Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32049 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32049 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Torre Annunziata il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 21/03/2024 del Tribunale del riesame di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza indicatain epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato quella emessa il 26 febbraio 2024 dal G.i.p. del medesimo Tribunale, che aveva applicato all’indagato la misura custodiale per il reato di partecipazione all’associazione a delinquere di tipo camorristico denominata “RAGIONE_SOCIALE” con il ruolo di addetto alla gestione delle estorsioni.
Ne chiede l’annullamento per due motivi.
1.1. Con il primo motivo denuncia l’erronea applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen. nonché la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in punto di gravità indiziaria.
Il Tribunale ha desunto i gravi indizi di colpevolezza da conversazioni intercettate tra soggetti diversi dall’indagato, senza tener conto delle deduzioni difensive e persino travisandone il contenuto: in particolare, avrebbe omesso di considerare che dalla conversazione del 16 marzo 2020 risulta pacificamente che sino a quel momento COGNOME NOME, in rappresentanza del RAGIONE_SOCIALE COGNOME, non era riuscito a parlare né a prendere accordi con nessun appartenente al RAGIONE_SOCIALE COGNOME, tanto meno con il COGNOME, e che l’accordo sulla spartizione delle attività illecite è successivo a tale data.
Nel sottolineare il rilievo attribuito dal Tribunale al colloquio di pochi giorn successivo in cui il COGNOME aveva riferito al suo interlocutore dell’incontro avvenuto il 16 marzo 2020 e della volontà di COGNOME NOME di fissare un nuovo incontro al quale avrebbe partecipato, tra gli altri, anche “NOME con la barba” per ratificare l’accordo raggiunto tra i due RAGIONE_SOCIALE, si contesta, in primo luogo, l’identificazione di “NOME con la barba” nel ricorrente e l’omessa risposta sul punto; in secondo luogo, la difformità tra il contenuto di detta conversazione e quella del giorno precedente, non chiarita dal Tribunale, che non avrebbe considerato che il COGNOME riferisce circostanze diverse a seconda dell’interlocutore.
La circostanza che prima del 13 marzo 2020 non vi fosse alcun accordo tra i due RAGIONE_SOCIALE smentisce la tesi del Tribunale secondo la quale, prima della scarcerazione del COGNOME, avvenuta il 24 febbraio 2020, il ricorrente sarebbe stato il referente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei rapporti con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con riguardo alla gestione delle estorsioni. Inoltre, il Tribunale non ha tenuto conto che secondo il collaboratore di giustizia NOME COGNOME il ricorrente sarebbe stato allontanato dal RAGIONE_SOCIALE ad opera del COGNOME, appena uscito dal carcere, a causa del contrasto con il COGNOME, che non ne condivideva i progetti omicidiari; non ha considerato che dal procedimento pendente a carico di altri soggetti intranei al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’operatività del RAGIONE_SOCIALE nei mesi precedenti e successivi alla scarcerazione del COGNOME, nulla è emerso a carico del ricorrente.
E’ stato travisato il contenuto delle conversazioni del 6 marzo 2020, atteso che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, se il COGNOME non aveva alcun rapporto con il ricorrente prima di tale data, non è credibile il COGNOME quando il precedente 25 febbraio affermava che il COGNOME commetteva estorsioni avendo dietro di sé “NOME con la barba”; non si è considerato che il ricorrente non aveva alcun interesse nell’attività estorsiva ai danni delle imprese RAGIONE_SOCIALE e che anche le conversazioni del 10 giugno 2020 dimostrano l’inaffidabilità del i,
COGNOME circa il patto raggiunto tra COGNOME ed esponenti del RAGIONE_SOCIALE COGNOME alla luce dell’assenso mostrato dal COGNOME per il tentativo di omicidio del COGNOME ad opera dei f.11i COGNOME, intranei al nuovo RAGIONE_SOCIALE denominato “RAGIONE_SOCIALE“.
Ha errato, pertanto, il Tribunale nel ritenere che prima della scarcerazione del COGNOME la spartizione delle attività estorsive fosse già stata oggetto di discussione tra il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed esponenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non avendo considerato gli elementi offerti dalla difesa a sostegno della estraneità del ricorrente al reato associativo; né ha tenuto conto che dal giorno della sua scarcerazione (11/11/2019) il ricorrente è stato sottoposto alla libertà vigilata, revocata il 20 novembre 2023 per assenza di elementi di conferma di collegamenti con la RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Con il secondo motivo si censura la mancanza di attualità delle esigenze cautelari alla luce del provvedimento prima indicato che attesta l’assenza di contatti o controlli con persone legate all’associazione RAGIONE_SOCIALE e della recente ordinanza emessa il 16 novembre 2021 a carico i affiliati al RAGIONE_SOCIALE che non menziona affatto il ricorrente.
Anche per le due conversazioni del 25 febbraio 2020, valorizzate nell’ordinanza, il Tribunale non spiega quale sia la fonte di conoscenza del COGNOME, nonostante risulti chiaramente che prima del 13 marzo 2020 non conosceva NOME COGNOME e che aveva tentato in precedenza, ma inutilmente, di interfacciarsi con ben tre appartenenti al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, tra i quali non vi era il ricorrente, sicché non è chiarito come potesse affermare che il COGNOME stava commettendo estorsioni con l’appoggio di NOME con la barba.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti, poiché solo formalmente denuncia vizi deducibili in questa sede, sollecitando, invece, una diversa lettura dei dati probatori e, in particolare, delle conversazioni intercettate, asseritamente travisate dal Tribunale.
E’ noto che in materia cautelare a questa Corte è preclusa la revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e la rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame, essendo il controllo di legittimità limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica
COGNOME
L
e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie(Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828), certamente riscontrabile nel caso in esame.
Occorre, COGNOME inoltre, COGNOME premettere COGNOME che, COGNOME in COGNOME materia COGNOME di COGNOME intercettazioni, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui sono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337).
Va, ancora, osservato che, a fronte di un complesso compendio probatorio, non ci si può limitare, come nel ricorso, ad un’analisi parcellizzata e frazionata degli elementi indiziari né procedere ad una mera sommatoria degli stessi, occorrendo, invece, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne l’intrinseca valenza dimostrativa e successivamente procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la astratta ambiguità di ciascuno di essi isolatamente considerato, possa risolversi in una visione unitaria.
A tali principi si è attenuto il Tribunale, che ha offerto una ricostruzione lineare e logica dei fatti in base alla coordinata lettura delle conversazioni intercettate, contestualizzandole nell’ambito dei nuovi equilibri criminali determinatisi sul territorio e nella storia personale del ricorrente, già condannato per il reato di cui all’art 416-bis cod. pen.
2. Ribadito che l’interpretazione dei colloqui intercettati è censurabile in cassazione solo nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile, il che nella fattispecie non è, il ricorso ne propone una lettura parcellizzata e orientata, contestando, in primo luogo, l’identificazione del ricorrente, ma la contestazione è del tutto generica e non considera che il collaboratore COGNOME ha identificato il ricorrente in “NOME con la barba” e lo ha riconosciuto fotograficamente (v. pag. 5 ordinanza impugnata); trascura, inoltre, che l’indicazione è affidabile, essendo COGNOME un appartenente al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che ha anche indicato i componenti apicali del RAGIONE_SOCIALE e ammesso le proprie responsabilità anche nelle estorsioni commesse ai danni di impresari RAGIONE_SOCIALE.
La prospettazione difensiva prescinde, inoltre: a) dal contesto svelato dalle indagini e dalla ricerca di nuovi equilibri tra i RAGIONE_SOCIALE storicamente presenti nel territorio, dopo la scarcerazione del reggente del RAGIONE_SOCIALE COGNOME, e il RAGIONE_SOCIALE emergente- cd RAGIONE_SOCIALE-, interessato ad inserirsi nel settore delle estorsioni ai danni delle imprese RAGIONE_SOCIALE anche con contrapposizione armata (v.
4 COGNOME
pag. 3 ordinanza impugnata); b) dalla storia personale del ricorrente, affiliato storico del RAGIONE_SOCIALE sin dal 1986 e già condannato per la partecipazione a detto RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 2002 nonché per il ruolo di killer svolto unitamente ad altri appartenenti al RAGIONE_SOCIALE per l’omicidio di COGNOME NOME (v. pag. 4); c) da affermazioni di COGNOME NOME, esponente di spicco del RAGIONE_SOCIALE, di cui si sostiene l’inaffidabilità, senza, tuttavia, argomentarla specie a fronte della chiarezza dei colloqui intercettati, riportati nell’ordinanza
Il Tribunale ha coerentemente ritenuto che da essi emergesse chiaramente che, anche dopo la detenzione trentennale subita, il ricorrente, appena scarcerato nel novembre 2019, aveva ripreso il suo ruolo di referente del RAGIONE_SOCIALE nei rapporti con gli esponenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la gestione delle estorsioni, attivandosi, in particolare, per trovare soluzioni concordate nella ripartizione dei profitti prima della scarcerazione del COGNOME (avvenuta il 24 febbraio 2020), al quale aveva poi lasciato la gestione degli affari. Risulta, infatti, che prima del febbraio 2020 il ricorrente curava gli interessi del RAGIONE_SOCIALE nel settore delle estorsioni, tant’è che COGNOME NOME affermava che dietro NOME COGNOME– giovane emergente del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE-, che chiedeva le tangenti, c’era il ricorrente, il quale era intervenuto per proporre ai titolari delle pompe RAGIONE_SOCIALE di versare una quota fissa mensile in proporzione ai servizi svolti, come già accadeva per il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (pag. 6 -9 ordinanza).
Il Tribunale ha attribuito particolar rilievo alla capacità del ricorrente d prevenire contrasti e l’attenzione delle forze dell’ordine, imponendo le stesse condizioni alle vittime ed una divisione in parti uguali dei profitti, tant’è c anche il RAGIONE_SOCIALE nel riorganizzare il settore avrebbe condiviso e conservato lo stesso metodo, riconoscendo l’importante ruolo svolto dal ricorrente, chiamato a partecipare all’incontro successivo a quello del 16 marzo 2020: ruolo riconosciuto anche dal COGNOME, che, in vista di detto incontro, confermava al COGNOME che si trattava di “discorsi già parlati, lo sa pure o NOME (Palumbo NOME), lo sa NOME con la barba. E ci da… NOME rimase che faceva 150 a noi e 1.550 a voi” (v. pag. 12).
Come correttamente ritenuto dal Tribunale (pag. 15) tale dato smentisce la tesi difensiva dell’estraneità ai fatti del ricorrente, provando, invece, che un accordo preesisteva e che ad esso aveva contribuito il ricorrente.
A smentire ulteriormente la tesi difensiva, secondo la quale, in base alle dichiarazioni di COGNOME, subito dopo la scarcerazione, il COGNOME avrebbe estromesso il ricorrente dal RAGIONE_SOCIALE, è la circostanza che il COGNOME ne avesse previsto la partecipazione anche all’incontro successivo nonché la partecipazione del ricorrente anche alla estorsione ai danni dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, oggetto del capo 6) dell’imputazione provvisoria (pag. 16), ignorata nel
ricorso, pur trattandosi di impresa da epoca risalente sottoposta a estorsione dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -come ammesso dal collaboratore- e anche dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il cui titolare si era rivolto proprio al ricorrente per sottrarsi alle minacce del COGNOME.
Il ricorso trascura, inoltre, la rilevanza del colloquio in cui il Gal ammetteva di aver appreso dal COGNOME dell’intervento del ricorrente- che aveva modificato e rinnodulato la richiesta estorsiva del COGNOME, riconducendola ad una quota fissa, pari a quella versata all’altro RAGIONE_SOCIALE– e del ruolo riconosciutogli di referente del RAGIONE_SOCIALE NOME (“se poi è andato da NOME significa che parlano a nome loro”, v. pag. 18 ordinanza).
Alla luce della rilevanza del contributo offerto dal ricorrente nella gestione e riorganizzazione del settore delle estorsioni risulta pienamente giustificata la ritenuta partecipazione associativa del ricorrente e l’importanza del ruolo svolto in attesa della scarcerazione del COGNOME, che avrebbe assunto la reggenza del RAGIONE_SOCIALE, per l’opera di intermediazione e pacificazione svolta con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, proponendo la formazione di una cassa comune in cui far confluire i proventi delle estorsioni alle ditte di RAGIONE_SOCIALE.
In base a tali elementi è stata coerentemente considerata irrilevante la circostanza che il primo incontro tra il COGNOME e il COGNOME fosse avvenuto il 13 marzo 2020, avendo il COGNOME stesso riconosciuto che si trattava di esponenti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, titolati ad intervenire in una questione rilevante e di interesse di entrambi i RAGIONE_SOCIALE; altrettanto, coerentemente si è ritenuto che il contrasto tra il COGNOME e il ricorrente, riferito dal collaboratore, non avesse fatto venir meno l’affiliazione del ricorrente, avendo soltanto comportato l’assunzione di una posizione diversa e più defilata durante la reggenza del RAGIONE_SOCIALE (v. pag. 20).
Risulta, pertanto, giustificata dall’importanza del ruolo attivo svolto durante l’assenza del reggente del RAGIONE_SOCIALE la ritenuta partecipazione associativa del ricorrente, essendosi tradotto il suo intervento nel settore delle estorsioni in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della RAGIONE_SOCIALE (Sez. 6, n. 40746 del 24/6/2016, COGNOME, Rv. 268325; Sez. 1, n. 25799 del 8/1/2015, COGNOME, Rv. 263935), in linea con la dimensione dinamico-funzionale della condotta partecipativa mafiosa delineata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, Rv. 231670).
Del tutto infondato è anche il secondo motivo alla luce della congrua motivazione resa dal Tribunale, che ha ritenuto persistente il pericolo di reiterazione in ragione della risalente appartenenza al RAGIONE_SOCIALE, non stroncata neppure dalla detenzione trentennale, ma, anzi, subito riattivata; della
permanenza dei contatti con altri appartenenti al RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE nonché della dimostrata capacità di mediare e proporre accordi e persino di opporsi alla strategia del reggente per mancata condivisione dell’opzione per la contrapposizione armata con gli altri RAGIONE_SOCIALE, considerando non decisivo il recente provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, in quanto all’evidenza fondato su elementi diversi da quelli emersi nel procedimento in esame, invece, dimostrativi dell’immediato reinserimento del ricorrente nelle fila dell’associazione di appartenenza.
A differenza di quanto dedotto nel ricorso, la motivazione resa in punto di esigenze cautelari e di attualità delle stesse è completa, non essendosi il Tribunale limitato a richiamare la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ma ha argomentato sull’inidoneità degli elementi addotti dalla difesa vincerla, attribuendo rilievo alla gravità dei fatti, alla personalità negativa del ricorrent alla professionalità dimostrata nella gestione non episodica degli affari del RAGIONE_SOCIALE ed alla provata permanenza dei rapporti con l’associazione mafiosa, dimostrativi, in concreto, della inalterata stabilità del vincolo associativo.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 25/06/2024.