Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30049 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30049 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a AGROPOLI il 11/10/1973
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del TRIB. LIBERTA di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica depositata in data 23 aprile 2025, dall’avv. NOME COGNOME
udito il difensore L’avv. COGNOME Agostino conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Salerno, in funzione giudice del riesame, in riforma dell’ordinanza di revoca della misura cautelare deg arresti domiciliari adottata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Salerno, ha accolto l’appello del Pubblico ministero ed ha applicato la misura deg arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME imputata dei reati di cui agli 81,110, 112 n. 2 cod. pen., 12, comma 3, lett. a) e d), comma 3-bis,-ter, lett del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 del 1998 (Testo unico del disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Condotta commessa in Salerno e provincia e in altri luoghi contestata dall’anno 2020 e dal dicembre 2023 al marzo 2024, con condotta permanente.
Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite dei difensori di fiducia, avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME deducendo tre motivi, di seguito enunciati secondo il disposto dell’art 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente ha eccepito, ai sensi dell’art. 6 comma 1, lett. c), cod. proc. pen. l’erronea applicazione della legge penale relazione agli artt. 178, comma 1, lett. b), e 299, comma 3-bis, cod. proc. pen.
In particolare, la ricorrente ha evidenziato che la revoca, così come sostituzione, di una misura cautelare da parte del giudice per le indag preliminari, adottata in assenza del parere del pubblico ministero comporta una nullità a regime intermedio che può essere fatta valere con l’atto di appello solta a condizione che la parte interessata deduca un concreto pregiudizio derivante dalla violazione, sicché deve indicare le motivazioni a sostegno dell’interesse impugnare.
Nel caso di specie, l’organo dell’accusa si sarebbe limitato a rilevare l’omes partecipazione del Pubblico ministero al contraddittorio, determinante la nulli dell’ordinanza, senza indicare specifiche doglianze in ordine alla rilevan dell’omissione del suo parere, tanto più che un mese prima si era già espress negativamente su un’altra istanza di revoca della misura cautelare.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 6 comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazi dell’ordinanza censurata in ordine alla persistenza delle esigenze cautelar fondamento della nuova applicazione della misura cautelare, netta parte in cui i Tribunale ha affermato l’insussistenza di elementi nuovi tali da consenti e
valutare il positivo superamento del quadro cautelare, già delineato nell’ordinanz applicativa del Gip attribuendo valore neutro al decorso del tempo e alla puntuale osservanza delle prescrizioni imposte.
In particolare, la difesa ha rilevato che l’ordinanza di revoca si sarebbe fonda su elementi senz’altro nuovi rispetto all’originario quadro cautelare, mentre Tribunale del riesame ha attribuito rilevanza preminente alla perduranza e operatività del contesto criminoso e al ruolo svolto dalla ricorrente, alla possibi di trasferirsi in Marocco e, ancora, alla impossibilità di qualificare la confess resa nell’interrogatorio di garanzia quale indice di resipiscenza.
Quanto al primo profilo, la difesa ha evidenziato che la ricorrente non ha alcun contatto, nemmeno indiretto con altri soggetti coinvolti nell’attività illec attualmente liberi, in quanto uno latitante e l’altro non ancora identificato; ino la ricorrente ha rappresentato che l’aggravamento della misura disposta nei confronti del marito NOME COGNOME è derivato dal rinvenimento nella sua abitazione – diversa da quella della ricorrente – di due telefoni cellulari peraltro, non sono mai stati utilizzati per parlare con la moglie. Né sussisteva pericolo di fuga alla luce della condotta tenuta in occasione dei plurimi permessi d allontanamento.
Si è poi, altresì, dedotto che non sussisterebbero contraddizioni tra dichiarazioni rese in sede di interrogatorio di garanzia e quelle r spontaneamente innanzi al Tribunale e, comunque, si tratterebbe di dichiarazioni indicative di resipiscenza.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente ha eccepito, ai sensi dell’art. comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza della legge penale in relazio all’art. 185, comma 3, cod. proc. pen., perché il Tribunale dopo aver rilevato nullità dell’ordinanza del Gip ha erroneamente riformato la pronuncia nel merito anziché annullarla con rinvio degli atti al giudice per le indagini preliminari.
In data 28 marzo 2025, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte e ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 23 aprile 2025, l’avv. NOME COGNOME ha depositato una memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1. Al fine della illustrazione della non fondatezza delle doglianze difensiv va premesso che la ricorrente risponde dei reati sopra indicati perché, da quant
risulta dai provvedimenti cautelari, insieme con il marito e con altri sogge avrebbe posto in essere una reiterata attività delittuosa volta al favoreggiamen dell’immigrazione clandestina. In particolare, è a loro contestato di aver sfrutt il decreto flussi 2023/2024 compiendo atti diretti a promuovere l’ingresso ne territorio dello Stato di almeno centoquarantaquattro cittadini extracomunitar attraverso l’inoltro, alle Prefetture di Salerno e di Napoli, di istanze finalizzat costituzione di rapporti di lavoro fittizi, supportate da documentazione no veritiera circa i dati relativi alle società o aziende presso cui sarebbero stati a tali cittadini e mediante l’inoltro di documentazione integrativa propedeutica rilascio del nulla osta finalizzato all’ottenimento del visto di ingresso ai cit extracomunitari, i quali per questa attività avrebbero corrisposto, per ogni ista inoltrata, mille euro e per ciascun nulla osta o visto rilasciato e per cia contratto di lavoro fittizio duemila euro.
Risulta, altresì, che nell’interrogatorio di garanzia la ricorrente ha ammess gli addebiti, confermando quanto già dichiarato dal marito in ordine all’esistenz del detto meccanismo delittuoso, motivo per cui il Gip ha ritenuto di poter superare la presunzione relativa di adeguatezza del carcere, applicando la misura degli arresti domiciliari. Risulta anche che il Gip in data 20 dicembre 2024, ha rigetta una prima istanza di revoca previo parere contrario del PM e che in sede di udienza del riesame, la ricorrente ha rilasciato spontanee dichiarazioni con le quali attribuita un ruolo marginale, denunciando una inconsapevolezza della illiceità dell’attività.
2. Tanto premesso, il primo motivo è destituito di fondamento.
L’ordinanza del Tribunale del riesame è censurata per non avere rilevato la mancanza di un concreto ed effettivo interesse dell’organo dell’accusa a proporre appello avverso l’ordinanza di revoca della misura cautelare degli arres domiciliari, non avendo il Gip richiesto, come imposto dall’art. 299, comma 3-bis cod. proc. pen., il parere al Pubblico Ministero.
Ciò posto, va rilevato che la censura difensiva trascura di considerare che i Pubblico Ministero non si è limitato a dedurre la mera violazione della disposizione processuale indicata, ma ha enunciato i motivi della erroneità della decisione revoca così prospettando, in concreto, l’interesse al promovimento dell’appell cautelare evidenziando, a tal fine, la permanenza delle esigenze cautelari ne confronti della ricorrente.
Infatti, nel dedurre con l’atto di appello la nullità a regime intermedio, l’org inquirente ha compiutamente confutato le ragioni poste dal Gip a fondamento della revoca, richiamando non solo la precedente valutazione del medesimo Gip in
ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, ma altresì rilevando come puntuale osservanza delle prescrizioni da parte della ricorrente non foss circostanza utile a far ritenere cessate le esigenze cautelari.
A fronte di tale argomentare, l’ordinanza impugnata resiste pienamente al motivo di doglianza, in conformità al principio enunciato della giurisprudenza di questa Corte, nel caso di specie rispettato, secondo cui il pubblico ministero c intende impugnare con appello cautelare l’ordinanza con cui il Gip abbia revocato una misura custodiale senza richiedere il suo parere non può limitarsi ad invocare la formale violazione di legge ma deve indicare, a pena di inammissibilità, anche le ragioni che rendono rilevante l’omissione del suo parere rispetto al salvaguardia del provvedimento cautelare (Sez. 6, n. 22896 del 16 maggio 2012 Rv. 252879-01).
Anche il terzo motivo di ricorso, che presenta profili di connessione con i primo e può, pertanto, essere trattato con precedenza rispetto al secondo, infondato.
L’ordinanza del riesame, correttamente, non ha disposto la “regressione” del procedimento restituendo gli atti al Gip perché richiedesse il parere al pubblic ministero, come indicato dalla difesa, ai sensi dell’art. 185 comma 3, cod. proc pen.
In primo luogo, va evidenziato che la regressione del procedimento non avrebbe determinato alcuna utilità sul piano processuale, in quanto ciò che i ordine alle esigenze cautelari il Pubblico ministero avrebbe potuto esprimere con il parere previamente richiesto è stato, nella fattispecie, rappresentato l’appello cautelare nella parte in il rappresentante dell’accusa ha evidenziat permanenza delle esigenze cautelari formulando, di conseguenza, la richiesta di ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari con il braccia elettronico.
In secondo luogo, i giudici del riesame giustamente hanno dichiarato la nullità dell’ordinanza di revoca, in quanto la mancata richiesta del parere e, comunque, il non aver posto il Pubblico Ministero nelle condizioni di esprimere le propr conclusioni ha impedito a quest’ultimo di esercitare la funzione “resistente” e portare a conoscenza del giudice le proprie valutazioni in merito alla richies avanzata nell’interesse della ricorrente, integrandosi una ipotesi di nullità di or generale, a regime intermedio, concernente la partecipazione del PM al procedimento, di cui all’ art. 178, lett. b) cod. proc. pen. (Sentenza n. 28192 23/06/2021, Rv. 282342 – 01; conf. Sez. 1, n. 4168 del 14/10/1993, Rv. 19557401; Sez. 6, Sentenza n. 22896 del 16/05/2012 Rv. 252879 – 01). E si è, altresì
affermato che la mancata acquisizione del parere del pubblico ministero in ordine alla istanza di revoca della misura cautelare, richiesto dall’art. 299 comma 3-b cod. proc. pen, non determina la nullità del provvedimento ex art. 178 lettera b dello stesso codice, a condizione che il rappresentante della pubblica accusa si stato messo in condizione di esprimere le proprie conclusioni, ancorché in concreto non lo abbia fatto Rv. Sez. 6, Sentenza n. 33165 del 29/05/2012, Rv 253196 01). Ciò che nella fattispecie, come evidenziato, non si è verificato.
Inoltre, l’ordinanza del riesame correttamente non si è limitata a rilevare nullità dell’ordinanza; i giudici del riesame, correttamente, hanno rivalutato quadro cautelare, sotto il profilo della sua concretezza e attualità, così attu un modus operandi che, al di là degli esiti, è conforme al principio di garanzia, immanente al sistema ordinamentale processuale che trova espressione nella disposizione di cui all’art. 299 cod. proc. pen. e che postula un giudizi rivalutazione attualizzata delle esigenze cautelari.
In conclusione, deve affermarsi che non è illegittima l’ordinanza del Tribunale del riesame che, accogliendo l’appello del pubblico ministero, annulli l’ordinanz del Gip – che abbia revocato la misura cautelare per la cessazione delle esigenz cautelari – per non essere stato previamente richiesto il parere del pubbli ministero e contestualmente ripristini, a seguito della valutazione della perduranz delle esigenze cautelari, la misura cautelare revocata.
4. Infine, è infondato anche il secondo motivo di ricorso.
L’ordinanza del riesame ha motivato in modo puntuale ed esaustivo in ordine alla permanenza delle esigenze cautelari, fornendo le ragioni della decisione d riforma dell’ordinanza di revoca.
In particolare, a sostegno dell’immutato quadro cautelare i giudici del riesame hanno attribuito rilievo ad una pluralità di elementi; in primo luogo alla nota de polizia giudiziaria n. 698385 del 10 dicembre 2024 – che ha evidenziato ulteriori inserimenti di pratiche ad opera della ricorrente – già valutata dal Gip per riget la precedente richiesta di revoca.
I Giudici del riesame hanno poi valutato le dichiarazioni spontanee rese dalla ricorrente innanzi ai giudici del riesame l considerandole come tese a ridimensionare il proprio ruolo rispetto a quanto dichiarato in sede di interrogatorio e a qua emerso dalle attività di intercettazione, rappresentandolo come marginale e, comunque, indicative della inconsapevolezza della complessiva portata delittuosa del meccanismo posto in essere; con argomentazione coerente e lineare tale versione secondo i giudici del riesame è risultata smentita dalla dichiarazione correità del marito e dal compendio esaminato dal GIP.
L’ordinanza ha attribuito rilievo significativo, ai fini della sussistenza d contesto criminoso in cui risulta ancora necessario l’apporto dei vari soggetti, a latitanza del soggetto coindagato (COGNOME), che la ricorrente conosce e con il quale vi è stata collaborazione criminosa, e all’avvenut aggravamento della misura nei confronti del Cembalo, dalla quale l’ordinanza fa discendere, coerentemente, la dimostrazione del proseguimento dell’attività illecita.
Va anche rilevato che il motivo di ricorso con cui la difesa ha dedotto che il rinvenimento dei telefoni cellulari nella disponibilità del Cembalo non possa riflettersi negativamente sul quadro cautelare concernente la ricorrente, d momento che dai telefoni cellulari non sono emerse conversazioni con la ricorrente, non si confronta con l’ordinanza impugnata che a pagina 13 dà adeguato conto dell’irrilevanza di tale circostanza, per essere cioè la moglie a arresti domiciliari, evidenziando inoltre che tale elemento non si presta ad esse una circostanza decisiva, nel complessivo quadro cautelare, per affermare che il rapporto tra i coniugi non possa più fungere da collante dell’attività criminosa.
Peraltro, argomentando anche alla luce delle spontanee dichiarazioni rese in udienza del riesame, l’ordinanza ha rilevato la volontà della ricorrente di sminui il proprio apporto rispetto a quanto già dichiarato, come indice di mancat resipiscenza.
Infine, il provvedimento censurato, con un percorso logico e esaustivo, ha rilevato come il quadro cautelare non sia mutato in melius, permanendo l’attualità delle esigenze cautelari anche in riferimento al pericolo di fuga già riscontrato Gip in ragione della disponibilità di proprietà immobiliari in Marocco e collegamenti con Casablanca, dove il marito della ricorrente ha uno studio professionale.
In particolare, nel provvedimento censurato si dà rilievo al dato secondo il quale l’ordinanza del Gip non segnala alcun elemento favorevole, e non già valutato, dal quale trarre il superamento della sussistenza esigenze cautelar evidenziando che l’osservanza delle prescrizioni in occasione delle precedenti autorizzazioni è da ritenere inconferente in punto di esigenze cautelari.
A tal riguardo, deve rilevarsi che l’ordinanza ha fatto corretta applicazione d principio secondo cui in tema di misure cautelari personali, l’attenuazione l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso de tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattament
cautelare. (Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258191 –
01).
5. Dalle considerazioni sin qui espresse deriva, dunque, il rigetto del ricorso e la condanna per la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec.
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2025.