Parcheggiatore abusivo: quando il ricorso in Cassazione è inutile
L’attività di parcheggiatore abusivo, specialmente se reiterata, costituisce un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare non solo la fattispecie criminosa, ma anche i requisiti di ammissibilità di un ricorso davanti alla Suprema Corte. Nel caso specifico, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti in appello.
I Fatti del Caso: La Recidiva che Conduce al Penale
Il procedimento giudiziario ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore. È fondamentale sottolineare un aspetto cruciale: la condanna penale non è scattata per la singola condotta, ma perché il soggetto era già stato sanzionato in via definitiva per la medesima violazione amministrativa. La legge, infatti, trasforma questo comportamento da illecito amministrativo a reato proprio in caso di recidiva, al fine di contrastare più efficacemente il fenomeno.
La condanna, emessa in primo grado, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello. Nonostante la doppia pronuncia conforme, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, tentando di ribaltare l’esito del giudizio.
L’Analisi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione
Il compito della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare i fatti o di valutare nuovamente le prove, ma di assicurare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate. Nel caso in esame, i giudici supremi hanno rilevato che i motivi addotti dal ricorrente erano del tutto ‘inesistenti’ sotto il profilo della critica giuridica. In pratica, la difesa si era limitata a ripresentare le stesse doglianze già sollevate nel giudizio d’appello, senza confrontarsi criticamente con le ragioni per cui la Corte d’Appello le aveva respinte.
Le Motivazioni: Il Principio di Specificità del Ricorso
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso basandosi su un principio consolidato in giurisprudenza. Un ricorso per cassazione, per essere valido, non può essere una mera ripetizione del precedente atto di gravame. Deve, invece, contenere critiche specifiche e puntuali rivolte alla motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone le eventuali contraddizioni, illogicità o violazioni di legge. Riproporre gli stessi temi, senza un confronto argomentato con la decisione di secondo grado, rende il ricorso ‘reiterativo’ e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che tale approccio difensivo non soddisfa i requisiti necessari per attivare un giudizio di legittimità.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
La declaratoria di inammissibilità ha avuto due conseguenze immediate e concrete per il ricorrente. In primo luogo, la condanna per il reato di parcheggiatore abusivo è diventata definitiva. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un importante monito per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere uno strumento tecnico, finalizzato a denunciare vizi specifici della sentenza d’appello, e non un tentativo generico di ottenere una terza valutazione dei fatti.
Quando l’attività di parcheggiatore abusivo diventa un reato?
Diventa un reato quando viene commessa da un soggetto che è già stato sanzionato in via definitiva per la stessa violazione, configurandosi così un’ipotesi di recidiva prevista dalla legge.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice e ripetitiva riproposizione delle argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza un confronto critico e specifico con le motivazioni della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38553 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38553 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale cittadino di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 21 sexies dl. n. 113/2018, conv. dalla legge n. 132/201, in relazione all’art. 7 comma 15-bis codice strada, siccome già sanzionato per la medesima violazione (esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore), con provvedimento definitivo (in Palermo, il 4/9/2019);
ritenuto che il ricorrente ha dedotto vizi inesistenti quanto alla integrazione del reato contestato (la doglianza costituendo riproposizione dei temi introdotti con il gravame, ai quali il giudice d’appello ha dato una risposta congrua, non contraddittoria e neppure ‘manifestamente illogica, oltre che coerente ‘ con gli elementi probatori richiamati in sentenza);
che le censure, in definitiva, sono reiterative di quelle formulate in sede di gravame e neppure sostenute dal necessario, previo confronto con le giustificazioni fornite dal giudice dell’appello (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 18 settembre 2024
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