Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32592 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32592 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG COGNOME che ha concluso per l’inannmissibilita’ del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di LAMEZIA TERME in difesa di: COGNOME NOME che si riporta ai motivi di ricorso. E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di CATANZARO in difesa di: COGNOME NOME che si riporta ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 8.2.2024 il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza emessa dal Gip del locale Tribunale in data 17.1.24 con la quale é stata applicata al medesimo la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 74 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 e del reato di cui all’art d.p.r. n. 309 del 1990 (capo 4) della contestazione).
L’ipotesi accusatoria formulata nell’originaria ordinanza cautelare, e confermata in sede di riesame, era quella della sussistenza di un sodalizio finalizzato al narcotraffico attivo nel settore delle sostanze stupefacenti del tipo marijuana ed hashish.con sede e basi logistiche per il deposito, la custodia e l’occultamento nella zona nord di Catanzaro con attività di approvvigionamento e rivendita ad opera degli stessi organizzatori/promotori, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, operante stabilmente nel tempo ed in particolare modo nel 2021, 2022 e tuttora permanente.
In particolare a COGNOME NOME era contestato il ruolo di partecipe al sodalizio con il ruolo di addetto alla vendita al dettaglio degli stupefacenti che consentiva al gruppo l’afflusso di notevoli introiti.
Avverso detta ordinanza l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 125, 273, 291 e 292, 299 cod. proc.pen. e 74 d.p.r. n. 309 del 1990.
Si assume che l’ordinanza impugnata nel ritenere il COGNOME NOME partecipe dell’associazione di cui al capo 1) non ha fatto corretta applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità atteso che, dopo aver confermato il giudizio di gravità indiziaria in ordine ai reati fine, ha desunto da tali reati, o che dalla asserita esclusività del rapporto di fornitura e di conoscenza tra il RAGIONE_SOCIALE ed altri associati, gli elementi sintomatici della partecipazione del ricorrente a sodalizio. Inoltre con riguardo al reato di cui al capo 4) le argomentazioni del Tribunale appaiono connotate da evidenti fratture logiche che non consentono di comprendere in base a quali elementi sia stato desunto che il COGNOME abbia ceduto sostanza stupefacente al COGNOME.
Peraltro il Tribunale non ha valutato la veridicità, la consistenza, la rilevanza economica e l’incidenza sul sodalizio di dette forniture.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. c) cod.proc.pen. in relazione all’art. 274 comma 1, lett. c) cod.proc.pen.
Si censura l’ordinanza impugnata in quanto non ha valutato in termini di concretezza ed attualità il pericolo di recidivanza né l’adeguatezza di altra misura, come quella degli arresti domiciliari con il presidio del braccialetto elettronico.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. /
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo é infondato.
Va premesso che in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 ).
Quanto al merito della contestazione elevata nei confronti del COGNOME, questa Corte ha più volte affermato che la veste di partecipe ad un’associazione, finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, può essere fondatamente riconosciuta al soggetto che si renda disponibile a fornire ovvero ad acquistare le sostanze di cui il sodalizio fa traffico, tale da determinare un durevole, ancorché non esclusivo, rapporto (Sez. 6, n. 566 del 29/1/2015, dep. 2016, Nappello, Rv. 265764).
Si è condivisibilmente precisato che il mutamento del rapporto tra fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, può ritenersi avvenuto solo qualora risulti che la volontà dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione dell’acquirente o del fornitore al programma criminoso, desumibile dalle modalità dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 6, n. 51500 dell’11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719 – 01; Sez. 5, n. 32081 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 261747; Sez. 3, n. 21755 del 12/03/2014, COGNOME e altri, Rv. 259881 – 01).
In caso di contestata partecipazione alla consorteria criminale dello stabile fornitore o acquirente di droga, quindi, la ritenuta intraneità al gruppo postula che, nonostante il naturale conflitto d’interessi, sia ravvisabile e, dunque, argomentata la coscienza e volontà del singolo di assicurare, mediante l’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, il proprio stabile contributo alla realizzazione degli scopi e, dunque, alla permanenza in vita della societas sceleris.
1.1. Ebbene, facendo corretta applicazione dei principi fin qui enucleati, l’ordinanza impugnata, dopo aver delineato sulla base del compendio intercettivo e dei servizi di o.c.p. la struttura del sodalizio criminoso di cui al capo 1) dell contestazione, ha altresì indicato i ruoli dei partecipi e tra questi il ruolo svolt dal COGNOME che si é estrinsecato nella messa a disposizione in via continuativa rispetto agli interessi del sodalizio della sua attività di spacciatore che garantiva alla compagine associativa l’apporto di rilevanti introiti. Dalle conversazioni intercettate sì evince in termini inequivoci il pieno inserimento del COGNOME nei programmi dell’associazione in particolare modo laddove i vertici del sodalizio manifestavano preoccupazione per l’avvenuto arresto del COGNOME in quanto trovato in possesso di una cospicua quantità di hashish e marijuna, augurandosi che lo stesso t tb`[ rnare quanto prima al lavoro in quanto la sua mancanza aveva determinato un decremento degli introiti.
L’ordinanza ha sottolineato quindi che detto rapporto, ben lungi dal rivestire il carattere dell’episodicità, si inseriva pienamente nella struttura del sodalizio in cui peraltro il COGNOME aveva frequenti contatti con i vertici COGNOME e COGNOME.
Manifestamente infondato é anche il secondo motivo.
Ed invero l’ordinanza impugnato ha ritenuto sussistente la doppia presunzione in ragione della contestazione di partecipazione al sodalizio di cui al capo 1) suffragata da specifici e concreti profili cautelari che impongono l’assoggettamento del ricorrente al regime intramurario. Ma, a prescindere dalla sussistenza della doppia presunzione in virtù del titolo di reato contestato, ha altresì puntualmente analizzato gli elementi concludenti atti a cogliere l’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato anche a fronte della censura difensiva del decorso del tempo. A riguardo, oltre alla considerazione che il reato de quo é permanente, l’ordinanza dà conto della circostanza che l’odierno ricorrente ha dimostrato vera pervicacia nel voler proseguire nell’attuazione del programma illecito (anche a seguito della sottoposizione alla misura degli arresti domiciliari).
In conclusione il ricorso va rigettato.
Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso in Roma il 21.6.2024