Parte civile equivale a querela: la Cassazione fa chiarezza dopo la Riforma Cartabia
La recente Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema penale, estendendo il regime di procedibilità a querela a numerosi reati che prima erano perseguiti d’ufficio. Tra questi, rientrano anche alcune ipotesi di lesioni personali stradali. Questa modifica ha sollevato un quesito cruciale: cosa succede nei processi già in corso dove non è stata presentata una querela formale? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la costituzione di parte civile equivale a querela, confermando un principio fondamentale anche nel nuovo contesto normativo.
I fatti del caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per il reato di lesioni personali stradali, previsto dall’art. 590-bis del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione di legge. Sosteneva che, a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il reato fosse diventato procedibile solo a querela della persona offesa. Poiché tale querela non era mai stata formalmente sporta, secondo la difesa i giudici avrebbero dovuto dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale.
La questione giuridica: la costituzione di parte civile equivale a querela?
Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione degli effetti della Riforma Cartabia sui procedimenti pendenti. La difesa dell’imputato ha puntato su un’interpretazione formalistica, ritenendo indispensabile un atto specifico di querela per poter procedere. La questione sottoposta alla Corte era quindi se un altro atto processuale, compiuto dalla persona offesa, potesse avere lo stesso valore della querela. Nello specifico, la Corte doveva stabilire se la costituzione di parte civile – l’atto con cui la vittima chiede il risarcimento dei danni nel processo penale – potesse essere considerata una manifestazione di volontà sufficiente a sostenere l’azione penale, sopperendo alla mancanza di una querela formale.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, sebbene la Riforma Cartabia abbia modificato il regime di procedibilità, non ha alterato i principi consolidati sull’interpretazione della volontà della persona offesa.
Il punto centrale della decisione è che la volontà punitiva della vittima non necessita di formule sacramentali o atti specifici. Può essere legittimamente desunta da qualsiasi atto che manifesti in modo inequivocabile l’intenzione di ottenere la persecuzione penale del responsabile. La costituzione di parte civile, secondo la Corte, è uno di questi atti. Costituendosi parte civile, la persona offesa non solo chiede un risarcimento, ma sceglie di partecipare attivamente al processo penale, un’azione che presuppone e implica la volontà che l’imputato venga giudicato e, se colpevole, condannato.
Nel caso specifico, la persona offesa si era costituita parte civile e non aveva mai revocato tale decisione. Questo, per la Corte, è sufficiente a integrare l’equivalente della querela, rendendo il reato pienamente procedibile. Viene quindi ribadito un principio di diritto consolidato: la costituzione di parte civile non revocata vale come querela.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
Questa ordinanza offre un’importante chiave di lettura per l’applicazione della Riforma Cartabia. Stabilisce che il nuovo regime di procedibilità a querela non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico. La volontà della persona offesa di veder punito il colpevole può emergere da comportamenti processuali concludenti, come la costituzione di parte civile.
In pratica, ciò significa che in molti procedimenti per reati divenuti procedibili a querela, non sarà necessario acquisire una querela tardiva se la persona offesa si è già costituita parte civile. Questa decisione garantisce la prosecuzione di numerosi processi, evitando che vengano vanificati da un’interpretazione che privilegi la forma sulla sostanza della volontà della vittima, la quale, scegliendo di agire in sede penale per il risarcimento, ha già espresso chiaramente il suo interesse alla punizione del reo.
La costituzione di parte civile può sostituire una querela formale per i reati resi procedibili dalla Riforma Cartabia?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la costituzione di parte civile, se non revocata, equivale a una querela, poiché manifesta in modo inequivocabile la volontà punitiva della persona offesa, soddisfacendo così la condizione di procedibilità.
Perché la Corte ha ritenuto il ricorso basato sulla mancanza di querela ‘manifestamente infondato’?
Perché, secondo un principio consolidato della giurisprudenza, la volontà di querelare non richiede formule specifiche e può essere desunta da atti che, come la costituzione di parte civile, dimostrano l’interesse della vittima alla persecuzione penale del colpevole.
Cosa sarebbe successo se la persona offesa avesse revocato la sua costituzione di parte civile?
Il provvedimento non affronta direttamente questo scenario, ma implicitamente suggerisce che la revoca della costituzione di parte civile potrebbe essere interpretata come un atto contrario alla volontà di punire. In assenza di una querela formale, la revoca avrebbe probabilmente portato a una sentenza di improcedibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13731 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LOCRI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2022 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza dell’8 novembre 2022 la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia del Tribunale di Locri del 15 dicembre 2021 con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di anni uno, mesi tre di reclusione in ordine al reato di cui all’art. 590-bis, comma 1, cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge in relazione al novellato art. 590-bis cod. pen., lamentando che, in assenza di proposizione della querela da parte della persona offesa, i giudici di merito avrebbero erroneamente omesso di pronunciare sentenza di improcedibilità del reato per difetto di querela.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo manifestamente infondato, atteso che, alla stregua di quanto evincibile dal provvedimento impugnato, la persona offesa si è costituita parte civile e non ha mai revocato tale scelta processuale. Trova applicazione, allora, in termini troncanti, il principio affermato da questa Corte di legittimità per cui la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma “Cartabia”), posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (così, espressamente, Sez. 3, n. 27147 del 90/05/2023, S., Rv. 284844-01).
All’inammissibilità del ricorso secilue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. IM.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024