Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44788 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44788 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro nel procedimento a carico di: NOME COGNOME nato a Vallefiorita il 24/07/1970
avverso l’ordinanza del 04/09/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per l’indagato, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per l’indagato, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, in funzione di Tribunale del riesame, quale giudice del rinvio, ha annullato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 19 febbraio 2024, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen.
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, deducendo un unico, articolato motivo di impugnazione, con cui eccepisce la violazione della legge penale e il vizio di motivazione.
In primo luogo, la partecipazione dell’indagato alla cosca NOME in epoca antecedente al segmento cronologico in contestazione non potrebbe essere esclusa, pur in difetto di sentenza definitiva di condanna, posto che quanto meno i singoli elementi probatori di quel procedimento ben
potrebbero essere tenuti in considerazione per quanto riguardo il periodo oggetto della nuova imputazione provvisoria.
Inoltre, il Tribunale del riesame avrebbe sottoposto a scrutinio eccessivamente superficiale e parcellizzato, di fatto trascurandole, plurime emergenze investigative, che, a detta dell’Ufficio impugnante, andavano a corroborare il già pregnante contenuto dell’unica intercettazione in carcere, in cui NOME COGNOME detenuto, monitorava, tramite il reggente NOME COGNOME, l’andamento delle attività criminali della cosca e forniva indicazioni e direttive. In particolare, da numerose captazioni emergerebbe: che NOME agiva espressamente come suo sostituto (sia pure con qualche ricerca di spazi di autonoma manovra); che lo status ‘ndranghetistico del ricorrente si era addirittura accresciuto in carcere con il conferimento di nuove doti; che lo stato detentivo non ne aveva minato la posizione apicale a lui riconosciuta dai sodali in libertà (che ne aspettavano la liberazione, anche per rendergli conto di quanto compiuto nell’interesse della cosca); che gli era stato garantito un dispendioso mantenimento in prigione; che taluni proventi non dovevano confluire nella ‘bacinella’ dell’organizzazione (spettando al boss, per il tramite del reggente, come ringraziamento per trattamenti di favore nell’assegnazione dei lavori).
All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
2. La Sesta Sezione di questa Corte, con sentenza n. 33041 del 12/07/2024, ha annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame con cui era stata confermata l’ordinanza genetica, stigmatizzando, innanzitutto, l’insufficienza del contributo dei collaboratori nel precedente procedimento (ove si sottolineava piø il legame familiare di NOME COGNOME con i capi storici del sodalizio, fisicamente eliminati nel corso delle lotte intestine, che una sua effettiva partecipazione qualificata), ribadita dall’annullamento della sentenza di condanna pronunciata in secondo grado, con rinvio alla Corte di appello; l’impostazione accusatoria, fondata sulla ipotizzata prosecuzione della militanza associativa, in continuità con i precedenti periodi, risultava, pertanto, radicalmente dimidiata. Gli ulteriori elementi indiziari evidenziati dai giudici del merito non erano idonei a fondare un giudizio di gravità, avuto riguardo alla unicità dell’incontro tra l’indagato e il suo presunto reggente (incompatibile con la ipotizzata posizione nell’organigramma criminale) e all’impossibilità di far discendere dal mantenimento in carcere con i proventi delle estorsioni e dalla particolare considerazione riservatagli dagli altri associati un’effettiva condotta di partecipazione, per di piø con ruolo apicale.
Sulla scorta di tali indicazioni, il Tribunale di Catanzaro, ripercorrendo rapidamente la piattaforma investigativa a carico di NOME COGNOME, rileva come, dalla lettura delle conversazioni intercettate, per quanto attiene al periodo in contestazione, non emerga un effettivo ruolo dell’imputato in seno alla consorteria, durante la detenzione a Voghera, restando semmai rimandata alla scarcerazione ogni possibilità di offrire un effettivo contributo partecipativo, foss’anche di stampo apicale. Un ulteriore riscontro di tale – almeno momentanea – estraneità alle dinamiche associative deriverebbe dalla mancata contestazione di concorso nei reati satellite, all’esito del precedente annullamento della misura in ordine alla contestazione di cui al capo 48, per assenza di gravità indiziaria.
Il giudice del rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione, non Ł vincolato ad
alcun principio di diritto espresso dalla Corte e può procedere a un nuovo esame del compendio probatorio, con il limite di non ripetere i soli vizi argomentativi del provvedimento annullato (cfr., in termini, da ultimo, Sez. 5, n. 24133 del 31/05/2022, Gallico, Rv. 283440-01).
Il ricorso del Pubblico Ministero, tuttavia, Ł incentrato fondamentalmente sulla contestazione, in un’ottica schiettamente rivalutativa, della ricostruzione dei fatti e dell’apprezzamento del Tribunale circa la rilevanza e concludenza dei dati probatori (in particolare, sulla minuziosa interpretazione e contestualizzazione del contenuto dei dialoghi intercettati, operazione prettamente di merito; cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01), risolvendosi, in buona sostanza, nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate nel provvedimento impugnato, scevro di vizi logico-giuridici.
Le censure attinenti a talune riflessioni inferenziali sviluppate dal Tribunale potrebbero avere, in astratto, una loro consistenza. In particolare, il dato dell’ininterrotta e ossequiosa assistenza prestata ai familiari del boss detenuto non può reputarsi un elemento probatoriamente del tutto neutro (cfr., Sez. 6, n. 19362 del 04/06/2020, COGNOME, Rv. 279305-01, secondo cui la percezione, da parte del congiunto di un affiliato che si trovi in stato di detenzione, di un assegno settimanale versato dal sodalizio criminale, rinsalda il vincolo di solidarietà nell’ambito dell’associazione, con la creazione di una rete di solida mutualità fra gli affiliati). Tuttavia, anche a fronte dell’insuperata incertezza della collocazione temporale – rispetto al segmento cronologico oggetto di imputazione provvisoria e a quello, antecedente, contestato nel diverso procedimento pendente di nuovo di grado di appello – di circostanze teoricamente rilevanti, quali, ad esempio, il conferimento di ‘doti’), ciò non appare idoneo a superare il giudizio di insufficiente gravità indiziaria in ordine all’effettiva militanza associativa, argomentatamente espresso nella pienezza della giurisdizione cautelare di merito.
Sul punto, le Sezioni Unite hanno, invero, sottolineato che «la partecipazione non si esaurisce nØ in una mera manifestazione di volontà unilaterale, nØ in un’affermazione di status ; essa, al contrario, implica un’attivazione fattiva a favore della consorteria che attribuisca dinamicità, concretezza e riconoscibilità alla condotta, che si sostanzia nel ‘prendere parte’. L’opera di concretizzazione giurisprudenziale del significato della locuzione normativa ‘far parte’ di cui all’art. 416bis , primo comma, cod. pen. non può pertanto lasciare spazio ad ipotesi di identificazione della condotta punibile che risultino del tutto svincolate dalla verifica di un contributo, anche in forme atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell’organizzazione criminosa» (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889-01).
L’impugnazione, su tale profilo, non indica alcuna risultanza idonea a costituire un valido supporto indiziario, ipoteticamente trascurato dal Tribunale nel provvedimento impugnato.
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così Ł deciso, 20/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME