Parcheggiatore abusivo: quando la recidiva rende illecito penale
L’attività di parcheggiatore abusivo, un fenomeno diffuso in molte città, assume rilevanza penale solo a determinate condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una condanna per questo reato, ribadendo la distinzione fondamentale tra una valutazione dei fatti, di competenza dei giudici di merito, e il controllo sulla corretta applicazione della legge, riservato alla Suprema Corte.
I fatti del caso
Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato di esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo, previsto dall’articolo 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. La condanna si basava su un accertamento della Polizia Giudiziaria del novembre 2019, che attestava l’esercizio di tale attività. Elemento decisivo per la configurazione del reato era il fatto che la stessa persona fosse già stata sanzionata per la medesima violazione pochi mesi prima, nel giugno 2019. Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, contestando la correttezza della motivazione e la valutazione delle prove a suo carico.
La decisione della Corte di Cassazione e il reato di parcheggiatore abusivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni dell’imputato non evidenziavano errori di diritto, ma si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove, un’operazione non consentita in sede di legittimità. Il ricorso era, in sostanza, una ‘mera doglianza in punto di fatto’, un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul merito della vicenda, che esula dalle competenze della Cassazione.
Le motivazioni
La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e coerente. Il giudice di merito aveva correttamente argomentato la responsabilità dell’imputato basandosi su elementi concreti: l’accertamento della Polizia Giudiziaria e, soprattutto, la precedente sanzione amministrativa. È proprio questa recidiva che trasforma un illecito amministrativo in un reato. L’articolo 7, comma 15-bis, del Codice della Strada punisce penalmente chi esercita l’attività di parcheggiatore abusivo essendo già stato sanzionato per la stessa violazione. Pertanto, una volta provata la condotta e la precedente sanzione, la fattispecie penale è integrata. Il ricorso, non individuando specifici vizi di legge o travisamenti probatori evidenti, non poteva che essere respinto.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio consolidato: non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi di merito. La Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio, ma un organo che garantisce l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Nel caso specifico dell’attività di parcheggiatore abusivo, la decisione ribadisce che la recidiva è l’elemento chiave che determina il passaggio dall’illecito amministrativo al reato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Quando l’attività di parcheggiatore abusivo diventa un reato?
Secondo la normativa citata (art. 7 comma 15-bis del Codice della Strada), questa attività si trasforma da illecito amministrativo a reato penale quando il soggetto viene colto a esercitarla dopo essere già stato sanzionato in precedenza per la medesima violazione.
Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore nell’applicazione della legge, ma tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di riesame è precluso in sede di legittimità, dove la Corte può solo verificare la correttezza giuridica della decisione impugnata.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1550 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1550 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 05/05/1959
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME che contesta la correttezza della motivazione 1. postavbase della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 7 comma 15 bis del CDS (e art. 10 comma 2 della legge n. 42 del 2017 non oggetto di contestazione), non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché è costituito da mera doglianza in punto di fatto; volto a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa lettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e avuls da pertinenti individuazione di specifici travisamenti probatori valorizzate dal giudice del merito che ha argomentato l’esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo come attestato dall’accertamento di PG in data 19/11/2019, essendo già stato sanzionato per la medesima violazione in data 26/06/2019, sicchè ricorre la fattispecie penale ai sensi del citato art. 7 comma 15 bis del CDS.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/12/2024
nsore
Il Presidente