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Partecipazione associativa: la prova per la custodia

La Cassazione conferma la custodia in carcere per un indagato di traffico di droga, ritenendo inammissibile il ricorso. La Corte ha stabilito che le informazioni confidenziali ricevute e la fiducia dimostrata dal vertice del gruppo costituiscono gravi indizi di partecipazione associativa, respingendo la tesi difensiva di un coinvolgimento marginale.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associativa e Custodia Cautelare: Quando la Fiducia del Capo è un Grave Indizio

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35728/2024, offre importanti chiarimenti sui criteri per valutare i gravi indizi di colpevolezza in materia di partecipazione associativa finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato la misura della custodia in carcere per un indagato, ritenendo che il rapporto di fiducia con i vertici del sodalizio e la condivisione di informazioni delicate fossero elementi sufficienti a dimostrare un’adesione consapevole al gruppo criminale.

I Fatti del Caso: Da Rapporti Personali all’Accusa di Narcotraffico

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale per il riesame che confermava la custodia in carcere per un soggetto indagato per violazione dell’art. 74 del d.P.R. 309/1990, ovvero associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Secondo l’accusa, l’indagato avrebbe fatto parte di un’organizzazione criminale attiva dal 2019.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la mancanza di gravi indizi. Secondo la tesi difensiva, l’indagato era semplicemente un consumatore di droga e intratteneva rapporti personali e di vicinato con uno dei presunti dirigenti dell’associazione, senza però essere a conoscenza dell’esistenza del sodalizio o avervi aderito.

Le Tesi della Difesa: un Coinvolgimento Marginale

Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha contestato l’ordinanza del Tribunale del riesame sotto diversi profili:

* Assenza di consapevole adesione: Non vi sarebbe alcuna prova di una messa a disposizione del ricorrente al gruppo criminale.
* Rapporti esclusivamente personali: I contatti documentati sarebbero limitati a un amico di vecchia data, senza che l’indagato abbia mai posto in essere condotte a beneficio dell’organizzazione.
* Materiale investigativo fumoso: I contenuti delle intercettazioni sono stati definiti non univoci, imprecisi e insufficienti a fondare un quadro di gravità indiziaria.
* Ruolo di mero consumatore: Si è sostenuto che l’indagato fosse solo un acquirente abituale di droga, come confermato anche da un collaboratore di giustizia, e non un trafficante.

In sostanza, la difesa chiedeva di distinguere tra un eventuale concorso in singoli episodi di spaccio e la ben più grave accusa di partecipazione associativa, che presuppone un inserimento stabile nella struttura criminale.

La Valutazione della Prova di Partecipazione Associativa da parte del Tribunale

Il Tribunale del riesame, la cui decisione è stata poi confermata dalla Cassazione, aveva respinto la tesi difensiva. Secondo i giudici di merito, gli elementi raccolti erano sufficienti a configurare i gravi indizi di partecipazione associativa. In particolare, è stato evidenziato che:

1. Informazioni Confidenziali: L’indagato riceveva da un dirigente del gruppo informazioni estremamente delicate e riservate, dimostrando una piena fiducia riposta in lui dal vertice del sodalizio.
2. Convocazione per azioni punitive: L’uomo era stato contattato per partecipare a una ‘spedizione punitiva’ contro uno spacciatore rivale, essendo considerato un ‘soggetto violento’. Sebbene non vi avesse poi preso parte, la sola convocazione è stata ritenuta significativa del suo ruolo.
3. Consigli strategici: Aveva fornito consigli su come recuperare le perdite economiche derivanti da un sequestro di droga da parte della polizia.
4. Affidabilità logistica: Veniva indicato da uno dei capi come persona affidabile a cui poter consegnare la droga a lui destinata.

Questi elementi, nel loro complesso, delineavano un quadro ben diverso da quello di un semplice consumatore o di un amico estraneo alle dinamiche criminali.

Il Giudizio della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno sottolineato come l’impugnazione si limitasse a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e motivatamente respinte dal Tribunale del riesame, senza introdurre nuove critiche di legittimità.

le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri fondamentali. In primo luogo, la Corte ha ribadito che la valutazione del Tribunale del riesame era esistente, sufficiente, non illogica e non incongrua. Gli elementi valorizzati (fiducia, informazioni riservate, ruolo logistico) erano stati correttamente interpretati come gravi indizi di un’appartenenza associativa. In secondo luogo, la Cassazione ha ricordato i limiti del proprio giudizio: non è un terzo grado di merito e non può procedere a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto o a una nuova valutazione delle prove. Il suo compito è verificare la coerenza logica e la correttezza giuridica della motivazione della decisione impugnata, compito che nel caso di specie ha dato esito positivo.

le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cruciale in materia di misure cautelari per reati associativi: la prova della partecipazione non richiede necessariamente la commissione materiale di specifici reati-fine, ma può desumersi da elementi fattuali che dimostrino l’inserimento stabile e consapevole del soggetto nella struttura organizzativa. Il rapporto fiduciario con i vertici, la condivisione di segreti operativi e la disponibilità a compiere azioni per il gruppo sono tutti indicatori potenti dell’affectio societatis scelerum, ovvero della volontà di far parte del sodalizio. Per la difesa, ciò significa che contestare una misura cautelare in Cassazione richiede l’individuazione di vizi logici o giuridici manifesti nella decisione del riesame, e non una semplice riproposizione di una diversa interpretazione dei fatti.

Quali elementi possono costituire gravi indizi di partecipazione associativa per giustificare la custodia in carcere?
Secondo la sentenza, elementi come ricevere informazioni estremamente delicate e confidenziali da un dirigente del gruppo, essere considerato affidabile per compiti logistici (come ricevere droga per conto di un capo), essere convocato per partecipare ad azioni violente per conto del gruppo e fornire consigli strategici costituiscono gravi indizi di appartenenza a un’associazione criminale.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un caso quando valuta un ricorso contro una misura cautelare?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di compiere una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata. Il suo compito è verificare la compatibilità della motivazione con il senso comune e i limiti di un apprezzamento plausibile, senza sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Un ricorso in Cassazione che si limita a ripetere le argomentazioni già respinte dal Tribunale del Riesame è ammissibile?
No, un ricorso del genere è considerato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La sentenza chiarisce che l’impugnazione in Cassazione deve aggredire la motivazione del provvedimento contestato evidenziando vizi di legittimità (violazione di legge o vizi logici manifesti), non limitarsi a replicare argomenti di merito già esaminati e motivatamente disattesi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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