Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17030 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME
nato a Foggia il 15/05/1991
avverso la ordinanza del 07/11/2024 del Tribunale di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con le statuizioni consequenziali;
lette le conclusioni del difensore Avv. NOME COGNOME che ha chiesto alla Corte di accogliere i motivi di ricorso e, conseguentemente, annullare l’ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà di Bari il 07.11.2024.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento qui impugnato il Tribunale di Bari, in sede di riesame, confermava l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere (sostituita in data 30 ottobre 2024 con quella degli arresti domiciliari) per il reato
di partecipazione a un’associazione armata finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo del proprio difensore, denunciando violazione della legge penale per erronea qualificazione della condotta come partecipazione all’associazione ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 nonché vizio motivazionale in relazione alla ritenuta sussistenza della sua partecipazione al sodalizio.
L’unico episodio nel quale COGNOME è stato coinvolto (e condannato in primo grado alla pena di otto anni di reclusione) riguarda un tentativo di acquisto di 99 grammi di cocaina per il quale il venditore fu arrestato in flagranza di reato. Dopo tale fatto il ricorrente interruppe ogni contatto con gli altri coindagati COGNOME e COGNOME e le intercettazioni valorizzate dal Tribunale dimostrano soltanto la sua disponibilità a concludere futuri affari con COGNOME con il quale egli temporeggiava, tant’è che l’altro chiese a tale COGNOME di mandare qualcuno a “sistemare” COGNOME. È verosimile, quindi, che il ricorrente fosse uno spacciatore libero che cercava di svincolarsi sia da COGNOME sia da COGNOME, essendo sotto minaccia da parte di entrambe le consorterie.
Inoltre, il periodo durante il quale COGNOME avrebbe tenuto la condotta contestata nel capo d’imputazione, peraltro genericamente, è molto ristretto (neppure un mese), cosicché non è ipotizzabile che egli abbia potuto apportare un contributo al sodalizio criminoso.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, del codice di rito.
Il Procuratore generale e il difensore hanno depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici e non consentiti.
Nell’ordinanza impugnata non è ravvisabile alcuna violazione di legge.
La motivazione è puntuale, specifica e immune da vizi, peraltro cumulativamente denunciati, in contrasto con il principio ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale «i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed
incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione. Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva della necessaria specificità» (Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, non mass. sul punto; nello stesso senso, da ultimo, vds. Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 285870 – 01).
Con la motivazione dell’ordinanza impugnata, inoltre, la difesa, che ha pedissequamente riproposto le medesime argomentazioni svolte nella memoria depositata in sede di riesame, il ricorrente non si è in larga parte confrontato, incorrendo così nel vizio di genericità del ricorso, sotto il profilo del difetto specificità estrinseca, rilevante anche in sede cautelare, con riferimento al ricorso avverso provvedimenti del tribunale del riesame, attesa la comune ratio fondata sul necessario rispetto dei requisiti di specificità di cui all’art. 581 comma 1, lett. c), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Bocciero, Rv. 278716 – 01; Sez. 3, n. 13744 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 266782 – 01; Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295 – 01; Sez. 2, n. 13951 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 259704 – 01; Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010, T., Rv. 248037- 01).
3. Il Tribunale ha ampiamente evidenziato (pagg. 15-28) il ruolo rivestito nel sodalizio da NOME COGNOME, addetto, unitamente ad altri tre partecipi, “alla fase di approvvigionamento e alla successiva distribuzione e commercializzazione sulla piazza di spaccio viestana”, ricordando anche il suo passaggio al sodalizio contestato nell’imputazione provvisoria sub 2), diretto da NOME COGNOME capo anche del sodalizio mafioso sub 1), da quello capeggiato da NOME COGNOME per la partecipazione al quale COGNOME è stato condannato con sentenza emessa il 19 ottobre 2021 dal G.u.p. del Tribunale di Bari.
In questo contesto – ha osservato l’ordinanza (pag. 26) – trovano spiegazione gli atti di intimidazione subiti successivamente da COGNOME, del cui “tradimento” hanno riferito all’autorità giudiziaria lo stesso COGNOME e i collaboratori di giustizia NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno confermato l’inserimento organico di COGNOME nel nuovo sodalizio, fonti a sostegno dell’accusa che la difesa ha del tutto obliterato.
Dalla conversazione del 9 febbraio 2021 con NOME COGNOME e con lo stesso COGNOME il cui testo è stato integralmente riportato nell’ordinanza (pagg. 18-20) si evince chiaramente – secondo la logica interpretazione del Tribunale – che COGNOME si era già accordato con altro esponente di spicco dell’organizzazione (NOME COGNOME, con il quale aveva avuto rapporti durante la comune
detenzione, dicendosi pronto a svolgere un ruolo duraturo all’interno dell’associazione.
La difesa ha omesso di considerare detta fondamentale conversazione, mentre, quanto ai dialoghi successivi fra COGNOME e COGNOME e fra COGNOME e COGNOME ha fornito una interpretazione alternativa a quella logica offerta nell’ordinanza impugnata (pagg. 22-23).
Va sul punto ribadito che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite.
In questa sede, dunque, è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 – 01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 – 01).
Il Tribunale ha logicamente attribuito significativa rilevanza all’episodio relativo all’acquisto di 99 grammi di cocaina (per il quale il ricorrente è stato condannato in primo grado), in quanto dalle conversazioni intercettate si evinceva che quella fornitura riguardava il sodalizio.
COGNOME aveva delegato per il ritiro della sostanza il cugino NOME COGNOME che il 4 marzo 2021 fu arrestato in flagranza di reato e venne trovato in possesso anche di un biglietto consegnatogli dal venditore, dal contenuto del quale risultava che a quella sarebbero seguite altre forniture, come peraltro emerso già dalla disponibilità manifestata dal ricorrente con COGNOME nella citata conversazione telefonica del 9 febbraio 2021, con un impegno assunto a lungo termine con i vertici dell’organizzazione (pag. 27), diversamente da quanto opinato dalla difesa.
In ogni caso l’ordinanza impugnata ha anche ricordato che, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, e in particolare dell’affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto
riferimento anche implicito (Sez. 6, n. 429377910 del 23/09/2021, Sermone,
Rv. 282122 – 01; Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440 – 01;
Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, COGNOME Rv. 276677 – 01).
4. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 17/04/2025.