Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34626 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34626  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo tre motivi: a. violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla sussistenza del reato di cui all’art. 7, comma 15-bis, del d.lgs. 30 aprile 1992 n.285; b. violazione di legge e vizio motivazionale rispetto alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art.10, comma 2, D.L. 20 febbraio 2017, n.14; c. violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’art.62-bis cod. pen., per mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e al riconoscimento del minimo edittale di pena.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Tutti i proposti motivi non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il terzo motivo afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione delk. pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello di Milano che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. Quanto al primo motivo i giudici del gravame di merito hanno adeguatamente ritenuto sussistente la penale responsabilità dell’imputato, rilevando come quest’ultimo sia stato visto dagli operanti intento a dare indicazioni agli automobilisti in ordine agli spazi in cui gli stessi potevano parcheggiare i loro mezzi, aiutando i medesimi nelle manovre e chiedendo loro denaro, tutti atti equivalenti a quelli dell’attività di parcheggiatore (fol. 5 della sentenza impugnata).
In tale prospettiva, deve ritenersi irrilevante la circostanza per cui gli operanti non abbiano dato contezza dell’avvenuta materiale dazione di denaro da parte degli utenti della strada, né abbiano proceduto all’assunzione di sommarie informazioni dai medesimi.
Quanto al secondo motivo la Corte territoriale ha adeguatamente motivato rispetto all’integrazione della condotta sanzionata dall’art.10, comma 2, D.L. 20 febbraio 2017, n.14, specificando che il vaglio concreto della pericolosità del ricorrente per la sicurezza urbana rende non necessaria la verifica ulteriore che il comportamento tenuto in occasione del controllo fosse di per sé pericoloso, rilevando l’accesso del destinatario della misura di prevenzione nelle aree individuate nel provvedimento stesso. Invero, è esplicitato che l’imputato ha reiteratamente violato gli ordini di allontanamento emessi a suo carico, essendo stato colto nello svolgimento dell’attività di parcheggiatore abusivo (fol. 6 della sentenza impugnata).
3.3. Quanto al terzo motivo di ricorso inerente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art.62-bis cod. pen., la Corte di appello di Milano ha adeguatamente motivato circa l’adeguatezza della pena erogata, comunque da rintracciarsi in misura poco superiore al minimo edittale.
Nel caso di specie, la gravità del luogo di commissione del reato (area in cui l’imputato aveva divieto di accesso), l’entità dei danno e del pericolo per gli automobilisti, nonché la capacità a delinquere del ricorrente gravato da numerosi precedenti, in assenza di qualsivoglia elemento di segno positivo, giustifica il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
In proposito, il provvedimento impugnato appare pertanto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte di legittimità, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022, Rv.283489- 01;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014 Rv. 260610 01, cfr. anche Sez. 3 – n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509 – 03).
Infine, la motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/10/2025