Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46607 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46607 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME nata a Cosenza il 15/08/1995
avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME NOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro che ha confermato l’ordinanza emessa il 17 aprile 2024 dal GIP del medesimo Tribunale, applicativa della misura custodiale, poi attenuata con arresti domiciliari, in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 90, rispettivamente contestati ai capi 1), 72),73),76), 385),389),390) e 400) dell’imputazione provvisoria.
Il ricorso si articola in tre motivi.
1.1. Con il primo motivo si denunciano la violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla partecipazione associativa della ricorrente, fondata solo sul coinvolgimento nei reati fine in esecuzione delle direttive di COGNOME NOME, presunto capo dell’associazione, al quale è legata da un rapporto sentimentale, facendone da ciò derivare l’adesione all’associazione anziché il concorso nell’attività di cessione. Il Tribunale non ha indicato il ruolo dell ricorrente, non ne ha delineato il dolo, non ha considerato che anche frequenti cessioni non sono idonee a provare l’adesione al sodalizio; che la conversazione nel corso della quale la cognata, dopo l’arresto del compagno, sollecitava la ricorrente a dire agli amici di contribuire alle spese legali del fratello non trov riscontro del ruolo attivo della ricorrente, benché il COGNOME si fosse poi recato presso lo studio del legale del COGNOME, specie se si considera che il GIP ha escluso la partecipazione associativa della cognata; che anche per il tentativo di cessione in favore di COGNOME NOME, oggetto del capo 397), non vede il coinvolgimento della ricorrente, estranea al fatto contestato, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dal Tribunale.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia l’erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione in relazione ai reati fine per carenza di gravità indiziaria.
Si sostiene che per i capi 72) e 73) la gravità indiziaria è stata desunta da conversazioni telefoniche e videoriprese prive di riscontri e generiche tanto da non consentire di capire di quale tipo e quantità di sostanza si tratti; indefinito l’oggetto dei colloqui relativi al capo 76); indeterminato l’oggetto dei capi 385),389),390) e 400).
1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’aggravante mafiosa contestata, non essendo chiarito sotto quale profilo né in che modo l’associazione mafiosa e quella dedita al narcotraffico abbiano interagito e in che misura la ricorrente abbia contribuito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato con rilievo assorbente del terzo motivo, dovendo essere rivalutato il quadro indiziario relativamente alla partecipazione associativa della ricorrente, mentre è infondato il secondo motivo.
1.1. La gravità indiziaria della partecipazione associativa della ricorrente è stata essenzialmente fondata sul rapporto di convivenza con il COGNOME, ritenuto capo dell’associazione, sulla collaborazione prestata nell’attività di cessione a terzi e sulla conoscenza delle dinamiche associative, attribuendo rilievo alla conversazione successiva all’arresto del COGNOME nel corso della quale la sorella di quest’ultimo la incaricava di informare gli amici di pagare le spese legali del fratello, minacciando altrimenti di rovinarli.
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Tuttavia, come rilevato dalla difesa, non vi è prova che la ricorrente si fosse attivata per contattare il COGNOME, effettivamente recatosi a casa del RAGIONE_SOCIALE prima di recarsi dal legale di questi, né che lo avesse minacciato, potendo solo desumersi che conosceva il destinatario, recatosi presso la sua abitazione e che aveva provveduto puntualmente nel senso richiesto dalla sorella del RAGIONE_SOCIALE, la cui partecipazione associativa è stata, peraltro, esclusa dal GIP, il che rende assertiva la valutazione espressa.
Anche la vicenda della tentata cessione a COGNOME NOME, ricostruita nell’ordinanza (pag.6) e valorizzata per dimostrare che la ricorrente veniva puntualmente informata delle cessioni e degli eventuali incidenti occorsi, non è elemento decisivo in chiave associativa, trattandosi di informazione veicolata dalla sorella del COGNOME alla madre della ricorrente e di un episodio non oggetto di contestazione formulata nei suoi confronti.
Ne deriva che al di là della collaborazione nell’attività di cessione del compagno, che gestiva direttamente i rapporti con gli acquirenti, non è individuato il rapporto della ricorrente con altri associati o una attività di raccordo con altri componenti del gruppo, sicché la pluralità di cessioni e le modalità seriali delle stesse, che ben possono integrare la gravità indiziaria del reato associativo quando i reati fine vengono commessi con più sodali, nel caso di specie non sembrano andare oltre il concorso con il compagno e ciò vulnera la significatività delle condotte sul piano associativo.
E’ noto che in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la ripetuta commissione, in concorso con altri partecipi, di reati-fine dell’associazione, può integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, suscettibili di essere superati solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505-02; Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv. 265346), ma, come già detto, non è sufficiente la mera reiterazione delle cessioni. Non affrontato é il profilo della coscienza e volontà della ricorrente di far parte dell’associazione, la cui esistenza e le cui caratteristiche organizzative sono date per acquisite, e l’intento di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga.
Le lacune rilevate nella motivazione in punto di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per nuova valutazione sul punto e sulla sussistenza dell’aggravante contestata, che l’ordinanza non affronta minimamente.
2. Sono, invece, infondate le censure relative alla gravità indiziaria per i reati di cessione contestati, fondata sui colloqui intercettati, la cui lettura coordinata con le risultanze delle videoriprese e con le conversazioni successive alle consegne, effettuata nell’ordinanza, offre un quadro indiziario solido e coerente.
Nell’esaminare la posizione dell’indagata, il Tribunale ha dato atto della reiterazione e del collaudato modulo operativo emersi dai colloqui intercettati e dagli incontri monitorati, desumendone coerentemente il contributo concreto nelle consegne agli acquirenti, che contattavano il RAGIONE_SOCIALE per chiedergli se potevano passare da lui e, una volta ottenuto l’assenso, era la ricorrente ad effettuare le consegne oggetto dei capi 72), 73) e 76); relativamente a quest’ultima vicenda, le conversazioni intercettate hanno dimostrato l’evoluzione del rapporto con il cliente, dapprima intermediato, poi divenuto diretto con il Marchiotti, che delegava alla compagna le consegne (v. pag. 2).
Altrettanto pacifiche le risultanze delle conversazioni intercettate combinate con i riscontri offerti dalle videoriprese per i restanti capi di imputazione, che rendono incontestabile la lineare ricostruzione delle cessioni operata nell’ordinanza (pag. da 2 a 4), alla quale il ricorso contrappone generiche censure del tutto inidonee a smentire il ruolo attivo della ricorrente, la scaltrezza dimostrata nel celare la sostanza destinata ad un’amica in oggetti che non destassero sospetti, da consegnare ad un ignaro delegato (v. pag. 3) o nell’avvertire la madre del rischio di perquisizioni, senza mancare di sincerarsi che avesse per tempo collocato in un posto sicuro la sostanza in suo possesso (pag.4).
Ne deriva l’inconsistenza delle obiezioni difensive, atteso che i colloqui provano e le videoriprese confermano l’attività concorsuale di cessione contestata di quantitativi e qualità indeterminati di sostanza stupefacente.
Per le ragioni esposte l’ordinanza va annullata con rinvio per nuovo esame sui punti indicati con eventuale rivalutazione all’esito del profilo delle esigenze e della scelta della misura.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio 41 Tribunale di – GLYPH Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, co.7, c.p.p.
Così deciso, 5 dicembre 2024
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Il consigliere etensore
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