Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17328 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17328 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO
CALABRIA
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a RIZZICONI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/09/2023 del TRIE. del riesame di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso del pubblico ministero;
udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per l’indagato, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso del pubblico ministero e si è riportato alla memoria depositata.
RITENUTO IN FATTO
L’ordinanza impugnata è stata pronunziata il 21 settembre 2023 dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, che ha annullato – per difetto di gravità indiziaria – l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale nei confronti di NOME COGNOME, siccome reputato gravemente indiziato del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. quale partecipe della cosca ‘ndranghetista
COGNOME, con il compito di coadiuvare altro indagato, NOME COGNOME, accompagnandolo nel rifugio del latitante NOME COGNOME o agli incontri con NOME COGNOME, boss egemone nel territorio di NOME tra il settembre 2017 e il dicembre 2018, e con gli ulteriori ruoli di confidente del genero del boss NOME COGNOME circa le vicissitudini della compagine e di ausilio della latitanza di NOME COGNOME tra il 2010 e il 2016.
Il Tribunale del riesame ha negato l’esistenza di un quadro di gravità indiziaria a carico del COGNOME, evidenziando la non univocità dei dati investigativi offerti dalla parte pubblica e valorizzati dal Giudice per le indagini preliminari, siccome non convergenti nel senso dell’esistenza di una partecipazione effettiva, piuttosto che di una mera vicinanza alla cosca o, al più, di una condotta di favoreggiamento risalente nel tempo e isolata, per cui non sussisterebbero le esigenze cautelari.
Avverso detta ordinanza ricorre il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, la parte pubblica lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato quanto al giudizio negativo circa la gravità indiziaria.
La parte ricorrente esordisce riportando un ampio stralcio dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di applicazione della misura cautelare nei confronti di COGNOME e ricorda, poi, che il primo decidente aveva applicato a COGNOME la misura cautelare in quanto ne aveva individuato l’attività come di sostegno alla cosca, attraverso la relazione criminale con NOME COGNOME, membro di rilievo della compagine e già condannato in via definitiva per il favoreggiamento del capoclan NOME COGNOME classe ’39. Il compito di COGNOME COGNOME COGNOME legge nel ricorso – era quello di favorire la latitanza di NOME COGNOME, classe ’82, di veicolare i messaggi da e per quest’ultimo e di organiz2:are gli incontri che COGNOME COGNOME avuto quando COGNOME si nascondeva a NOME con l’approvazione del boss della zona NOME COGNOME. Tale ipotesi sarebbe suffragata sia dai dati del monitoraggio video, sia da quelli del GPS e, in misura minore, dalle intercettazioni. Anzi, proprio lo scarso ricorso all’utilizzo del telefono evidenzia massima circospezione. Continua il pubblico ministero sottolineando che, nonostante il Tribunale del riesame abbia ricapitolato tutte le occasioni in cui COGNOME si era prestato ad accompagnare COGNOME a NOME e ad organizzare gli spostamenti – coperti dallo schermo dei lavori che lui e il fratello stavano realizzando presso la proprietà di NOME COGNOME, braccio destro di COGNOME -, ha poi sorprendentemente concluso per l’assenza di gravità indiziaria.
Il Tribunale del riesame non si sarebbe confrontato con una serie di elementi di seguito riportati.
-L’utilizzo di uno schema collaudato per garantire la segretezza degli spostamenti.
-L’assenza di qualsiasi comunicazione telefonica tra COGNOME e COGNOME, che si recava spontaneamente o su sollecitazione non verbale dal COGNOME a INDIRIZZO, alternativamente per essere condotto a NOME o per ricevere messaggi dai COGNOME o dall’altro favoreggiatore NOME COGNOME, tutto in perfetta coincidenza con gli spostamenti di NOME COGNOME e NOME su NOME di ritorno dalla località del Vibonese.
Ogni volta che gli indagati si erano spostati su quel territorio per effettuare i lavori di trivellazione presso la proprietà COGNOME, COGNOME si era fatto trovare tempestivamente presso la proprietà dei COGNOME.
