Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 616 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 616 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Belvedere Marittimo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro che ha confermato l’ordinanza emessa il 17 aprile 2024 dal GIP del medesimo Tribunale, applicativa della misura custodiale per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 90, rispettivamente contestati ai capi 1), 82), 86), 88) dell’imputazione provvisoria.
Il ricorso articola i seguenti motivi.
1.1. Con il primo motivo si denunciano violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla condotta di partecipazione associativa del ricorrente, fondata solo sul coinvolgimento in tre acquisti di sostanza stupefacente da COGNOME NOME, coindagato in posizione apicale di altro gruppo, appartenente allo stesso “RAGIONE_SOCIALE” nel brevissimo arco temporale dal 24 luglio al 5 agosto 2020, individuando nella circostanza che avesse agito per conto di COGNOME NOME, presunto capo di altra articolazione dell’associazione, l’unico elemento indicativo della partecipazione. Si precisa che il ricorrente è cognato del COGNOME e il coinvolgimento con questi in altri episodi di cessione (oggetto dei capi 74, 78 e 397) e quelli per i quali si procede separatamente, ne dimostrano la vicinanza, ma non l’adesione all’organizzazione capeggiata dal cognato, non potendosi fondare su pochi episodi e sui rapporti con il COGNOME la posizione di stabile detentore e pusher ascrittagli. Anche le dichiarazioni del collaboratore COGNOME NOME non apportano elementi utili, essendo generiche e indeterminate quanto all’epoca dei fatti riferiti; inoltre, il Tribunale non ha motivato sull’estorsione di cui fu vittima il ricorrente su mandato del COGNOME per recuperare il credito di una fornitura di cocaina, pur trattandosi di circostanza potenzialmente decisiva ai fini del ridimensionamento dell’accusa.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia l’erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione in relazione ai reati di cessione commessi in concorso con il COGNOME di cui ai capi 74,78 e 397 per carenza di gravità indiziaria, desunta da conversazioni e videoriprese prive di riscontri e generiche tanto da non consentire di capire di quale tipo e quantità di sostanza si tratti; criptico è colloquio con il cognato relativo al capo 397, la cui traduzione è insufficiente a fondare la gravità indiziaria.
1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’aggravante mafiosa contestata, non essendo chiarito sotto quale profilo né in che modo l’associazione mafiosa e quella dedita al narcotraffico abbiano interagito ed in che misura il ricorrente abbia contribuito.
1.4. Con l’ultimo motivo si denuncia la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione in punto di scelta della misura, in particolare, sulla ritenuta inidoneità della misura degli arresti domiciliari con presid elettronici di controllo e con limiti di comunicazione ad inibire la ripresa de contatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità dei motivi, aspecifici nonché diretti a proporre una lettura alternativa e riduttiva dei colloqui intercettati
fronte di quella lineare e coerente con il contesto svelato dalle indagini effettuata nell’ordinanza.
2. Nell’esaminare la posizione dell’indagato il Tribunale muove dallo scenario emerso dalle indagini e dalla struttura verticale dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, facente capo al COGNOME e ai suo luogotenenti, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME NOME, a loro volta a capo di sottogruppi in grado di gestire e controllare piazze di spaccio. Proprio riferendosi al COGNOME il collaboratore NOME COGNOME aveva parlato del COGNOME, insieme al quale aveva fatto un recupero crediti per conto del COGNOME e lo aveva descritto come uno spacciatore di cocaina per vari gruppi Italiani (distinti dagli Zingari, che ugualmente trafficavano in sostanze stupefacenti), ricordando che aveva coinvolto anche il padre ottantenne nei suoi traffici al punto che questi era stato costretto a vendere l’attività per i debiti di droga del figlio: su questo punt si sarebbe ottenuto specifico riscontro nell’episodio oggetto del capo 397), quando sarebbe stato proprio il padre del ricorrente a recarsi dal COGNOME e ad essere poi trovato in possesso di circa 5 grammi di cocaina appena ricevuti per conto del figlio.
La figura del COGNOMECOGNOME emersa come quella di organizzatore cli un’articolazione dell’associazione, facente capo al COGNOME ed operante in COGNOME e comuni limitrofi, aveva nei familiari i principali collaboratori, nella su abitazione la base logistica dell’attività di cessione e godeva di una discreta autonomia nelle forniture, potendo rifornirsi da NOME COGNOMECOGNOME elemento cli vertice e di elevato spessore criminale, vicino al COGNOMECOGNOME dal quale si approvvigionava proprio tramite il ricorrente. L’ordinanza descrive (pag.4) le fasi dell’acquisto di stupefacente curate dal ricorrente, recatosi presso l’abitazione del COGNOME, al quale riferiva delle criticità del rapporto con il COGNOME che aveva fornito sostanza tagliata con pillole, di cui i clienti si erano lamentati, mentre COGNOME aveva chiarito di usare solo mannite: l’episodio, ritenuto dimostrativo della capacità del ricorrente di interloquire con un boss e di riferirgli dell problematiche insorte con altri sodali, correttamente è stato considerato di estremo rilievo in chiave associativa.
