Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28302 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Data Udienza: 20/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1765/2025
CC – 20/05/2025
R.G.N. 10056/2025
– Relatore – ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 21/11/2024 della Corte d’appello di Milano.
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME che chiede, con requisitoria scritta, l’annullamento della sentenza impugnata solo in relazione alla riduzione della pena finale per il rito abbreviato con conseguente rideterminazione della stessa.
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado del Tribunale di Milano in composizione monocratica, con la quale NOME COGNOME era condannato, previo riconoscimento della continuazione tra i reati e con la riduzione della pena per il rito, alla pena di anni due e mesi otto di arresto, in quantodichiarato colpevole di numerosi reati di cui agli artt. 7, comma 15bis d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come successivamente modificato con d. l. 4 ottobre 2018, n. 113, e 10, comma 2, d.l. n. 14 del 2017. In particolare si era ritenuto che avesse violato in modo pressochØ seriale il divieto di accesso alla stazione ferroviaria di Milano Centrale, nonchØ a tutte le aree limitrofe all’infrastruttura di trasporto riservate allo stazionamento e al transito degli autobus di linea e in particolare alla navetta per gli aeroporti, disposto dal Questore di Milano con provvedimenti susseguitisi nel tempo e tutti notificati all’imputato, e avesse svolto nelle stesse occasioni l’attività di parcheggiatore abusivo senza la prevista autorizzazione.
1.1 La Corte territoriale, in sintonia col Giudice di primo grado, ritiene infondate le censure rivolte ai provvedimenti del Questore, congruamente motivati in relazione alla pericolosità del destinatario, soggetto pluripregiudicato per reati contro il patrimonio e recidivo rispetto alle violazioni contestate, e, quindi, non passibili di disapplicazione come invocato dalla difesa. Rileva, inoltre, che COGNOME, sottoposto a diversi controlli da parte delle forze dell’ordine, era stato sempre ritrovato nei luoghi in cui gli era stato vietato accedere in forza di quei provvedimenti a lui ben noti, attesa la sistematica e indefessa serialità della sua condotta; ed era stato anche notato da dette forze il 21 agosto 2021, il 27 marzo 2022 e il 21 aprile del 2022 nell’atto di indicare ai conducenti di autovetture la zona da
occupare nella INDIRIZZO chiedendo il pagamento per la sua attività di parcheggiatore abusivo. E ritiene, pertanto, ampiamente provata la tesi accusatoria.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME
2.1. Con il primo motivo di ricorso vengono dedotti violazione degli artt. 81, 133 cod. pen. e 442, comma 2, cod. proc. pen., erroneità del calcolo, illegittimità della pena inflitta e vizio di motivazione.
Lamenta la difesa che la Corte territoriale ha confermato il trattamento sanzionatorio del primo Giudice nonostante l’erroneo calcolo della riduzione per il rito, da parte di quest’ultimo, calcolata nella misura di un terzo sulla pena finale anzichØ della metà trattandosi di reati di natura contravvenzionale. Tale errore andava, secondo la difesa, direttamente rettificato dai Giudici di appello, trattandosi di diminuente non discrezionale ma fissata per legge nella misura inderogabile della metà.
2.2. Col secondo motivo si rilevano violazione degli artt. 9, commi 1 e 2, 10, comma 2, d. lgs. n. 14 del 2017 e motivazione apparente.
Osserva il ricorrente che i Giudici di appello si sono limitati a prendere atto che il presupposto del provvedimento amministrativo fosse la violazione della norma amministrativa del codice della strada, ma non hanno considerato gli ulteriori elementi che devono caratterizzare il provvedimento amministrativo ovvero la necessità di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza in relazione alla pericolosità dell’imputato che deve essere congruamente motivata.
Rileva che anche in ordine al trattamento sanzionatorio si Ł limitata a validare quello disposto dal primo Giudice senza porsi il problema dell’errore evidenziato nØ della congruità degli aumenti di pena in continuazione.
Il difensore, pertanto, insiste per l’annullamento della sentenza impugnata con ogni consequenziale provvedimento di legge.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME conclude, con requisitoria scritta, per l’annullamento della sentenza impugnata solo in relazione alla riduzione della pena finale per il rito abbreviato con conseguente rideterminazione della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ł il primo motivo di ricorso, in quanto non dedotto con i motivi di appello.
Va, invero, osservato che, qualora la pena concretamente irrogata rientri nei limiti edittali, l’erronea applicazione da parte del giudice di merito della misura della diminuente, prevista per un reato contravvenzionale giudicato con rito abbreviato, integra un’ipotesi di pena illegittima e non già di pena illegale (Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., la relativa questione in quanto non dedotta con i motivi di appello).
1.2. Inammissibile, in quanto reiterativo, generico e manifestamente infondato Ł il secondo motivo di impugnazione.
Invero, la Corte territoriale, con riguardo all’invocata disapplicazione dei provvedimenti amministrativi poichØ asseritamente illegittimi per difetto di motivazione, rileva che detti provvedimenti sono risultati oltremodo istruiti e dettagliati su tutti gli elementi costitutivi, dando conto con dovizia di particolari della perseverante attività illecita di Crugliano con il già
cospicuo novero di pregressi specifici, atteso che egli si insediò da tempo nella specifica area attigua alla stazione ferroviaria per continuare pervicacemente a compiere l’attività illecita preclusagli. Osserva che proprio alla luce della pletora dei precedenti seriali, allorchØ COGNOME fu colto sempre nello specifico luogo adiacente alla stazione centrale, deve ritenersi che l’imputato fosse a perfetta conoscenza dei luoghi e dell’attività interdetta. Aggiunge che la condotta contestata consiste nella mera violazione dell’ordine del Questore di accedere alla predetta zona, a prescindere dal concreto verificarsi di una situazione di pericolo per la sicurezza urbana dei cittadini e degli utenti della strada, limitandosi la norma a punire il contravventore del divieto; e che, in ogni caso, anche la declinazione del presupposto della sicurezza nell’accezione ristretta di cui alla pronuncia della Corte costituzionale n. 47 del 2024 risulta coerente e corrente nel caso di specie. Rileva, considerato anche che il dettaglio sul concreto intralcio in luogo ove avviene lo scambio tra il viaggio ferroviario e quello con i pullman diretti all’aeroporto Ł puntualissimo, che meramente assertive e contraddette dalle risultanze probatorie sono le censure difensive.
Tali essendo le argomentazioni della sentenza impugnata, scevre da vizi logici e giuridici, Ł evidente la manifesta infondatezza di tutte le doglianze difensive sopra riportate, anche con riguardo al trattamento sanzionatorio in generale e in particolare agli aumenti di pena in continuazione. Invero, con riguardo a tale ultimo profilo, la Corte territoriale rileva che sia la determinazione della violazione piø grave che la misura degli aumenti sono risultati congruamente motivati, anche sulla scorta dell’inquietante serialità delle condotte per cui si procede, nonchØ dei pregressi specifici denotanti un contesto di professionalità e pervicacia. E aggiunge che non sono state allegate dall’appellante concrete e adeguate circostanze idonee a rivalutare il trattamento sanzionatorio.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 20/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME