Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26193 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26193 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a COGNOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/02/2024 del Tribunale del riesame di Palermo letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Palermo ha confermato quella emessa il 23 gennaio 2024 dal G.i.p. del medesimo Tribunale, applicativa della misura custodiale per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa, in particolare, alla famiglia mafiosa di COGNOME, ricompresa nel mandamento di San Lorenzo-Tommaso NOME, oggetto del capo 2), e di
concorso in estorsione aggravata ex art. 416 bis. 1 cod. pen. commessa ai danni di un imprenditore non identific to, oggetto del capo 5).
1 VI, Ne chiede l’annullament due motivi.
1.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge e plurimi vizi della motivazione in relazione alla gravità indiziaria del reato associativo, illogicamente desunta da episodi equivoci, connotati da obiettive incertezze e incongruenze.
In particolare, si rileva che: 1) in merito all’incontro del 26 ottobre 2018 tra il ricorrente e COGNOME NOME gli unici dati oggettivi valorizzabili sono costituiti dal rapporto di affinità con il COGNOME (cugino della moglie de ricorrente), dall’allontanamento dal ristorante per recarsi nel vicino capannone nautico insieme al ricorrente e dalla brevissima durata dell’incontro, sicché è illogico ritenerne la natura mafiosa, potendo essere molteplici e lecite le ragioni dell’incontro tra affini; 2) in merito al colloquio del 4 gennaio 2023 nel corso del quale il ricorrente avrebbe suggerito al padre di incontrare NOME presso lo studio del suo legale per non destare sospetti si evidenzia che non vi è prova che l’incontro vi fu e che il mero suggerimento sul modo per eludere le investigazioni non prova la partecipazione associativa; 3) quanto alla partecipazione all’incontro dell’8 marzo 2023 tra il padre e NOME NOME si osserva che lo zio del ricorrente incontrò il NOME NOME pubblica via e gli presentò il ricorrente, che lo fece salire NOME sua autovettura, ma gli inquirenti non accertarono la destinazione sicché non vi è prova che vi fu un incontro riservato né è dato sapere chi vi avesse partecipato; è, inoltre, illogico desumere gli argomenti trattati in detta occasione da colloqui successivi nei quali non si accenna alla riunione dell’8 marzo né la conversazione dell’8 giugno 2023 consente di comprendere la causale della consegna di somme di denaro al COGNOME; 4) quanto all’intervento per ritrovare il proprio escavatore, oggetto di furto, è illogica la conclusione del Tribunale, dovendo, invece, considerarsi normale per un appartenente alla famiglia di COGNOME, che conosce intranei e dinamiche mafiose, attivarsi per ritrovare il proprio mezzo rubato; 5) in merito al colloquio del 2 aprile 2021 con un ignoto interlocutore è stato dimostrato che il ricorrente aveva acquistato un escavatore con cambiali ed era legittimamente alla ricerca di un lavoro; 6) è illogico ritenere che il concorso in una sola estorsione indichi l’affiliazione del ricorrente, non essendo sufficiente un contributo occasionale, peraltro, consistito nella consegna del provento riscosso dal padre ad un esponente del sodalizio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Con il secondo motivo si deducono la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione relativa alla gravità indiziaria del delitto di estorsio commesso in concorso con il padre e il reggente della famiglia di Resuttana.
La gravità indiziaria è stata desunta dal colloquio del 16 marzo 2023 con il padre, unico autore materiale dell’estorsione, che aveva ricevuto il denaro dalla
vittima, sicché il ricorrente non ha fornito alcun contributo o un precedente concorso morale, non potendo il concorso ravvisarsi nella consegna del provento illecito al NOME. Sul punto si segnala che non vi è prova di detta consegna ed è manifestamente illogico desumerla dal colloquio di tre mesi successivo tra il ricorrente e lo zio NOME, che, invece, non consente di individuare la causale della consegna di denaro al NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, risolvendosi i motivi in censure di merito, dirette a contestare la valenza probatoria degli elementi valorizzati nell’ordinanza, dei quali il ricorso opera un’analisi parcellizzata e frazionata, funzionale a destrutturare il ragionamento probatorio del Tribunale, proponendo una lettura alternativa del materiale indiziario e dei fatti.
Tale operazione non è consentita sia in relazione ai limitati poteri di controllo spettanti a questa Corte in materia cautelare, sia al metodo di valutazione della gravità indiziaria.
