Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25159 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25159 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 12/12/1969
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME NOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 12.12.2024 il Tribunale di Catanzaro, pronunciandosi sull’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME Vittorio avverso l’ordinanza emessa dal Gip presso il locale Tribunale in data 5 novembre 2024, ha annullato l’ordinanza limitatamente al capo 170) della provvisoria incolpazione, confermandola nel resto anche in relazione alla misura cautelare in atto.
1.1. Riepilogando in sintesi la vicenda cautelare:
COGNOME NOME é stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato della partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico contestata al capo 1) dell’incolpazione provvisoria ed in relazione ad una serie di reati fine in materia di spaccio di stupefacenti di cui ai capi 144), 167), 168), 170), ritenuta altresì, quanto alle esigenze cautelari ,la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod.proc.pen., corroborata dallo specifico modus operandi e dai collegamenti del sodalizio criminoso nonché il pericolo di inquinamento probatorio;
proposta istanza di riesame, il Tribunale, sulla base del compendio probatorio, costituito da intercettazioni telefoniche e ambientali, attività di perquisizione e d sequestro e dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, ha confermato la sussistenza del sodalizio criminoso finalizzato alla compravendita di sostanza stupefacente del tipo cocaina ma anche di mariujana, hashish ed eroina e contraddistinto da una precisa struttura gerarchica,con assegnazione di ruoli al cui apice si collocavano NOME NOMECOGNOME coadiuvato da NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME ed ove l’odierno ricorrente aveva il compito di vendere al dettaglio il narcotico, in particolare hashish e cocaina; il Tribunale ha invece annullato l’ordinanza impugnata con riguardo al reato di cui al capo 170), trattandosi della medesima vicenda illecita già contestata al capo 144).
Avverso detta ordinanza l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione / articolato in due motivi.
Con il primo deduce la violazione di legge, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 1 comma 1, lett. b) ed e),cod.proc.pen. in relazione all’art. 74, comma 2, d.p.r. n. 309 del 1990.
Con il secondo la violazione di legge ed il vizio di motivazione ex art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 74, comma 2, per erronea applicazione della legge penale, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla contestata condotta di organizzatore.
Si assume che l’ordinanza impugnata meritO censura laddove ha ritenuto il ricorrente partecipe del sodalizio di cui al capo 1), essendo indimostrata l’affectio societatis, avendo lo stesso intrattenuto rapporti solo con il COGNOME e non essendo provato che fosse a conoscenza della partecipazione di quest’ultimo al sodalizio. Peraltro, allo stesso vengono contestati solo tre episodi di spaccio mancando la prova del suo inserimento stabile nella consorteria. Si sottolinea inoltre che se l’COGNOME fosse stato partecipe, allo stesso non sarebbe stato richiesto di destinare parte del suo ricavato ai detenuti.
Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente, sono manifestamente infondati.
A riguardo va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di limiti di sindacabilità dei provvedimenti in tema di misure cautelari personali, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito.
Il controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’at impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità del argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv.261400; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 251761; Sez. 6, n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME ed altro, Rv. 201840).
L’erronea valutazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è dunque rilevabile in sede di legittimità soltanto se si traduca nella violazione di specifich norme di legge ovvero in una mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Detto controllo, in particolare, non riguarda né la ricostruzione di fatti, n l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono ammissibili le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di
una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice dì merito (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 262948; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME ed altro, Rv. 265244; Sez. 1, n. 1769 del 23.03.1995, COGNOME, Rv. 201177).
Nella specie, il Tribunale del riesame ha ricostruito la sussistenza di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, indicando in modo analitico le fonti di prova, costituite essenzialmente da intercettazioni telefoniche ed ambientali, arresti e sequestri di stupefacente.
Con riguardo al ruolo di partecipe attribuito ad COGNOME Vittorio, l’ordinanz impugnata ha in primis valorizzato la realizzazione dei reati fine così facendo corretta applicazione del principio secondo cui in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la ripetut commissione, in concorso con altri partecipi, di reati-fine dell’associazione, può integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine all partecipazione al reato associativo, suscettibili di essere superati solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, stante la natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro. (Fattispecie in cui la partecipazione al reato associativo era stata desunta non solo dal dato storico della reiterata commissione di reati fine in concorso tra gli associati, ma anche dall’esistenza di un rapporto di collaborazione collaudato e destinato a produrre effetti ben oltre i singoli episodi delittuosi).(Sez. 3, n. 20003 de/10/01/2020, Rv.279505).
Del pari l’ordinanza impugnata ha posto in rilievo come dall’attività di captazione emergesse che l’attività di spaccio svolta dall’Asteriti, il cui ambito andava ben al di là delle singole ipotesi di cessione, avvenisse secondo le regole fissate dai vertici, in particolare con riguardo all’obbligo di erogazione di parte del ricavato in favore dei sodali ristretti in carcere. Inoltre lo stesso é coinvolto confezionamento delle dosi di eroina da destinare ai pusher al dettaglio nonché nella determinazione, unitamente al COGNOME, dei proventi giornalieri derivanti dalle cessioni di tale tipo di sostanza ed ancora nel rifornimento di hashish ai sodali.
Inoltre sono state indicate, a supportare l’affectio societatis, oltre alla costanza ed alla frequenza dei contatti intrattenuti con i sodali, le conversazioni in cu l’Asteriti commentava con gli stessi gli arresti che avevano colpito altri componenti fornendo disponibilità al recupero del narcotico sfuggito al sequestro così concretando non solo la piena consapevolezza dell’adesione al sodalizio ma dal punto di vista oggettivo la realizzazione di un concreto contributo causale alla realizzazione del programma del medesimo.
2.
In conclusione il ricorso manifestamente infondato va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti ex art. 94, comma 1 ter, disp.att.
cod.proc.pen.
Così deciso il 21.5.2025