–COGNOME non vantava alcun interesse nei lavori commissionati da COGNOME ai COGNOME e a NOME.
–NOME era stato visto più volte discutere con COGNOME a INDIRIZZO e in altro luogo riservato, logicamente non per parlare dei lavori di trivellazione svolti presso la proprietà COGNOME.
COGNOME aveva assistito a distanza a uno degli incontri tra NOME e NOME e aveva un ruolo attivo anche nell’organizzare l’altro incontro tra NOME e NOME, benché non vi avesse poi partecipato.
-Il 20 agosto 2018 NOME COGNOME aveva veicolato le informazioni al fratello NOME, che, unitamente a NOME COGNOME, aveva provato a rintracciare COGNOME, senza esito. A questa interlocuzione era seguito un altro incontro tra COGNOME e COGNOME presso il lido di NOME COGNOME, dove COGNOME si era recato insieme a NOME COGNOME.
Tanto premesso, il pubblico ministero ricorrente sostiene che il RAGIONE_SOCIALE della cautela non avrebbe adeguatamente spiegato perché avesse indiziariamente sottovalutato il supporto fornito da COGNOME a COGNOME, il cui ruolo non era stato messo in discussione. Tale supporto aveva costituito un aiuto a NOME COGNOME classe ’82, reggente della cosca. Lo stesso Tribunale ha riconosciuto che COGNOME era l’uomo incaricato di inviare e ricevere imbasciate su incarico dell’organizzatore del gruppo criminale, messaggi che dovevano essere veicolati al vertice del clan.
La motivazione del provvedimento avversato sarebbe illogica anche quando ha svalutato la portata indiziaria dei dialoghi captati tra COGNOME e NOME COGNOME, cognato di NOME COGNOME. Come traspare dalle conversazioni captate, l’indagato non era soggetto estraneo al contesto criminale di COGNOME, tanto che era proprio lui a rievocare gli incontri con NOME COGNOME quando questi era
latitante ed a fornire consigli al COGNOME su come gestire la situazione familiare, date le condizioni di salute del suocero di quest’ultimo, NOME COGNOME. Non rileverebbero quali elementi a discarico – contrariamente a quanto sostenuto dal RAGIONE_SOCIALE della cautela – l’incensuratezza di COGNOME e di COGNOME e l’utilizzo, da parte di COGNOME, della seconda persona plurale nell’esprimersi sulla vicende interne del clan.
Il pubblico ministero, quindi, sottolinea che la circostanza stessa che COGNOME ritenesse di discutere proprio con COGNOME di argomenti delicati – in quanto il peggioramento delle condizioni del suocero capoclan avrebbe potuto indebolire la compagine – dimostrerebbe che l’indagato era uomo di fiducia del suocero e dei cognati del suo interlocutore.
2.2. Il secondo motivo di ricorso denunzia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 416-bis cod. pen. perché la INDIRIZZO – dove risiedevano l’indagato e il fratello NOME – tra settembre 2017 e dicembre 2018, aveva costituito il centro nevralgico per la gestione della latitanza di NOME COGNOME e per la trasmissione dei messaggi, grazie all’attività di NOME COGNOME. I movimenti e gli incontri di COGNOME mal si conciliano con attività di natura lecita.
Il ricorso si conclude con la citazione di alcuni precedenti di questa Corte in tema di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso di coloro che favoriscono la latitanza del capodan e che ne veicolano o favoriscono la veicolazione dei messaggi.
Nelle more della celebrazione dell’udienza odierna, l’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, ha depositato memoria in cui ha insistito per l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Quale premessa alle osservazioni specifiche che seguono, occorre rievocare due principi fondanti del giudizio di legittimità, principi che il pubblico ministero ricorrente ha mostrato di disattendere nell’impostazione – pur suggestiva – della sua impugnativa.
1.1. Il primo è che a questa Corte non può essere chiesto uno scrutinio di fatto, anche quando si dissenta motivatamente dall’interpretazione delle fonti di conoscenza fatta propria dal Giudice del provvedimento impugnato, salvo che
tale interpretazione non trasmodi in uno dei vizi argomentativi di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Nel giudizio di legittimità, infatti, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esule, invero, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005, in motivazione; Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). Più di recente si è sostenuto che, nel giudizio di cessazione, sono precuse al Giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 Ud., dep. 2021, F.; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; pronunzie che trovano precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
1.2. In secondo luogo, va osservato il principio a lume del quale vanno ritenuti inammissibili i motivi di ricorso per cassazione non solo quando essi risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì allorché difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (principio ribadito da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823), nel senso che le doglianze del ricorrente devono “dialogare” in maniera critica con quelle del provvedimento impugnato e non seguire una propria, autonoma linea ricostruttiva, che finisca però per non contrapporsi e smentire le ragioni della decisione avversata.
Premessi i dettami di questa Corte cui il RAGIONE_SOCIALE si è ispirato nel vaglio del ricorso, nel concreto le ragioni dell’odierna decisione possono essere suddivise secondo i temi cui attengono.
2.1. Quanto al contributo associativo che sarebbe emerso, in tesi, dal monitoraggio degli spostamenti dell’indagato tra COGNOME e COGNOME ed ai rapporti con COGNOME, COGNOME e COGNOME, il RAGIONE_SOCIALE osserva che, di fronte all’ipotesi che COGNOME propiziasse i contatti con il latitante NOME COGNOME e che
questi fosse nascosto nel territorio sotto hinfluenza di COGNOME, il Tribunale ha ridimensionato il bagaglio fattuale su cui la Procura faceva leva, isolando gli unici episodi significativi a cui aveva preso parte NOME COGNOME e che corrispondono a viaggi a NOME di COGNOME e ad incontri con COGNOME e COGNOME, di cui però non è noto l’oggetto ed a cui non risulta che COGNOME abbia partecipato.
Per il resto, COGNOME è protagonista solo o della veicolazione di messaggi funzionali ad appuntamenti tra persone terze o di dialoghi concernenti la propria attività lavorativa.
Si tratta di elementi cui il Tribunale del riesame non ha negato ogni rilevanza – trattandosi di contatti con individui la cui appartenenza associativa o, comunque, il cui coinvolgimento nell’indagine è stato aliunde accertato – ma che ha ritenuto insufficienti a sostanziare un quadro di gravità indiziaria quanto all’appartenenza associativa anche di COGNOME, siccome isolati e, comunque, troppo evanescenti e imprecisi per stabilire l’entità del contributo dell’indagato alla compagine; in particolare – ha rimarcato il Tribunale del riesame – non era stato appurato, dagli investigatori, il contenuto dei dialoghi che si svolgevano tra i soggetti monitorati e l’effettiva direzione dei loro spostamenti verso il covo del latitante. Si tratta di carenze del bagaglio indiziario – il numero ridotto degli episodi significativi che hanno visto protagonista NOME COGNOME e, soprattutto, il mancato accertamento dei contenuto dei dialoghi e degli spostamenti – che sono state ragionevolmente valorizzate in bonam partem dal RAGIONE_SOCIALE della cautela, con considerazioni cui il pubblico ministero ricorrente reagisce contrapponendovi il proprio punto di vista senza però individuare falle logiche ma riproponendo ed esaltando lo stesso, suggestivo quadro già sottoposto e validato dal Giudice per le indagini preliminari e finendo, così, per sollecitare questa Corte ad un giudizio di merito che non le compete.
