Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5090 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5090  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Mileto il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME, sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; sentito l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 giugno 2023 il Tribunale di Catanzaro, decidendo sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere applicata a NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa (capo 1) e di
estorsione continuata in concorso, aggravata dall’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo 23).
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, articolando tre motivi, di seguito enunciati nei lim strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, per assenza di gravità indiziaria, in relazione alli art. 629 cod. pen. (capo 23), i quanto il provvedimento impugnato, a fronte di un’estorsione sviluppatasi tra agosto 2018 e febbraio 2019, ha collocato la condotta istigatrice del ricorrente in data 9 febbraio 2019, in base ad una conversazione priva di chiarezza circa il suo coinvolgimento, da cui risulta solo un rapporto tra NOME COGNOME (coindagato e nipote del ricorrente) e la persona offesa, NOME COGNOME, quando ormai l’estorsione era conclusa.
Il ricorrente, peraltro, non risulta né avere spartito i proventi del delitto; comparire nelle intercettazioni precedenti o successive alla contestata estorsione; né essere autore di altri reati-fine e il citato NOME COGNOME non è mai stato in contatto con lui.
Anche la frase pronunciata dal ricorrente «trattalo bene… Non lo prendere in giro. Hai uno stipendio qua» può valere, al più, per corrFigurare una mera connivenza, priva di efficienza causale, attesa l’autonoma risoluzione delittuosa di NOME COGNOME.
Il provvedimento impugnato, inoltre, non ha individuato come sia proseguita la condotta estorsiva e il vantaggio economico, anche alternativo, ottenuto dal ricorrente, non risultando dirimenti le sentenze della Corte di cassazione citate dal Tribunale, che riguardano ipotesi di sequestro di persona a scopo di estorsione.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla contestata aggravante di cui art. 416-bis.1 cod. pen., in quanto non risulta dimostrato che COGNOME avesse avvantaggiato la consorteria, atteso che i proventi erano stati percepiti solo da NOME COGNOME; nè vi è motivazione sulla sussistenza del metodo mafioso.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione circa la partecipazione associativa del ricorrente (capo 1), in quanto il provvedimento impugnato, nonostante un’indagine così estesa, ha fondato la gravità indiziaria in base all’unico reato contestatogli al capo 23) e ad intercettazioni prive di un tenore univoco, non bastando la relazione familiare con NOME COGNOME e la frequentazione con soggetti monitorati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Il primo e il terzo motivo di ricorso, riferibili alla gravità indiziaria dei d contestati a NOME COGNOME di partecipazione all’associazione mafiosa e di estorsione aggravata, possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono entrambi infondati.
2.1. A fronte del logico e lineare sviluppo argomentativo del provvedimento impugnato, che ha richiamato, condividendolo, il contenuto della misura cautelare genetica e ha disatteso puntualmente le doglianze difensive, non si rilevano i vizi denunciati.
2.2. Innanzitutto, il Tribunale ha inserito NOME COGNOME COGNOME contesto della ‘RAGIONE_SOCIALE di COGNOME, di cui è esponente di spicco, illustrando le ragioni giustificativ dello stabile contributo partecipativo da lui offerto alla luce degli esiti delle atti di intercettazione (pagg. da 1 a 3 del provvedimento impugnato) da cui è risultato che il ricorrente:a) ha tenuto fitti e costanti contatti con realtà criminali di rili operanti anche in altre regioni italiane (viaggio effettuato con il nipote NOME COGNOME in Lombardia); b) si è interessato per l’acquisto di armi anche se il fatto non risulta contestato nel presente procedimento; c) conosce le dinamiche criminali interne alla ‘RAGIONE_SOCIALE Mileto, di cui il nipote NOME COGNOME è un soggetto di vertice discutendo, anche con altri, di questioni collegate a debiti tra sodali e ad eventuali reazioni omicidiarie (pag.3); d) ha espresso risentimento per il fatto che NOME COGNOME, fratello di NOME, affiliato alla ‘RAGIONE_SOCIALE, svolgesse l’attività netturbino così nuocendo all’immagine della cosca («a livello di RAGIONE_SOCIALE…. Va facendo lo spazzino alla mattina…»); e) si è occupato del ritrovamento dell’auto di NOME COGNOME, restituita senza pagamento, attraverso il cosiddetto cavallo di ritorno, prendendo contatti con esponenti della criminalità organizzata di Rosa rno.
Detti esiti, contrastati dal ricorso con argomenti di mero fatto, danno conto del coerente apprezzamento della gravità indiziaria della partecipazione di NOME COGNOME all’associazione di cui al capo 1) ricorrendo tutti i presupposti richiesti dall giurisprudenza di questa Corte.
2.3. In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale
l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Gli indicatori fattuali dell partecipazione sono desumibili da attendibili regole di esperienza, attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, da cui possa logicamente inferirsi l’appartenenza nel senso indicato, purché si tratti di indizi gravi, precisi e idonei a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione e senza alcun automatismo probatorio (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670).
Ciò che rileva, dunque, è che il partecipe sia stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione; sia riconosciuto dai compartecipi quale componente della compagine; sia disponibile per le specifiche esigenze del caso concreto a prescindere dai singoli reati e per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv.281889).
2.4. Con riferimento all’estorsione ai danni di NOME COGNOME, titolare dell’RAGIONE_SOCIALE funebre di Mileto, nella contestata forma aggravata (capo 23), il provvedimento impugnato ha riportato l’intera sequenza della condotta di NOME COGNOME, con il concorso morale dell’odierno ricorrente che, non solo lo ha sollecitato a proseguire le pretese estorsive in termini inequivoci («trattalo bene…non lo prendere in giro. Hai uno stipendio qua»), ma si è informato, presso il nipote, sui luoghi della riscossione e sulla puntualità della vittima nei pagamenti, nell’ottica di garantirle “protezione” ed eventualmente liberarla dalla concorrenza di altri operatori (pag.4), assumendo informazioni in via autonoma sugli introiti (pag.5).
2.5. Il ricorso pone la questione cronologica dell’intervento di NOME COGNOME, avvenuto a febbraio 2019, rispetto ad un delitto commesso tra agosto 2018 e febbraio 2019, che ne escluderebbe, in tesi, il ruolo di istigatore.
Si tratta di un argomento che, da un lato, non risulta essere stato posto al Tribunale del riesame (pag. 3), dall’altro lato non è idoneo a disarticolare il logico e puntuale ragionamento a base del provvedimento impugnato che ha ritenuto integrato il delitto a prescindere dalla data dell’accertata ingerenza di NOME COGNOME nella sua commissione. Infatti, il Tribunale ha qualificato la condotta del ricorrente come istigatoria non tanto per avere determinato, ab initio, l’estorsione, quanto per il fattivo contributo causale apportato alla «determinazione a proseguire le periodiche vessazioni cui l’RAGIONE_SOCIALE era sottoposto».
2.6. Anche in relazione al provento del delitto di estorsione appare dirimente la circostanza che NOME COGNOME si informasse costantemente, con il nipote, dei tempi e delle cifre della riscossione, oltre che del loro utilizzo, a ripro dell’interesse proprio, o per interposta persona, alla realizzazione dell’ingiusto profitto.
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Del resto, è lo stesso dato testuale dell’art. 629 cod. pen. a rendere configurabile il reato anche quando l’ingiusto profitto sia procurato «ad altri», quali, nella specie, lo stesso nipote del ricorrente ritenuto dai Giudici di merito a capo dell’omonima cosca.
Il secondo motivo di ricorso, riguardante l’aggravante di cui all’art. 416/3/5.1 cod. pen., nella sua doppia declinazione, è inammissibile per carenza di interesse.
Costituisce orientamento costante di questa Corte quello secondo il quale, in tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali, vi è carenza di interesse al ricorso quando l’indagato tende ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante salvo che da tale esclusione derivi,, per lui, una concreta utilità, ovvero immediati riflessi sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508; Sez. 6, n. 5213 dell’11/12/2018, Fucito, Rv. 275028).
Nel caso di specie già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sicchè l’esclusione dell’aggravante non produrrebbe per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole risultando, peraltro, analogo, il termine di fase (Sez. 3, n. 31633 del 15/03/2019, Irabor, Rv. 276237).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, mandando alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 7 dicembre 2023