Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2226 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2226 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi di COGNOME NOME NOMECOGNOME nato a Gela il 26/03/1991; NOME NOMECOGNOME nato a Taormina il 15/06/1990 (posizione stralciata); COGNOME NOME, nato a Lentini il 01/02/1980, avverso la sentenza in data 23/06/2023 della Corte di appello di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME e COGNOME; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; udito per l’imputato COGNOME, l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 23 giugno 2023 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza in data 19 luglio 2022 del Tribunale di Gela che aveva
condannato gli imputati alle pene di legge per la violazione dell’art. 74 e dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
All’udienza del 24 settembre 2024 il Collegio ha stralciato con ordinanza a verbale la posizione di NOME COGNOME ritenendo legittimo l’impedimento del suo difensore, NOME COGNOME
NOME COGNOME ricorre per cassazione sulla base di due motivi: con il primo eccepisce la violazione di legge in merito al reato associativo, non essendo stata raggiunta la prova della sua partecipazione; con il secondo lamenta il difetto di motivazione sul terzo motivo di appello perché non era stata applicata l’attenuante dell’art. 114 cod. pen.
NOME COGNOME lamenta il vizio di motivazione con il primo motivo in relazione al reato associativo e alla prova della sua partecipazione e con il secondo motivo in relazione al reato fine.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. I ricorsi sono nel complesso infondati.
COGNOME è stato condannato per il reato del capo 1) relativo alla violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e per il reato del capo 2) che raggruppa plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Con il primo motivo di ricorso non contesta l’esistenza dell’associazione, ma la riconducibilità dei suoi rapporti con NOME COGNOME nell’ambito del reato associativo, innanzi tutto, perché il collaboratore di giustizia, NOME COGNOME non l’aveva mai menzionato tra i sodali, in secondo luogo, perché il rapporto con COGNOME, da cui acquistava lo stupefacente che rivendeva, era di tipo personale. La censura è rivalutativa. E’ irrevocabile l’accertamento di responsabilità del reato dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 tra NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, in virtù della sentenza della Sezione Sesta della Corte di cassazione n. 11237 del 08/02/2022. Nell’ambito del sodalizio, COGNOME era al vertice e dava gli ordini, coadiuvato da NOME COGNOME era al secondo livello e dava gli ordini, tra gli altri, a Gagliano, che lavorava alle sue dipendenze come pusher, piazzava lo stupefacente, in particolare cocaina e marijuana, rendicontava le cessioni, si doveva occupare dei recuperi credito. Non è decisiva l’omissione del collaboratore di giustizia. Rileva, invece, che COGNOME era solito comunicare con un’utenza intestata alla madre e adoperava, a volte, un linguaggio criptico, a volte un linguaggio più esplicito, aveva contatti continuativi con COGNOME in merito a tutte le attività di spaccio, subito dopo l’arresto di COGNOME aveva manifestato la
disponibilità ad anticipare 200 euro per prendere tempo con i fornitori, così mostrando di farsi carico e di sentire come propri i problemi dell’associazione.
Il ricorrente censura tale parte di motivazione della Corte territoriale ritenendo che abbia compiuto un salto logico. In realtà, si tratta di un’interpretazione non manifestamente illogica o contraddittoria delle conversazioni intercettate anche in ambientale. Sono emersi rapporti continuativi nel tempo e una posizione di autorevolezza di COGNOME rispetto a COGNOME che lavorava ai suoi ordini assolvendo plurimi compiti, dal rapporto con gli acquirenti, alla rendicontazione contabile delle vendite, al recupero crediti, per cui non è illogica l’inferenza della sua partecipazione al sodalizio (Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022, COGNOME, Rv. 282838-01).
Con il secondo motivo lamenta il diniego dell’attenuante dell’art. 114 cod. pen. che, però, è per natura incompatibile con la condanna per il reato associativo dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (tra le più recenti, Sez. 1, n. 7188 del 10/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280804 – 02).
COGNOME, del pari, dirige le sue doglianze verso la condanna per il reato associativo e, a differenza di COGNOME, anche verso la condanna per i reati fine. Il ricorso non si confronta con la sentenza impugnata ove i Giudici hanno valorizzato la circostanza che lo stesso, dopo l’arresto di un altro sodale, NOME COGNOME aveva rassicurato COGNOME, dicendogli che era in condizione di “dargli un’altra macchina” per farlo lavorare, anche se era necessario saldare il debito. COGNOME comunicava con un’utenza intestata ad altro soggetto o servendosi di cabine pubbliche, il linguaggio era criptico, sempre vi era la raccomandazione tra gli interlocutori di non usare il telefono per le comunicazioni. Le conversazioni intercettate erano indicative della sua effettiva capacità operativa nel settore degli stupefacenti nonché dello stabile inserimento nel contesto associativo, tanto che, anche dopo l’arresto di NOME tendeva ancora ad accreditarsi come possibile fornitore credendo nella persistente vitalità del sodalizio nonostante l’arresto del suo capo o promotore. E’ generico anche il secondo motivo di ricorso laddove contesta il travisamento dei fatti perché il tenore delle conversazioni era sintomatico di un rapporto amicale blando, disinteressato, finalizzato in una singola occasione alla compravendita di un’autovettura. I Giudici di merito hanno invece ben spiegato come dalle intercettazioni era emerso in modo inequivocabile il ruolo di NOME come stabile fornitore: era stato lui a procurare i due chili marijuana a Biundo e dopo il suo arresto era in grado di procacciare altro stupefacente per NOME e ancora, dopo l’arresto di questi, era pronto a collaborare e a rifornire il sodalizio di altro stupefacente.
Alla luce delle considerazioni esposte i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME devono essere rigettati. Segue al rigetto, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali Così deciso, il 24 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente