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Parcheggiatore abusivo: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per l’attività di parcheggiatore abusivo. La Corte ha stabilito che le contestazioni del ricorrente, volte a una nuova valutazione dei fatti, non sono ammissibili in sede di legittimità. La condanna è stata confermata poiché l’attività illecita era stata accertata in precedenza, configurando così la recidiva che rende penalmente rilevante la condotta.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Parcheggiatore abusivo: quando la recidiva rende illecito penale

L’attività di parcheggiatore abusivo, un fenomeno diffuso in molte città, assume rilevanza penale solo a determinate condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una condanna per questo reato, ribadendo la distinzione fondamentale tra una valutazione dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e il controllo sulla corretta applicazione della legge, riservato alla Suprema Corte.

I fatti del caso

Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato di esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo, previsto dall’articolo 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. La condanna si basava su un accertamento della Polizia Giudiziaria del novembre 2019, che attestava l’esercizio di tale attività. Elemento decisivo per la configurazione del reato era il fatto che la stessa persona fosse già stata sanzionata per la medesima violazione pochi mesi prima, nel giugno 2019. Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, contestando la correttezza della motivazione e la valutazione delle prove a suo carico.

La decisione della Corte di Cassazione e il reato di parcheggiatore abusivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni dell’imputato non evidenziavano errori di diritto, ma si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove, un’operazione non consentita in sede di legittimità. Il ricorso era, in sostanza, una ‘mera doglianza in punto di fatto’, un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul merito della vicenda, che esula dalle competenze della Cassazione.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e coerente. Il giudice di merito aveva correttamente argomentato la responsabilità dell’imputato basandosi su elementi concreti: l’accertamento della Polizia Giudiziaria e, soprattutto, la precedente sanzione amministrativa. È proprio questa recidiva che trasforma un illecito amministrativo in un reato. L’articolo 7, comma 15-bis, del Codice della Strada punisce penalmente chi esercita l’attività di parcheggiatore abusivo essendo già stato sanzionato per la stessa violazione. Pertanto, una volta provata la condotta e la precedente sanzione, la fattispecie penale è integrata. Il ricorso, non individuando specifici vizi di legge o travisamenti probatori evidenti, non poteva che essere respinto.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio consolidato: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi di merito. La Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio, ma un organo che garantisce l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Nel caso specifico dell’attività di parcheggiatore abusivo, la decisione ribadisce che la recidiva è l’elemento chiave che determina il passaggio dall’illecito amministrativo al reato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Quando l’attività di parcheggiatore abusivo diventa un reato?
Secondo la normativa citata (art. 7 comma 15-bis del Codice della Strada), questa attività si trasforma da illecito amministrativo a reato penale quando il soggetto viene colto a esercitarla dopo essere già stato sanzionato in precedenza per la medesima violazione.

Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore nell’applicazione della legge, ma tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso in sede di legittimità, dove la Corte può solo verificare la correttezza giuridica della decisione impugnata.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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