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Partecipazione associativa: l’acquirente stabile

Un soggetto, ritenuto acquirente stabile di stupefacenti da un’organizzazione criminale, ricorre in Cassazione sostenendo di non essere un membro del gruppo. La Suprema Corte rigetta il ricorso, stabilendo che un rapporto di fornitura continuativo, per quantitativi rilevanti e con un ruolo funzionale alla rete di spaccio, integra la partecipazione associativa, superando il mero rapporto cliente-fornitore. La condotta dell’individuo è stata considerata un contributo consapevole e stabile agli scopi del sodalizio.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associativa: Quando l’Acquirente di Droga Diventa Membro del Clan?

La linea di confine tra essere un semplice acquirente di sostanze stupefacenti e un membro effettivo di un’organizzazione criminale è spesso sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo punto, analizzando il concetto di partecipazione associativa nel contesto del narcotraffico. La decisione evidenzia come un rapporto continuativo e strutturato con il fornitore possa trasformare l’acquirente in un vero e proprio partecipe del sodalizio criminale, con tutte le conseguenze legali che ne derivano.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Bari, che aveva disposto gli arresti domiciliari per un individuo indagato per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di droga, legata a una nota organizzazione criminale locale. All’indagato era contestato il ruolo di ‘stabile acquirente’ di cocaina da uno dei membri di spicco del gruppo.

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel qualificare la sua condotta. A suo dire, gli elementi raccolti (come la stabilità dei rapporti con il fornitore e la fiducia riposta in lui) non sarebbero stati sufficienti a dimostrare la sua ‘intraneità’ nell’associazione, ovvero la sua piena e consapevole adesione al programma criminale del gruppo. La sua difesa si basava sull’idea che egli fosse rimasto un semplice cliente, sebbene abituale, e non un associato.

La Distinzione Giuridica tra Acquirente e Partecipe

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha richiamato i suoi consolidati principi in materia. Per configurare la partecipazione associativa ai sensi dell’art. 74 del d.P.R. 309/90, non è sufficiente un mero rapporto di compravendita, anche se ripetuto nel tempo. È necessario che questo legame superi la soglia del ‘rapporto sinallagmatico’ (la semplice logica di scambio) e si trasformi in un vincolo stabile e funzionale agli scopi dell’organizzazione.

I giudici hanno chiarito che l’adesione dell’acquirente al programma criminoso si può desumere da una serie di indicatori oggettivi, tra cui:

* La continuità dell’approvvigionamento: Forniture regolari che dimostrano un legame duraturo.
* Il contenuto economico delle transazioni: Volumi d’affari significativi.
* La rilevanza obiettiva dell’acquirente: Il ruolo che l’acquirente riveste per la sopravvivenza e il successo del sodalizio.

Quando questi elementi sussistono, la volontà dei contraenti supera quella di singole operazioni commerciali per trasformarsi in un contributo consapevole alla vita dell’associazione.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Partecipazione Associativa

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il Tribunale di Bari avesse correttamente applicato questi principi. Le prove raccolte, tra cui intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia pienamente inseriti nelle dinamiche mafiose, delineavano un quadro inequivocabile.

L’indagato non era un cliente qualsiasi. Egli:

1. Si riforniva costantemente: Acquistava ingenti quantitativi di stupefacente (prima 100 grammi al mese, poi quantità raddoppiate su decisione dei vertici), dimostrando comunanza di interessi con il gruppo.
2. Era retribuito dal gruppo: Il suo ruolo non era solo di acquisto, ma di spaccio al dettaglio per conto dell’organizzazione, da cui riceveva una retribuzione.
3. Era integrato nella struttura: Era ben conosciuto da tutti i vertici del sistema criminale e inserito in una lista di ‘spacciatori stabili’ del gruppo.
4. Operava in un contesto di controllo territoriale: Un collaboratore aveva spiegato che, in quel territorio, chiunque spacciasse doveva necessariamente operare per conto dell’aggregato criminale, pena violente ritorsioni. Questo implicava una consapevolezza dell’esistenza dell’organizzazione e un’adesione, anche implicita, alle sue regole.

La Corte ha quindi concluso che l’attività dell’indagato non era estemporanea od occasionale, ma si traduceva in un apporto consapevole e sistematico all’esistenza stessa del sodalizio. Il suo rapporto con l’organizzazione aveva superato la soglia delle singole operazioni per diventare un contributo volontario e stabile alla realizzazione del programma associativo comune.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel mondo del narcotraffico, la figura dell’acquirente stabile può facilmente sfumare in quella del partecipe a un’associazione criminale. La valutazione non si basa solo sull’intenzione soggettiva, ma su dati oggettivi che dimostrano l’integrazione funzionale di un soggetto nella rete criminale. La continuità, la quantità delle forniture e l’operare sotto l’egida di un’organizzazione che controlla il territorio sono elementi decisivi che trasformano un rapporto commerciale in un vincolo associativo, con un inevitabile aggravamento del quadro sanzionatorio.

Cosa distingue un semplice acquirente di droga da un partecipe di un’associazione criminale?
La distinzione risiede nella natura del rapporto. Un semplice acquirente effettua transazioni isolate o comunque non strutturate. Un partecipe, invece, stabilisce un vincolo stabile, continuativo e funzionale con il sodalizio, fornendo un contributo consapevole alla realizzazione del programma criminale del gruppo. Questo si desume da fattori come la regolarità e la quantità delle forniture e il ruolo oggettivo dell’acquirente nella rete distributiva dell’organizzazione.

È necessario che un partecipe conosca tutti i membri e le attività dell’associazione?
No, la sentenza conferma che non è necessaria una conoscenza completa della struttura. È sufficiente la consapevolezza di essere inseriti in un’organizzazione più ampia e di fornire il proprio contributo, anche limitato a un settore specifico come lo spaccio al dettaglio, alla sua esistenza e ai suoi scopi. Nel caso esaminato, il fatto che l’indagato fosse rifornito da un membro di spicco e conosciuto dai vertici era prova della sua consapevole partecipazione.

Quali prove possono dimostrare la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico?
La prova può derivare da un insieme di elementi. Nella decisione in commento, sono state decisive le intercettazioni telefoniche, le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, la prova di forniture costanti e di quantitativi crescenti di droga, l’inserimento del nome dell’indagato in una lista di spacciatori stabili del gruppo e la circostanza che l’organizzazione esercitasse un controllo totale sul territorio, rendendo impossibile lo spaccio autonomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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