Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3370 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3370 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a RAGIONE_SOCIALE
avverso la ordinanza del 27/06/2023 del Tribunale di Catanzaro, sezione per il riesame.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentito il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catanzaro, sezione per il riesame, con l’ordinanza in epigrafe confermava il provvedimento emesso il 1° giugno 2023 dal Giudice per le indagini preliminari, applicativo della misura della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME, indagato in ordine al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo 1) – per avere fatto parte dell’RAGIONE_SOCIALE, in particolare della RAGIONE_SOCIALE, con il compito di assicurare, mediante una serie di danneggiamenti ed estorsioni, l’acquisizione illecita e il controllo di terreni in INDIRIZZO – e dei reati fine di tentata estorsione e alt di cui ai capi 112-163-165-168-169-170-178-180-186-187-189).
Il Tribunale disattendeva l’eccezione preliminare di nullità dell’ordinanza genetica per il difetto di autonoma valutazione della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, perché ritenuta generica, in ordine alle indicazioni relative alla concreta incidenza della denunziata omissione sulle determinazioni cautelari, nonché infondata, essendo l’ordinanza adeguatamente motivata quanto al percorso logico di selezione e rielaborazione critica del materiale indiziario e degli elementi essenziali per la decisione.
La prova cautelare del ruolo dell’indagato di partecipe della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emergeva, oltre che dagli espliciti contenuti di alcune conversazioni captate e analiticamente riportate in motivazione, dalle concordanti propalazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, i quali indicano l’indagato (detto “pinnularu”) come intraneo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con il compito di assicurare, mediante una serie di danneggiamenti ed estorsioni, l’acquisizione illecita e il controllo di terreni in INDIRIZZO. Montalto, nonché di effettuare cd. “bonifiche ambientali” presso l’abitazione dei capi della consorteria. Le dichiarazioni accusatorie erano giudicate attendibili, siccome provenienti da soggetti intranei alla consorteria criminale e fra loro coerenti nel nucleo essenziale, nonché riscontrate dalle relazioni informative di polizia giudiziaria e dalle dinamiche estorsive a cui COGNOME aveva preso parte in relazione ai plurimi reati fine contestati.
Con riguardo alle tentate estorsioni di cui ai capi 163 e 165, la prova della situazione di intimidazione ed omertà, che aveva indotto le persone offese (i coniugi COGNOME) a ritirare la denunzia sporta per l’avvenuta invasione di terreni di loro proprietà con relativi danneggiamenti e pascolo abusivo, emergeva dal tenore inequivoco delle conversazioni intercettate fra i coniugi COGNOME, nonché dalle operazioni investigative dei CC. di Linnbadi per l’analogo episodio denunziato da NOME COGNOME e dallo NOME COGNOME.
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Quanto ai restanti capi d’imputazione, il Tribunale valorizzava, per la prova cautelare delle condotte di detenzione di sostanze stupefacenti e di utilizzo di armi da sparo, una serie di intercettazioni compendiate in atti. In particolare, per i capi 168-169-170, assumevano concludente rilievo i dialoghi captati fra i figli dell’indagato, NOME e NOME COGNOME, e fra l’indagato e il figlio NOME circa la detenzione di sostanze stupefacenti tipo cocaina e di una pistola.
Circa le esigenze cautelari, il Tribunale, richiamata la presunzione legale di pericolosità e di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere per i delitti contestati, dava peraltro conto della attualità e della concretezza del pericolo di reiterazione criminosa, alla luce della persistente operatività del sodalizio criminoso e dell’assenza di prova dell’avvenuta recisione di ogni legame con il circuito ‘ndranghetistico, stimando perciò unica misura adeguata a farvi fronte quella di massimo rigore.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, chiedendo l’annullamento del provvedimento, di cui si denunzia la violazione di legge e il vizio di motivazione per gli specifici profili: – della nullità dell’ordinanza geneti per difetto di autonoma valutazione della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari rispetto alla richiesta del P.M.; – della manifesta illogicità contraddittorietà della motivazione in punto di gravità indiziaria per l’addebito di partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poiché il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato l’attendibilità e la credibilità delle dichiarazioni, peraltro non convergenti e prive di riscontri, dei vari collaboratori di giustizia, da cu emergeva la mera vicinanza o contiguità, non la partecipazione, a tale RAGIONE_SOCIALE; della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione circa le tentate estorsioni di cui ai capi 163 e 165 e la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione di una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, attesa l’erronea lettura delle conversazioni intercettate e delle fonti dichiarative, potendo al massimo configurarsi nelle concotte contestate un’ipotesi di invasione di terreni altrui o di violenza privata; – della totale mancanza di motivazione circa i restanti reati fine di cui agli artt. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 2 L. 2 ottobre 1967, n. 895 e in ordine alla sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso o dell’agevolazione di una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; – della motivazione mancante, apparente o apodittica sulla concretezza e attualità del giudizio prognostico in tema di esigenze cautelari, tenuto conto altresì della distanza temporale dalla commissione dei reati risalente agli anni 2017-2019.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso si palesano per un verso aspecifici e per altro verso manifestamente infondati per le ragioni di seguito evidenziate.
Con riguardo all’eccezione preliminare di nullità dell’ordinanza coercitiva per il difetto di autonoma valutazione della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, esattamente il Tribunale del riesame ne ha rilevato – oltre l’infondatezza in fatto, per essere il provvedimento genetico adeguatamente motivato quanto al percorso logico di selezione e rielaborazione critica del materiale indiziario e di ogni elemento essenziale per la decisione – la genericità per il mancato assolvimento dell’onere del ricorrente di offrire le specifiche indicazioni circa la concreta incidenza che la censurata omissione avrebbe avuto sulle determinazioni cautelari, richiamando in proposito l’ormai costante indirizzo giurisprudenziale di legittimità (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, COGNOME, Rv. 277496; Sez. 2, n. 42333 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 278001).
3.11 (logicamente) primo motivo di ricorso investe, per i profili della violazione di legge e della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, il giudizio di gravità del quadro indiziario in ordine al delitto di cui all’art. 416-b cod. pen. ascritto all’indagato: difetterebbe il presupposto probatorio della intraneità dell’indagato alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE anche per l’assenza di condotte concrete, evocative di un contributo causalmente apprezzabile all’operatività della stessa.
Orbene, le doglianze riguardanti la valutazione di attendibilità e coerenza dei dati probatori, nella specie di tipo dichiarativo e intercettativo, risultano non pertinenti e inammissibili, siccome sostanzialmente dirette a una non consentita rilettura degli elementi indiziari ed a una diversa e alternativa ricostruzione della vicenda criminosa.
La prova cautelare del ruolo contestato a NOME COGNOME all’interno della RAGIONE_SOCIALE, operante nel territorio di Linnbadi, emergeva ad avviso del Tribunale, oltre che dall’esplicito tenore di talune conversazioni captate e analiticamente riportate in motivazione, dalle concordanti propalazioni eteroaccusatorie dei collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, i quali hanno indicano l’indagato (detto “pinnularu”) come intraneo alla RAGIONE_SOCIALE, con il compito di assicurare, mediante una serie di danneggiamenti, invasioni ed estorsioni, l’acquisizione illecita e il controllo di terreni agricoli in INDIRIZZO. Montalto, nonché di effettuare, ove necessario, cd.
“bonifiche ambientali” presso l’abitazione dei capi della consorteria. Tali dichiarazioni sono state giudicate intrinsecamente attendibili, siccome provenienti da soggetti intranei alla consorteria criminale e fra loro coerenti nel nucleo essenziale, nonché riscontrate dalle stesse modalità di esecuzione dei plurimi reati fine contestati ad COGNOME.
Orbene, attesa la consistenza e la solidità del descritto compendio indiziario, non compete alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione alle puntuali e logiche argomentazioni svolte dal giudice del merito cautelare in ordine alla qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato per il delitto contestato. Esse, quando la difesa del ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare il riesame fattuale della decisione impugnata, pur correttamente motivata in punto di gravità dell’acquisito quadro indiziario, non sono sindacabili in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
Parimenti generici e privi di pregio si palesano i motivi di ricorso relativi alla sussistenza del quadro gravemente indiziante in ordine alle tentate estorsioni di cui ai capi 163 e 165 e alle ulteriori fattispecie contestate di detenzione di sostanze stupefacenti e armi.
Il Tribunale del riesame ha individuato la prova cautelare della situazione di intimidazione ed omertà, che aveva indotto le persone offese (i coniugi COGNOME) a ritirare la denunzia sporta per l’avvenuta invasione di terreni di loro proprietà con relativi danneggiamenti e pascolo abusivo, nell’inequivoco contenuto delle conversazioni intercettate fra i coniugi COGNOME, nonché negli esiti delle operazioni investigative dei CC. di RAGIONE_SOCIALE estese all’analogo episodio denunziato da NOME COGNOME e dallo zio COGNOME.
E, con riferimento ai restanti capi d’imputazione concernenti le contestate condotte di detenzione di sostanze stupefacenti tipo cocaina e di armi da sparo, il Tribunale ha inteso valorizzare una serie di intercettazioni compendiate in atti, fra le quali ha attribuito esemplarmente significativo rilievo alle conversazioni captate fra i figli dell’indagato, NOME e NOME COGNOME, e fra l’indagato e il figlio NOME.
Orbene, le doglianze del ricorrente sono basate esclusivamente sulla lettura alternativa del compendio investigativo e sulla esposizione di critiche rispetto alla ricostruzione fattuale operata dal Tribunale. Viceversa, il quadro indiziario delle contestate condotte criminose, finalizzate comunque ad assicurare il prevalente dominio della RAGIONE_SOCIALE COGNOME nel territorio di RAGIONE_SOCIALE, appare agevolmente evincibile dalla lettura dei contenuti delle conversazioni captate e analiticamente trascritte, e dalle relazioni informative della polizia giudiziaria.
Risulta perciò evidente il difetto di specificità dei cennati motivi di ricorso, derivante dall’assenza di un effettivo confronto con il percorso argomentativo dell’impugnata ordinanza. D’altra parte, a fronte della congrua e logicamente adeguata motivazione del Tribunale del riesame, la critica difensiva appare mirata a una non consentita rilettura fattuale degli elementi indiziari.
Anche il motivo di ricorso attinente alla pretesa mancanza di motivazione circa la sussistenza dell’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen., in relazione ai vari rati fine contestati, è manifestamente infondato. La censura difensiva omette di considerare che il Tribunale, nel valutare la portata dei plurimi delitti fine contestati all’indagato, ha correttamente descritto gli elementi che, nel caso di specie, connotano l’aggravante, anche per lo specifico profilo soggettivo, in termini sia di ricorso al metodo mafioso (come condotta idonea ad esercitare sui soggetti passivi quella particolare coartazione e quella conseguente intimidazione che sono proprie delle organizzazioni mafiose, indubbiamente percepita dalle vittime delle tentate estorsioni), sia nella peculiare declinazione dell’agevolazione delle dinamiche di predominio territoriale rappresentative del circuito criminoso della RAGIONE_SOCIALE.
Appare infine oltremodo generico e manifestamente infondato l’ultimo motivo di ricorso attinente alla sussistenza delle esigenze cautelari. Invero, con riguardo alle medesime, la motivazione sul punto risulta affatto concludente tanto per il doveroso richiamo della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., quanto per l’irrilevanza del dato concernente il lasso di tempo intercorso tra l’emissione della misura e i fatti contestati in via provvisoria all’indagato, attesa la persistente attualità dell’RAGIONE_SOCIALE criminale e l’assenza di elementi idonei a segnare la recisione dei legami dell’indagato con il contesto delinquenziale di appartenenza.
Il giudizio del Tribunale del riesame di persistente, concreto e attuale pericolo di recidivanza risulta invero ancorato, in presenza della presunzione citata, a specifiche e consistenti argomentazioni, immuni da vizi logici.
Il ricorso dell’indagato va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di tremila euro alla Cassa delle ammende.
L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente
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provvedimento a cura della Cancelleria al Direttore dell’istituto penitenziario per gli adempimenti di cui al comma 1-bis della norma citata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.