Parcheggiatore abusivo: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
L’attività di parcheggiatore abusivo continua a essere al centro del dibattito giurisprudenziale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tale reato, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità e confermando la solidità dell’impianto normativo che sanziona questa condotta. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma debba limitarsi a censure di pura legittimità.
I Fatti di Causa: Dalla Sanzione Amministrativa alla Condanna Penale
Il caso riguarda un uomo sorpreso dal personale della Questura mentre, nei pressi del cimitero monumentale di Milano, facilitava le manovre di parcheggio agli automobilisti, indicando loro i posti liberi. L’uomo era già stato sanzionato in passato per la medesima violazione con un provvedimento amministrativo definitivo.
A seguito di questo nuovo episodio, era stato condannato sia dal Tribunale di Milano che, successivamente, dalla Corte d’Appello, per il reato previsto dall’art. 10, comma 2, del d.l. n. 14/2017. Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.
Il Ricorso e le Motivazioni del parcheggiatore abusivo
Nel suo ricorso, l’imputato lamentava una presunta violazione di legge da parte della Corte d’Appello. Tuttavia, secondo i giudici della Cassazione, le sue argomentazioni non introducevano elementi nuovi. Il ricorso, infatti, si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, senza muovere una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza d’appello.
Inoltre, le doglianze erano volte a ottenere una rivalutazione delle prove e una rilettura alternativa dei fatti, un’attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale è giudice della legittimità e non del merito.
La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità e Condanna alle Spese
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno evidenziato due ragioni principali per questa decisione:
1. Natura Ripetitiva delle Censure: Il ricorso era una mera riproduzione di argomentazioni già adeguatamente vagliate e disattese nei precedenti gradi di giudizio.
2. Tentativo di Rivalutazione dei Fatti: Il ricorrente chiedeva una nuova analisi delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Cassazione.
Le Motivazioni
La Corte ha rafforzato la propria decisione richiamando una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 47/2024), la quale ha già dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate riguardo alla norma che punisce il parcheggiatore abusivo. Questo riferimento ha tagliato alla radice ogni possibile dubbio sulla costituzionalità della norma applicata.
Di conseguenza, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha specificato che la presentazione di un ricorso palesemente infondato configura un profilo di colpa che giustifica tale sanzione pecuniaria, come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare vizi di legittimità specifici nella sentenza impugnata e non può limitarsi a riproporre le stesse difese sperando in un esito diverso. La decisione conferma inoltre la piena legittimità della normativa che contrasta il fenomeno dei parcheggiatori abusivi, considerandolo un illecito da sanzionare penalmente in caso di recidiva.
È possibile presentare in Cassazione le stesse argomentazioni già respinte in Appello?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso in Cassazione è inammissibile se si limita a riprodurre deduzioni già adeguatamente esaminate e respinte dal giudice di merito, senza formulare una critica specifica contro la sentenza impugnata.
Il reato di parcheggiatore abusivo è costituzionale?
Sì. L’ordinanza richiama una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 47/2024) che ha già confermato la legittimità costituzionale della norma che sanziona penalmente l’attività di parcheggiatore abusivo (art. 10, comma 2, del d.l. n. 14 del 2017).
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, alla Cassa delle ammende, in quanto la presentazione di un ricorso palesemente infondato è considerata una condotta colposa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32682 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32682 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
h.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Premesso che NOME COGNOME lamenta la violazione di legge con riguardo alla sentenza della Corte di appello di Milano che ha confermato il giudizio di penale responsabilità pronunciato, nei suoi confronti, dal Tribunale di Milano con sentenza del 24 ottobre 2023 in ordine ai reati di cui all’art. 10, comma 2, d.l. n.14/2017, convertito n I. 48/2012, come modificato dall’art. 21-ter del d.l. n.113/2018 convertito nella I. 132/2028;
Considerato, che l’unico motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimità, poiché le stesse sono riproduttive di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito non scanditi da specifi critica con il ricorso, ed inoltre sono volte a prefigurare una rivalutazione e/o alterna rilettura delle fonti probatorie, ed avulse da pertinente individuazione di speci travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, posto che la sentenza impugnata, come già il Tribunale, ha evidenziato come l’imputato, già sanzionato per la medesima violazione con provvedimento amministrativo definitivo, sia stato visto direttamente dal personale della Questura di Milano mentre procedeva ad agevolare le manovre delle autovetture e ad indicare i posti liberi agli automobilisti p facilitarne il parcheggio nei pressi del cimitero monumentale di Milano;
Rilevato, inoltre, che la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2, del d.l. n. 14 del 2017, come converti sollevate, in riferimento agli artt. 3, 16 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo relazione all’art. 2 del Protocollo n. 4 alla Convenzione europea dei diritti dell’uo (CEDU), dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione prima penale (sentenza Corte costituzionale n.47/2024);
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., a pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte cost., sent. n. 186 del 2000);
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’11 settembre 2025.