Dal canto suo, il RAGIONE_SOCIALE della cautela si è misurato razionalmente con gli elementi a disposizione, valutando insufficienti gli indicatori dell’appartenenza associativa siccome troppo !abili – tanto più che si tratta di un incensurato e di un soggetto non noto per il pregresso coinvolgimento in vicende associative ma ritenendo comunque NOME COGNOME un uomo non completamente estraneo alle logiche associative, anzi vicino alla cosca sebbene non intraneo,
Questa esegesi rigorosa della piattaforma indiziaria è, d’altra parte, pienamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte quanto al tema dell’appartenenza associativa, laddove, per restare al contributo più recente delle Sezioni Unite sul tema (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889, in motivazione), essa deve corrispondere ad «un’attivazione fattiva a favore della consorteria che attribuisca dinamicità, concretezza e riconoscibilità alla condotta che si sostanzia nel “prendere parte”» fornendo un «contributo, anche in forme
atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell’organizzazione criminosa: tale contributo, che può assumere carattere sia materiale che morale, ben potrà essere ricostruito anche in via indiziaria» valutando «un qualsivoglia “apporto concreto”, sia pur minimo, ma in ogni’ caso riconoscibile, alla vita dell’associazione, tale da far ritenere avvenuto il dato dell’inserimento attivo con carattere di stabilità e consapevolezza oggettiva».
2.2. Il ricorso è, poi aspecifico, quanto all’altro versante della piattaforma indiziaria, quello fondato, cioè, sui dialoghi con NOME COGNOME – genero del capocosca NOME COGNOME – dialoghi la cui portata contra reum è stata ragionevolmente neutralizzata in quanto non c’era mai un riferimento alle visite di COGNOME a NOME COGNOME in carcere (cui pare ricollegarli il pubblico ministero ricorrente), i due discutevano anche di questioni di lavoro, si trattava di commenti e non di “consigli”, e – soprattutto – COGNOME utilizzava la seconda persona plurale quando parlava della cosca, indicatore da cui il RAGIONE_SOCIALE della cautela ha tratto la conclusione che l’interessamento dell’indagato, sia pur sintomatico della sua vicinanza alle questioni associative, riguardava pur sempre un contesto cui l’indagato si riferiva come a lui estraneo, anche se conosciuto. Tanto più – ha aggiunto il Tribunale del riesame – che lo stesso COGNOME è soggetto che, sia pur affine di un elemento di primo rilievo nel contesto della consorteria, è incensurato e che si comprende essere a conoscenza delle vicende associative innanzitutto in quanto parente. Di fronte a questo costrutto, il pubblico ministero ricorrente non fa altro che riproporre e commentare le relative risultanze investigative, proponendo una ricostruzione degli elementi indiziari alternativa rispetto a quella del provvedimento impugnato ma senza evidenziare, nell’ordito del RAGIONE_SOCIALE del riesame, vizi motivazionali rilevanti ex art. 606 cod. proc. pen.
2.3. Quanto, infine, agli accenni alla latitanza di NOME COGNOME durante tali dialoghi, il Tribunale del riesame li ha ritenuti troppo vaghi, non collocabili temporalmente e, soprattutto, non eloquenti di una stabile messa a disposizione del sodalizio, conclusione cui il pubblico ministero ricorrente reagisce opinando che il dato testimoniava una risalente vicinanza dell’indagato alla compagine e giustificava la fiducia in lui riposta da NOME COGNOME; anche in questo caso, il ricorso soffre di un’impostazione non corretta siccome tesa a indurre questa Corte ad una diversa interpretazione delle fonti di prova.
2.4 Un altro aspetto del ricorso che determina il giudizio di aspecificità di questo RAGIONE_SOCIALE attiene al tratto dell’ordinanza impugnata in cui il Tribunale del riesame, sempre nell’ottica della non neutralizzazione del compendio investigativo, ha affermato che, anche a voler concedere che gli incontri in territorio vibonese fossero funzionali a supportare la latitanza di NOME COGNOME,
si tratterebbe di contributi sporadici che, al più, potrebbero dare luogo ad una contestazione di favoreggiamento (come, peraltro, contestata anche a NOME e al fratello di NOME, NOME COGNOME, coinvolti in trasferte simili), condotte rispetto alle quali, data la lontananza nel tempo e la natura sporadica, il Tribunale ha dubitato dell’esistenza di esigenze cautelari. Ebbene, di fronte a questo punto della decisione avversata, il ricorso mostra ancora una volta i suoi limiti di aspecificità, giacché si risolve in una mera evocazione di alcuni principi di questa Corte sul tema.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero. Così deciso il 26/03/2024.