Quanto al primo profilo, è, infatti, noto che in materia cautelare il controllo di legittimità non si estende alla revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate né alla rivalutazione degli apprezzamenti di merito, di esclusiva competenza del giudice emittente il titolo cautelare e del giudice del riesame, dovendo questa Corte verificare che il giudice abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Quanto al secondo è, altresì, noto che ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, è illegittima una valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire alla verifica della gravità e precisione dei singoli elementi indiziari il loro esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata, dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine (Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020 COGNOME, Rv. 279789 proprio in tema di associazione di tipo mafioso).
Il Tribunale ha reso una motivazione congrua e completa del composito quadro indiziario, fondato su intercettazioni, ambientali e telefoniche, servizi di videosorveglianza e di osservazione, e, dopo aver delineato il contesto svelato dalle indagini, aventi ad oggetto la rinnovata operatività delle famiglie mafiose,
componenti il mandamento mafioso di San Lorenzo-Tommaso NOME, e di alcuni appartenenti alla famiglia mafiosa di COGNOME, già condannati per associazione mafiosa come COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME, padre e zio del ricorrente, ha illustrato gli elementi acquisti a carico del ricorrente spiegandone la significatività in chiave associativa.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto indicativi della intraneità de ricorrente: 1) il fugace incontro del 26 ottobre 2018 con COGNOME NOME, valorizzandone le modalità e la brevissima durata, ragionevolmente ritenute indicative dell’assoluta riservatezza dell’oggetto del colloquio, non affrontabile dinanzi a terzi, specie in ragione della posizione del COGNOME, che insieme ad altri esponenti mafiosi di livello apicale dal maggio 2018 aveva restaurato la Commissione provinciale di “cosa nostra”: ruolo a fronte del quale è stato ritenuto irrilevante il rapporto di affinità con il ricorrente – invece, valorizzato ricorso per sminuire la valenza del dato indiziario – alla luce dell’emerso attivismo del ricorrente, addentro alle dinamiche mafiose e titolato ad interloquire con esponenti di vertice del mandamento; 2) il colloquio del 4 gennaio 2023 con il padre, al quale suggeriva un espediente per incontrare riservatamente NOME senza destare sospetti o attenzioni investigative: dato / questo, ugualmente sminuito nel ricorso, ma svalutando la posizione dell’interlocutore e la consapevolezza della necessità dei due di discutere riservatamente; 3) l’accompagnamento di NOME COGNOME, reggente della famiglia di Resuttana – tratto in arresto il successivo 10 luglio-, alla riunione riservata dell’8 marzo 2023 con il padre, cui si attribuisce rilievo per la consapevolezza del ricorrente della importanza degli argomenti da discutere ricavata dal riferimento del ricorrente alla “divisione delle zone” nel corso del colloquio con il padre in vista dell’imminente riunione (pag. 4-5 ordinanza)-, per le cautele adottate per organizzare l’incontro al quale i partecipi si recarono separatamente e per lo spessore mafioso del COGNOME, all’evidenza titolato a discutere della ripartizione delle competenze tra gli esponenti del mandamento: la mancata individuazione del luogo dell’incontro, segnalata nel ricorso, risulta irrilevante a fronte della effettività della riunione e della rilevanza deg argomenti trattati, ricavate dai colloqui successivi; 4) l’incarico ricevuto nell’occasione dal NOME di chiedere a COGNOME NOME, capo della famiglia mafiosa di COGNOME, di redarguire COGNOME NOME, sottrattosi al versamento di una tangente su una mediazione immobiliare: alla vicenda, narrata dal ricorrente all’amico COGNOME il successivo 22 giugno 2023, è stato coerentemente attribuito rilievo sia per le posizioni apicali degli esponenti delle due famiglie mafiose incontratisi per risolvere la questione, sia per l’affidamento riposto nel ricorrente, che effettivamente era stato in grado di risolvere il problema del NOME (pag. 5 ordinanza); 5) l’ulteriore incarico affidato al ricorrente a seguito della riunione Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dell’8 marzo 2023, consistente nella consegna al NOME dei proventi di una estorsione destinati al reggente del mandamento di Resuttana, COGNOME NOME, e al NOME, riscossi dal padre del ricorrente, insieme al quale discuteva dei ruoli assunti dai due (colloquio del 16 marzo 2023 pag. 6 ordinanza); 6) il colloquio dell’8 giugno 2023 nel corso del quale il ricorrente confermava allo zio COGNOME NOME di aver consegnato al NOME i proventi dell’estorsione (“comunque ricevete di tasca qua a COGNOME” con espressione inequivoca, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso) e gli riferiva di aver manifestato al NOME il proprio disagio per la sua collaborazione attiva in assenza di affiliazione formale, ma di aver ottenuto, ciò nonostante, il riconoscimento della sua intraneità (il NOME gli aveva detto: “no, tu puoi fare quello…”, ” no, tu hai carta bianca”, tanto che lo zio lo esortava a chiedere “armi e persone”, v. pag. 9 ordinanza); 7) il colloquio con il padre del 10 luglio 2023 dal quale risulta la programmazione di un’altra riunione con i vertici del mandamento, arrestati quello stesso giorno – COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ovvero “questi che dovevano venire qua?” (pag. 9 ordinanza) e il timore del ricorrente di essere arrestato proprio a causa dei rapporti avuti con il COGNOME e con il NOME; 8) il coinvolgimento di COGNOME NOME, capo della famiglia di COGNOME, per redarguire il responsabile del furto dell’escavatore del ricorrente, richiesto in occasione del recupero di un credito vantato da un palermitano: la vicenda è valorizzata dal Tribunale (pag. 9-10) in quanto dimostrativa della capacità del ricorrente di interloquire direttamente con il capofamiglia per risolvere una questione personale, nonostante la denuncia sporta, all’evidenza solo formale, tanto da simulare il recupero occasionale del mezzo, invece, concordato con il pregiudicato cui si era rivolto; 9) il colloquio del 2 aprile 2021 nel corso del quale esaltava il suo potere di controllo dei lavori di movimento terra nel territorio di COGNOME (pag. 11) con riferimento inequivoco ai metodi intimidatori da utilizzare per imporre la propria presenza nel settore. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sugli elementi illustrati il Tribunale ha coerentemente fondato il giudizio di gravità indiziaria della partecipazione associativa del ricorrente, attribuendo rilievo ai rapporti con esponenti apicali delle famiglie mafiose del mandamento, alla conoscenza di ruoli, affari e divisione di competenze, compatibili solo con la posizione di intraneo, al ruolo attivo svolto in vicende estorsive e nella organizzazione di riunioni riservate, ma, soprattutto, al riconoscimento ottenuto dal COGNOME, indipendentemente dall’affiliazione formale agognata dal ricorrente, della quale il ricorso tace, trattandosi di indici rivelatori della messa disposizione dell’associazione e della riconosciuta affidabilità del ricorrete, titolato ad interloquire con esponenti di vertice delle altre famiglie.
Ne deriva che, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, ribaditi ancora
di recente, secondo i quali la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889).
È, inoltre, agevole rilevare che le deduzioni difensive, oltre a concentrarsi selettivamente su alcuni degli elementi valorizzati dal Tribunale, finiscono per prospettarne una lettura riduttiva e alternativa, preclusa in questa sede, specie a fronte di una ricostruzione completa e immune da vizi logici, fondata sul tenore chiaro dei colloqui intercettati.
Anche il secondo motivo è inammissibile per genericità delle censure, motivatamente disattese nell’ordinanza, che attribuisce rilievo alla tempistica del colloquio, di poco successivo alla riunione riservata dell’8 marzo 2023, e all’inequivoco riferimento del padre del ricorrente alla natura estorsiva dei proventi riscossi e dei destinatari, incaricando il ricorrente della consegna al NOME.
L’episodio, valorizzato per il contributo fornito dal ricorrente in un’attività vitale per l’associazione, essendo l’imposizione del “pizzo” uno strumento di controllo del territorio e di finanziamento, è stato correttamente ritenuto ulteriormente dimostrativo della partecipazione associativa del ricorrente nonché integrativo del concorso nell’estorsione in ragione dell’apporto fornito alla realizzazione del reato nella piena consapevolezza del ricorrente della pregressa azione intimidatoria posta in essere dal padre, che confidava nel suo aiuto per far giungere i proventi illeciti al NOME.
Anche per tale episodio le censure difensive finiscono per risultare meramente oppositive e dirette a contestare la lettura dei colloqui intercettati, invece, immune da incoerenze, avendo il Tribunale valorizzato l’ammissione del ricorrente di aver consegnato al NOME somme provenienti da COGNOME.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen. Così deciso, 28 maggio 2024