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Parte civile equivale a querela: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per lesioni stradali. L’imputato sosteneva l’improcedibilità del reato per mancanza di querela, requisito introdotto dalla Riforma Cartabia. La Corte ha stabilito che la costituzione di parte civile della persona offesa, mai revocata, equivale a tutti gli effetti a una querela, manifestando in modo inequivocabile la volontà di ottenere una punizione per il colpevole. Di conseguenza, la condizione di procedibilità era soddisfatta.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Parte civile equivale a querela: la Cassazione fa chiarezza dopo la Riforma Cartabia

La recente Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema penale, estendendo il regime di procedibilità a querela a numerosi reati che prima erano perseguiti d’ufficio. Tra questi, rientrano anche alcune ipotesi di lesioni personali stradali. Questa modifica ha sollevato un quesito cruciale: cosa succede nei processi già in corso dove non è stata presentata una querela formale? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la costituzione di parte civile equivale a querela, confermando un principio fondamentale anche nel nuovo contesto normativo.

I fatti del caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per il reato di lesioni personali stradali, previsto dall’art. 590-bis del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione di legge. Sosteneva che, a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il reato fosse diventato procedibile solo a querela della persona offesa. Poiché tale querela non era mai stata formalmente sporta, secondo la difesa i giudici avrebbero dovuto dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale.

La questione giuridica: la costituzione di parte civile equivale a querela?

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione degli effetti della Riforma Cartabia sui procedimenti pendenti. La difesa dell’imputato ha puntato su un’interpretazione formalistica, ritenendo indispensabile un atto specifico di querela per poter procedere. La questione sottoposta alla Corte era quindi se un altro atto processuale, compiuto dalla persona offesa, potesse avere lo stesso valore della querela. Nello specifico, la Corte doveva stabilire se la costituzione di parte civile – l’atto con cui la vittima chiede il risarcimento dei danni nel processo penale – potesse essere considerata una manifestazione di volontà sufficiente a sostenere l’azione penale, sopperendo alla mancanza di una querela formale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, sebbene la Riforma Cartabia abbia modificato il regime di procedibilità, non ha alterato i principi consolidati sull’interpretazione della volontà della persona offesa.

Il punto centrale della decisione è che la volontà punitiva della vittima non necessita di formule sacramentali o atti specifici. Può essere legittimamente desunta da qualsiasi atto che manifesti in modo inequivocabile l’intenzione di ottenere la persecuzione penale del responsabile. La costituzione di parte civile, secondo la Corte, è uno di questi atti. Costituendosi parte civile, la persona offesa non solo chiede un risarcimento, ma sceglie di partecipare attivamente al processo penale, un’azione che presuppone e implica la volontà che l’imputato venga giudicato e, se colpevole, condannato.

Nel caso specifico, la persona offesa si era costituita parte civile e non aveva mai revocato tale decisione. Questo, per la Corte, è sufficiente a integrare l’equivalente della querela, rendendo il reato pienamente procedibile. Viene quindi ribadito un principio di diritto consolidato: la costituzione di parte civile non revocata vale come querela.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza offre un’importante chiave di lettura per l’applicazione della Riforma Cartabia. Stabilisce che il nuovo regime di procedibilità a querela non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico. La volontà della persona offesa di veder punito il colpevole può emergere da comportamenti processuali concludenti, come la costituzione di parte civile.

In pratica, ciò significa che in molti procedimenti per reati divenuti procedibili a querela, non sarà necessario acquisire una querela tardiva se la persona offesa si è già costituita parte civile. Questa decisione garantisce la prosecuzione di numerosi processi, evitando che vengano vanificati da un’interpretazione che privilegi la forma sulla sostanza della volontà della vittima, la quale, scegliendo di agire in sede penale per il risarcimento, ha già espresso chiaramente il suo interesse alla punizione del reo.

La costituzione di parte civile può sostituire una querela formale per i reati resi procedibili dalla Riforma Cartabia?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la costituzione di parte civile, se non revocata, equivale a una querela, poiché manifesta in modo inequivocabile la volontà punitiva della persona offesa, soddisfacendo così la condizione di procedibilità.

Perché la Corte ha ritenuto il ricorso basato sulla mancanza di querela ‘manifestamente infondato’?
Perché, secondo un principio consolidato della giurisprudenza, la volontà di querelare non richiede formule specifiche e può essere desunta da atti che, come la costituzione di parte civile, dimostrano l’interesse della vittima alla persecuzione penale del colpevole.

Cosa sarebbe successo se la persona offesa avesse revocato la sua costituzione di parte civile?
Il provvedimento non affronta direttamente questo scenario, ma implicitamente suggerisce che la revoca della costituzione di parte civile potrebbe essere interpretata come un atto contrario alla volontà di punire. In assenza di una querela formale, la revoca avrebbe probabilmente portato a una sentenza di improcedibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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