Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7739 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7739 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a ACERRA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/08/2023 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; CUL riLl ri udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME, in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME, che si è riportato ai ricorsi, oltre che alla memoria depositata a mezzo p.e.c. il 22/11/2023, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, con l’ordinanza emessa il 3 agosto 2023, confermava il provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale partenopeo, anche nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, ritenuti gravemente indiziati rispettivamente dei delitti previsti dagli artt. 416-bi cod. pen. (il solo COGNOME), 74 d.P.R. 309/90 aggravato dall’art. 416-bis 1 cod. pen. (entrambi), 73 d.P.R. 309/90 (per COGNOME contestato al capo 6, per COGNOME al
capo 13), 10, 12 e 14 I. 497/74, aggravati dall’art. 416-bis 1 cod. pen. (per il solo COGNOME).
I ricorsi, proposti con unico atto, nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME constano di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
I motivi vanno esposti congiuntamente, in quanto intimamente connessi, e denunciano violazione di legge e vizio di motivazione.
3.1 Quanto a COGNOME, il Tribunale del riesame avrebbe violato gli artt. 273 e 192 cod. proc. pen. in quanto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME non corrisponderebbero altri elementi di prova, tanto più che il dichiarante non indica COGNOME come associato mafioso, ma genericamente come interessato al traffico di stupefacenti.
In ordine alla associazione di stampo camorristico, COGNOME il ritenuto accompagnamento da parte di COGNOME del capoRAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME a Roma, non sarebbe corredato da una motivazione congruente in ordine alla causale dell’incontro con tale «NOME» di Castellammare, alla identità di costui, all’effettivo ruolo di autista del COGNOME, non risultando adeguatamente identificativo il riferimento a “NOME“, né comprovata la partecipazione all’incontro in sé e la consapevolezza del COGNOME quanto alla natura criminale dello stesso: ciò quand’anche si ritenesse comprovato che il ricorrente avesse operato come autista.
L’accompagnamento ulteriore dell’COGNOME, presso un esponente della famiglia COGNOME a Roma, viene attribuito a COGNOME senza accertamento antropometrico e senza la certezza che l’auto utilizzata, marca BMW, fosse effettivamente quella in uso al ricorrente, tanto più che l’accompagnamento dovrebbe farsi risalire a un rapporto parentale – e non criminale – fra COGNOME e COGNOME, come emerge dalla circostanza che il primo chiama il secondo ‘zio’.
Anche la condotta di COGNOME, che acquista da COGNOME lo stupefacente, è un episodio isolato e non è adeguato a comprovare la gravità indiziaria della partecipazione all’associazione criminale, in quanto di natura sinallagmatica.
3.2 Quanto alla gravità indiziaria ritenuta per COGNOME, il ricorrente lamenta che l’esame complessivo delle conversazioni intercettate avrebbe dovuto condurre il Tribunale del riesame a ritenere equivoco il quadro indiziario, sia in ordine ai delitti afferenti alle armi, sia anche in ordine alla condotta contestata al capo 13, in quanto non è chiaro dalla captazione se COGNOME fosse l’acquirente o il fornitore, il che ne esclude la qualifica di associato al gruppo criminale, trattandosi
di rapporto sinallagmatico e, comunque, non essendovi certezza della affectio societatis né tantomeno che il citato NOME sia COGNOME, senza che l’ordinanza impugnata abbia dato risposta sul punto.
Il ricorso è stato trattato con intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
571 Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale dottAvAVV_NOTAIO GItinticit fkatela, chiedeva dichiararsi inammissibile i ricorsi, in quanto recanti censure di merito a fronte di una congrua motivazione offerta dall’ordinanza impugnata.
Il difensore dei ricorrenti, avvocato NOME COGNOME, evidenziava come la Procura generale non avesse distinto le posizioni dei due ricorrenti, argomentando ulteriormente quanto alle doglianze mosse con i ricorsi, dei quali chiedeva l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Va delineato preliminarmente l’ambito di delibazione del giudizio di legittimità nel caso in esame.
E’ stato autorevolmente affermato come in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetti il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, e hanno posto in evidenza come la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, debba essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, Sentenza n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Pertanto, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, spetta questa Corte la verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976).
3. Va inoltre evidenziato come il Tribunale del riesame riepiloghi il contesto nel quale sono inserite le condotte in esame, tenendo in conto la personalità del capo del RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME: condannato alla pena di trenta anni di reclusione con sentenza definitiva per omicidio, associazione di stampo camorristico e finalizzata al traffico di stupefacenti, nonché per altri delitti fine, veniva scarcera in data 8 febbraio 2020.
Le censure non vengono rivolte alla sussistenza delle due associazioni criminali contestate, quella di stampo camorristico e quella finalizzata al narcotraffico, ma solo agli elementi indiziari gravi relativamente alla partecipazione agli stessi sodalizi da parte di COGNOME e COGNOME nei termini sopra indicati.
Va premesso che il Tribunale del riesame evidenzia anche come uno dei delitti fine del RAGIONE_SOCIALE COGNOME fosse da individuarsi proprio nell’associazione finalizzata al narcotraffíco, consumato il reato attraverso la fornitura imposta alle piazze di spaccio, e non quindi con la eccessivamente pericolosa gestione diretta. Ciiò emergeva sia dal dichiarato di COGNOME, sia anche dalle conversazioni intercettate presso l’abitazione del capoRAGIONE_SOCIALE e fra NOME COGNOME e NOME COGNOME il 1 settembre 2022, allorquando si rimarcava la necessità che lo spaccio di droga non fosse collegato al nome degli COGNOME. Si trattava di una precauzione
che andava comunicata, con l’ordine di omettere ogni riferimento al capoRAGIONE_SOCIALE e alla sua famiglia, a NOME e NOME, appunto COGNOME e COGNOME, coinvolti nel narcotraffico.
3.1 Il coinvolgimento di COGNOME, secondo il Tribunale del riesame, scaturiva anche dalle conversazioni dello stesso con NOME COGNOME, figlio del capoRAGIONE_SOCIALE, allorquando i due discutevano del quantitativo e del tipo di stupefacente, in data 28 giugno 2022, come pure da altra conversazione fra i due COGNOME, nel corso della quale il figlio riferiva al padre di avere interpellato NOME quale esperto, proprio per verificare la qualità dello stupefacente, trattandosi di una partita che aveva la caratteristica di perdere peso, essendo stata posta in un panno dopo la lavorazione, aveva chiarito proprio COGNOME.
A fronte di queste emergenze, il Tribunale richiama poi quanto emerge in ordine al capo 13, accertato sulla scorta di altra conversazione nel corso della quale NOME COGNOME riferiva al padre NOME delle plurime cessioni avvenute in favore di NOME, per altro esplicitamente accusato da NOME, in uno a COGNOME, di essere fra coloro che vendevano la droga alle piazze di spaccio.
E bene, da tali argomenti il Tribunale del riesame congruamente e senza manifeste illogicità trae la sussistenza dei gravi indizi per COGNOME in ordine al delitto associativo in tema di stupefacenti.
A fronte di tali emergenze, il motivo del ricorso nell’interesse di COGNOME è per un verso aspecifico, per altro manifestamente infondato, oltre che non consentito.
E’ aspecifico non confrontandosi con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che trae dalle conversazioni intercettate gli elementi indiziari gravi e poi valuta in aggiunta le convergenti dichiarazioni di NOME, collegandole in rapporto di reciprocità per delineare il globale quadro indiziario.
E’ manifestamente infondato il motivo, inoltre, allorché rileva come la cessione di stupefacenti sia occasionale e sinallagmatica, ma non elemento attestante la partecipazione all’associazione ex art. 74 d.P.R. 309/90. A ben vedere il Tribunale richiama conversazioni e la stessa dichiarazione di COGNOME che palesano l’espletamento da parte di COGNOME di una stabile funzione di traitd’union fra il RAGIONE_SOCIALE e le piazze di spaccio, dunque un contributo essenziale per il delitto associativo ex art. 74 cit.
E d’altro canto, come è noto, tale conclusione è in linea con il principio consolidato per cui integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori, che immettono la droga nel consumo al minuto (come è per chi gestisce una piazza di spaccio), sempre che si accerti la
coscienza e volontà di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, COGNOME, Rv. 279249 01; Sez. 6, n. 41612 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 257798 – 01; mass. conf. N. 15740 del 2003 Rv. 226813 – 01, N. 3509 del 2012 Rv. 251574 – 01, N. 6261 del 2013 Rv. 254498 – 01).
Per altro, per l’associazione per delinquere ‘semplice’ si è evidenziato come singoli episodi di condotte illecite possano essere valutate in proiezione dinamica, anche quanto alla prova della esistenza del sodalizio e, quindi, del ruolo in esso svolto da un indagato (Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, Forti, Rv. 269937 – 01).