Il successivo episodio in cui era coinvolto il padre del ricorrente, seguiva i contatti con il COGNOME e portava al sequestro di 5 grammi di cocaina, richiesti dal COGNOME, oltre a quelli rinvenuti nell’abitazione del ricorrente per un quantitativo utile a confezionare 23 dosi di cocaina (pag.5).
A riprova dell’adesione del ricorrente alle scelte strategiche del cognato, l’ordinanza riporta i contatti e i rapporti con la compagna dello COGNOME, cui il COGNOME si era avvicinato dopo essersi allontanato dal COGNOME (pag.5); dà conto delle schede procurate e consegnate alla donna, come visto dagli operanti
nel corso del servizio di osservazione predisposto, e di una identica consegna effettuata il 9 maggio 2023 dopo quella del novembre 2022, come dimostrato dalla circostanza che subito dopo lo COGNOME utilizzava una nuova utenza (pag.6).
Se a ciò si aggiungono le cessioni effettuate dal COGNOME, monitorate sin dal maggio 2020 anche tramite videoriprese, che documentavano i contatti del ricorrente con gli acquirenti del cognato per le consegne o la riscossione del prezzo (pag.3), la consegna effettuata in piena notte su disposizione del cognato, come ribadiva alla moglie, ed al quale doveva consegnare il ricavato (capo 74, pag.6-7); quella effettuata il 21 giugno 2020, ugualmente in piena notte, ad un cliente del COGNOME (capo 78, pag.7) e la fornitura oggetto del capo 397), trasportata dal padre, ma sequestrata nel corso del controllo (pag. 7), non solo risulta smentita l’obiezione difensiva circa la mancanza di riscontri dell’attività di cessione o di sequestri, ma anche di elementi idonei a provare indiziariamente in questa fase cautelare la partecipazione associativa del ricorrente, riduttivamente collegata al rapporto di parentela con il COGNOME.
Come, già detto, risultano qualificanti della partecipazione associativa i rapporti con il COGNOME e con la compagna dello COGNOME, in quanto idonei a dimostrare che, nel corso del tempo e ben oltre il limitato periodo indicato nel ricorso, il ricorrente ha seguito le scelte del cognato e collaborato con i nuovi alleati, a riprova del rapporto fiduciario e dell’affidamento in lui riposto incompatibile con la posizione di un estraneo. L’assoluta disponibilità ad eseguire in piena notte viaggi per effettuare consegne per conto del COGNOME lo conferma al pari delle stesse modalità nonché della frequenza delle cessioni e dei rapporti con gli altri associati.
Ne deriva la corretta valutazione relativa alla partecipazione associativa del ricorrente, all’evidenza consapevole e disposto a contribuire attivamente al traffico illecito ed alla realizzazione del programma criminoso con stabilità e durevole apporto.
Alla luce di quanto esposto risultano del tutto generici e infondati i motivi relativi alla partecipazione associativa del ricorrente e al concorso nell’attività di cessione di cocaina.
Il terzo motivo relativo all’aggravante mafiosa, pacificamente contestata nella doppia declinazione per essere l’associazione in esame servente rispetto a quella mafiosa, è inammissibile per carenza di interesse, non incidendo la sua eventuale esclusione sul termine di fase della misura cautelare applicata per il reato associativo, più grave (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv.284489, ove si afferma che nel procedimento cautelare sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione ,/
di un’aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull'”an” o sul “quomodo” della misura).
Quanto all’ultimo motivo l’ordinanza si sottrae a censura, avendo il Tribunale giustificato la scelta della misura più rigorosa in ragione del livello di intraneità raggiunto dal ricorrente, in grado di interfacciarsi direttamente con il COGNOME per procacciare sostanza per il cognato e con il nuovo alleato, agevolandolo a schermare le comunicazioni con schede intestate a terzi, dunque, dimostrando capacità, attitudini e spiccata pericolosità, ritenuta non arginabile con misure meno drastiche.
All’inammissibilità del ricorso consegue ex. art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 941, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 5 dicembre 2024
Il consigliere e tensore
/ Il Pr sidente