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Partecipazione ad associazione mafiosa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la misura cautelare in carcere per partecipazione ad associazione mafiosa ed estorsione. La Corte ha stabilito che la valutazione degli indizi non deve essere frammentaria, ma globale. Gli incontri riservati con esponenti di vertice, il ruolo attivo in vicende estorsive e il riconoscimento ottenuto all’interno del clan sono sufficienti a dimostrare un’inserimento stabile nell’organizzazione, anche senza affiliazione formale.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione ad Associazione Mafiosa: La Visione d’Insieme della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26193 del 2024, offre un’importante lezione sul metodo di valutazione della partecipazione ad associazione mafiosa. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: per accertare la gravità indiziaria, non si devono analizzare gli episodi in modo isolato e frammentario, ma è necessaria una valutazione globale e unitaria che ne faccia emergere il significato complessivo. Questo approccio si rivela cruciale nei procedimenti cautelari, dove il giudice deve decidere sulla libertà personale dell’indagato sulla base di elementi non ancora dibattuti in un processo.

Il Contesto: Ricorso contro la Misura Cautelare

Il caso in esame riguarda un ricorso presentato avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame, che aveva confermato una misura custodiale in carcere per i reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e concorso in estorsione aggravata. La difesa dell’indagato contestava la gravità del quadro indiziario, sostenendo che gli elementi raccolti fossero equivoci, incerti e incongruenti. Secondo il ricorrente, ogni singolo episodio poteva avere una spiegazione lecita e alternativa, slegata da un contesto mafioso.

La Tesi Difensiva: Un’Analisi Frammentaria

La difesa aveva tentato di smontare l’impianto accusatorio analizzando ogni singolo evento:
– Un incontro con un noto esponente apicale era stato giustificato come un breve saluto tra parenti.
– Un suggerimento su come organizzare un incontro riservato era stato declassato a un mero consiglio privo di rilevanza associativa.
– La partecipazione a una riunione era stata messa in dubbio per la mancata identificazione del luogo e degli altri partecipanti.
– Il recupero di un escavatore rubato tramite canali informali era stato descritto come un comportamento ‘normale’ per chi vive in determinati contesti.
– Il coinvolgimento in un’unica estorsione era stato etichettato come un contributo occasionale, insufficiente a dimostrare un’appartenenza stabile al sodalizio.

La Valutazione della Partecipazione ad Associazione Mafiosa secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha respinto completamente l’approccio difensivo, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ruolo della Cassazione in materia cautelare non è quello di rivalutare i fatti, ma di controllare la logicità e la coerenza della motivazione del giudice di merito. In questo caso, il Tribunale del riesame aveva operato correttamente, seguendo i principi consolidati dalla giurisprudenza.

L’Importanza della Valutazione Globale degli Indizi

Il punto centrale della decisione è il rifiuto di una valutazione ‘atomistica’ degli indizi. La Corte afferma che è illegittimo analizzare ogni dato singolarmente. È necessario, invece, un esame globale e unitario che, una volta verificata la serietà di ogni singolo elemento, ne chiarisca la portata complessiva e la coerenza rispetto al tema d’indagine. Gli episodi che, presi da soli, possono apparire ambigui, una volta collegati tra loro, possono rivelare un quadro chiaro e univoco di appartenenza al sodalizio criminale.

La “Messa a Disposizione” come Elemento Chiave

La sentenza ribadisce che la condotta di partecipazione ad associazione mafiosa si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa. Questo non richiede necessariamente un’affiliazione formale, ma si concretizza nella ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei suoi fini. Nel caso di specie, proprio la concatenazione degli eventi dimostrava questa piena disponibilità.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame congrua, completa e immune da vizi logici. Il Tribunale aveva valorizzato una serie di elementi che, letti insieme, disegnavano un quadro inequivocabile. Tra questi, gli incontri fugaci e riservati con figure di vertice del mandamento, l’organizzazione di riunioni per la ‘divisione delle zone’, l’affidamento di incarichi delicati come la riscossione di tangenti e la risoluzione di controversie interne, e il riconoscimento esplicito dello status dell’indagato da parte di altri affiliati (‘tu hai carta bianca’).
Inoltre, la capacità dell’indagato di attivare i vertici del clan per risolvere questioni personali, come il recupero di un mezzo rubato, e il suo vantarsi del controllo sul territorio in un determinato settore economico, sono stati considerati indicatori della sua piena intraneità nelle dinamiche mafiose. Per quanto riguarda l’estorsione, il suo contributo non era stato occasionale, ma si inseriva in un’attività vitale per l’associazione, come l’imposizione del ‘pizzo’, strumento di controllo del territorio e di finanziamento.

le conclusioni

La Corte Suprema, dichiarando inammissibile il ricorso, ha confermato un principio cardine nella lotta alla criminalità organizzata: la prova della partecipazione a un’associazione mafiosa si costruisce attraverso la lettura complessiva di una serie di comportamenti, anche apparentemente neutri se considerati singolarmente. La ‘messa a disposizione’ e l’integrazione nelle dinamiche operative del clan sono elementi sufficienti a configurare il reato, anche in assenza di un rito formale di affiliazione. Questa sentenza rafforza gli strumenti degli inquirenti, legittimando un approccio investigativo che guarda al quadro d’insieme piuttosto che perdersi nell’analisi parcellizzata dei singoli indizi.

Per applicare una misura cautelare per partecipazione ad associazione mafiosa, è necessario provare ogni singolo episodio in modo inequivocabile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è illegittima una valutazione frazionata e atomistica dei singoli indizi. È necessario un esame globale e unitario che ne chiarisca la portata complessiva e la congruenza rispetto al tema di indagine.

Un singolo contributo a un’attività del clan, come un’estorsione, è sufficiente per configurare la partecipazione stabile all’associazione?
Da solo, potrebbe non esserlo. Tuttavia, la sentenza chiarisce che un episodio come la consegna dei proventi di un’estorsione, se inserito in un quadro più ampio di rapporti, incarichi e attivismo per il sodalizio, diventa un elemento dimostrativo della partecipazione associativa e non un mero contributo occasionale.

L’assenza di un’affiliazione formale esclude il reato di partecipazione ad associazione mafiosa?
No. La Corte ha ribadito che la condotta si caratterizza per lo ‘stabile inserimento’ dell’agente nella struttura e la sua ‘messa a disposizione’ per i fini del sodalizio. Questi elementi sono sufficienti, anche senza un’affiliazione formale, come dimostrato nel caso di specie in cui all’indagato era stato riconosciuto un ruolo attivo (‘carta bianca’) pur in assenza di affiliazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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