Analogo principio è stato declinato in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, ritenendo le Sezioni Unite consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. U, Sentenza n. 10 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218376 – 01; Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670 – 01), poiché la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza dinamica, intesa come « prendere parte», purché si tratti di indizi gravi e precisi, tra i quali, esemplificando, rientra anche la commissione di delitti-scopo, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670 – 01).
Inoltre, analogo principio la Corte di cassazione ha formulato anche in relazione alla esistenza e alla partecipazione all’associazione criminale dedita al narcotraffico, come quella per la quale COGNOME è stato ritenuto partecipe, affermando che a fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione, grava sul singolo la prova che il suo contributo non è dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505 – 02; Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, COGNOME, Rv. 265346 – 01), tanto più che ai fini della configurabilità del reato di partecipazione a un’associazione per delinquere non rileva la durata del vincolo tra il singolo e l’organizzazione, potendo ravvisarsi il reato anche in una partecipazione
di breve periodo (Sez. 1, Sentenza n. 5445 del 07/11/2019, dep. 11/02/2020, Rv. 278471 – 01).
Pertanto, alcuna manifesta illogicità o incongruità, ovvero carenza di motivazione, si coglie nella motivazione impugnata in relazione alla natura del quadro indiziario grave richiesto in questa fase.
Quanto alla censura riguardante l’attribuzione del diminutivo NOME, tratto dalle conversazioni intercettate, all’indagato NOME COGNOME, risulta per un verso non consentita in quanto inedita, poiché nella memoria depositata nel corso dell’udienza del riesame, nessuna doglianza viene rivolta alla menzionata attribuzione. Per altro verso è smentita dalla motivazione impugnata, in quanto in una delle conversazioni richiamate è proprio COGNOME che interloquisce personalmente con NOME COGNOME in data 28 giugno 2022, discutendo di stupefacenti (..stiamo pieni di droga..) e riferendo il secondo il commento del padre riguardante proprio COGNOME, chiamato NOME, appunto (cfr. ordinanza impugnata fol. 7).
Anche le doglianze rivolte all’interpretazione delle conversazioni intercettate, pure in ordine ai delitti relativi alle armi, non sono consentite in quanto, pur quando il linguaggio è criptico o cifrato, l’interpretazione è questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 – dep. 28/05/2015, Sebbar, Rv. 26371501): nel caso in esame le censure non superano la soglia della genericità, non deducono specifiche ragioni di manifesta illogicità nell’interpretazione, né rappresentano travisamento della prova, per il quale comunque difetterebbe l’autosufficienza del ricorso, in quanto il testo delle conversazioni non risulta né allegato né indicato alla cancelleria per l’allegazione.
3.2 In merito a NOME COGNOME, le doglianze rivolte all’assenza di riscontri relativamente alle dichiarazioni di COGNOME, che indica anche COGNOME come traitd’union fra gli COGNOME e le piazze di spaccio, non si confrontano con la conversazione in ambientale del 13 aprile 2022 fra i medesimi COGNOME, nel corso della quale anche NOME COGNOME viene indicato, insieme a NOME COGNOME, come colui al quale deve essere richiesto, proprio per il ruolo che svolge, di non spendere il cognome degli COGNOME in occasione delle forniture di stupefacente. Né il ricorso si confronta in modo specifico con la circostanza, riportata dall’ordinanza impugnata, che il 28 giugno 2022 NOME COGNOME e COGNOME discutono della necessità di gestire il mercato contro la concorrenza, risultando che tale tema fosse stato già oggetto di conversazione fra COGNOME e terzi fra i quali COGNOME. A tali elementi si aggiungono anche le conversazioni relative alla
condotta ex art. 73 d.P.R. 309/90, contestata al capo 6, relativa alla fornitura che NOME effettuava a COGNOME di 50 grammi di cocaina.
Valgono anche per COGNOME le valutazioni di genericità e manifesta infondatezza del ricorso, a fronte dei descritti principi in ordine al rapporto fra fornitore e fornito, che integra la partecipazione al sodalizio ex art. 74 d.P.R. 309/90.
Né affetta da illogicità manifesta o errata interpretazione è la motivazione impugnata, nella parte in cui ritiene la sussistenza della gravità indiziaria anche in relazione al delitto ex art. 416-bis cod. pen.
Il Tribunale del riesame per un verso valorizza i due accompagnamenti del capoRAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME in auto a Roma, effettuati da COGNOME, ruolo fiduciario ritenuto senza illogicità manifeste sintomatico di partecipazione al RAGIONE_SOCIALE COGNOME e che, inoltre, riscontra le dichiarazioni di COGNOME, che riferisce che il ricorrente sia rientrato in Italia dalla Germania per ‘lavorare’ con COGNOME.
A ben vedere, a differenza di quanto evidenziato con il ricorso, l’esistenza di una relazione parentale non neutralizza la partecipazione al sodalizio, in quanto il vincolo di consanguineità e l’affectio familiae conseguente, a ben vedere, non risultano fattori neutri in sede penale, dovendo ritenersi che in tema di associazione per delinquere, l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso (Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 268184 – 01; mass. conf. N. 2772 del 1995 Rv. 201353 – 01, N. 35992 del 2011 Rv. 250773 – 01, N. 49007 del 2014 Rv. 261426 – 01).
Anche le doglianze relative ai due accompagnamenti assicurati da COGNOME al capo RAGIONE_SOCIALE COGNOME risultano non consentite così come poste, in quanto le censure all’interpretazione delle intercettazioni, per quanto già osservato, sono generiche e non configurate quali travisamenti, mentre congrua è l’attribuzione di rilevanza di tale ruolo di autista a COGNOME, servente il capoRAGIONE_SOCIALE, espressivo comunque di un contributo fiduciario, essendo irrilevante chi sia stato l’interlocutore di COGNOME negli incontri e quale sia il contenuto degli stessi, risultando decisiva la circostanza che COGNOME abbia accompagnato COGNOME, capo RAGIONE_SOCIALE, scarcerato dopo 30 anni di detenzione.
Per altro, non solo i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. 1, n. 4071 del 04/05/2018, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278583 – 01; conf. N. 17702 del 2010 Rv. 247059 – 01, N. 11356 del 2018 Rv. 272524 – 01, N. 4651
del 2010 Rv. 245875 – 01, N. 46301 del 2013 Rv. 258163 – 01, N. 36692 del 2012 Rv. 253892 – 01, N. 41736 del 2018 Rv. 274077 – 02, N. 31908 del 2019 Rv. 276469 – 01, N. 563 del 2016 Rv. 265762 – 01), ma il Tribunale del riesame anche correttamente richiama Sez. 2, n. 36692 del 22/05/2012, Abbrescia, Rv. 253892 – 01, che declinando il principio generale, sopra richiamato quanto a COGNOME, della rilevanza probatoria della commissione dei delitti fine ai fini dell’accertamento del prendere parte dell’associazione mafiosa, afferma che il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso si configura anche per i soggetti impegnati esclusivamente nel traffico di sostanze stupefacenti, se consapevoli che questo è gestito dall’associazione mafiosa, perché contribuiscono causalmente alla realizzazione di una delle finalità tipiche del predetto sodalizio criminale.
Su tale principio non vi è uno specifico confronto del motivo di ricorso.
Anche la doglianza relativa all’identità del NOME citato nelle conversazioni intercettate risulta, come quella analoga per COGNOME, inedita, non essendo mai formulata dinanzi al Tribunale del riesame e quindi non consentita.
A tal riguardo, va premesso che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, «deve ritenersi sistematicamente non consentita (non soltanto per le violazioni di legge, per le quali cfr. espressamente art. 606, comma 3, c.p.p.) la proponibilità per la prima volta in sede di legittimità, con riferimento ad un capo e ad un punto della decisione già oggetto di appello, di uno dei possibili vizi della motivazione con riferimento ad elementi fattuali richiamabili, ma non richiamati, nell’atto di appello: solo in tal modo è, infatti, possibile porre rimedio al rischio concreto che il giudice di legittimità possa disporre un annullamento del provvedimento impugnato in relazione ad un punto della decisione in ipotesi inficiato dalla mancata/contraddittoria/manifestamente illogica considerazione di elementi idonei a fondare il dedotto vizio di motivazione, ma intenzionalmente sottratti alla cognizione del giudice di appello. Ricorrendo tale situazione, invero, da un lato il giudice della legittimità sarebbe indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice d’appello, dall’altro, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza d’appello con riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi fattuali che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale rivolta alla Corte di appello, ma siano stati richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione» (così Sez. 2, n. 32780 del 13/07/2021 , COGNOME, Rv. 281813; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in motivazione; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279903; Sez. 3, n. 57116 del
29/09/2017, COGNOME., Rv. 271869; Sez. 2 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368).
Ne consegue la inammissibilità complessiva dei ricorsi.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna delle parti ricorrenti, a sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), a pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 01/12/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente