presso il proprio domicilio.
Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
Così deciso il Il Consi
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