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Parcheggiatore abusivo reato: la prova della recidiva

La Corte di Cassazione conferma la condanna per il reato di parcheggiatore abusivo, chiarendo un punto fondamentale sulla prova della recidiva. Con l’ordinanza n. 24209/2024, si stabilisce che per trasformare l’illecito da amministrativo a penale, non è necessario un documento formale che attesti la definitività della precedente sanzione. È sufficiente la testimonianza dell’agente di P.G. o il verbale di contestazione, specialmente se l’imputato non dimostra di aver impugnato la prima multa. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo un orientamento consolidato che facilita l’accertamento del parcheggiatore abusivo reato.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Parcheggiatore abusivo reato: quando scatta e come si prova?

L’attività di parcheggiatore abusivo è un fenomeno diffuso che può passare da illecito amministrativo a vero e proprio reato. Ma cosa determina questo passaggio e come si dimostra in tribunale la recidiva? Con la recente ordinanza n. 24209 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, consolidando un principio che semplifica l’accertamento del parcheggiatore abusivo reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato sia in primo grado che in appello alla pena di quattro mesi di arresto e 1400 euro di ammenda per il reato previsto dall’art. 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. Questa norma punisce chi esercita l’attività di parcheggiatore senza autorizzazione, ma la sua applicazione penale scatta solo in caso di recidiva, ovvero se il soggetto è già stato sanzionato per la medesima violazione con un provvedimento definitivo.

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In sostanza, contestava la valutazione delle prove che avevano portato alla sua condanna, in particolare la mancanza di una prova documentale certa che la precedente sanzione amministrativa a suo carico fosse diventata definitiva.

La Decisione della Cassazione sul parcheggiatore abusivo reato

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una semplice riproposizione di motivi già respinti in appello, senza un reale confronto con le argomentazioni dei giudici di secondo grado. La Corte ha colto l’occasione per ribadire e consolidare il suo orientamento sulla prova necessaria per configurare il parcheggiatore abusivo reato.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni dell’ordinanza sono estremamente chiare e si concentrano su due aspetti principali:

1. La prova dell’attività illecita: I giudici hanno sottolineato che, per integrare la condotta, non è necessario che l’imputato venga sorpreso nell’atto di ricevere denaro o chiavi. È sufficiente che ponga in essere comportamenti chiaramente riconducibili all’attività di parcheggiatore, come è avvenuto nel caso di specie, dove l’ufficiale di Polizia Giudiziaria lo ha osservato mentre gestiva di fatto le aree di sosta.

2. La prova della recidiva e della definitività della sanzione precedente: Questo è il cuore della decisione. La difesa sosteneva che mancasse la prova documentale della definitività della precedente multa (un verbale del 2019). La Cassazione ha smontato questa tesi, richiamando un principio ormai consolidato: per dimostrare che la precedente sanzione amministrativa è definitiva, non è indispensabile produrre un’attestazione formale. La prova può essere raggiunta anche in via alternativa. È sufficiente, ad esempio:
* L’allegazione del verbale di contestazione.
* La testimonianza del personale di Polizia Giudiziaria (come nel caso in esame, in cui l’agente aveva verificato via radio la presenza di un precedente definitivo).
* La dimostrazione dell’invio per l’iscrizione a ruolo della sanzione.

A fronte di questi elementi, spetta al ricorrente dimostrare il contrario, ad esempio provando di aver presentato ricorso contro la sanzione o di aver richiesto il pagamento in forma ridotta (oblazione). In assenza di tale prova contraria da parte dell’imputato, gli elementi forniti dall’accusa sono considerati sufficienti a provare la recidiva e, di conseguenza, a trasformare l’illecito in reato.

Conclusioni

L’ordinanza n. 24209/2024 della Corte di Cassazione rafforza gli strumenti a disposizione dell’autorità giudiziaria per contrastare il fenomeno dei parcheggiatori abusivi. Stabilisce in modo inequivocabile che la prova della recidiva, elemento chiave per il parcheggiatore abusivo reato, non è legata a rigidi formalismi documentali. La testimonianza di un agente, unita alla verifica tramite terminale e alla mancata contestazione da parte dell’accusato, costituisce un quadro probatorio solido e sufficiente per una condanna. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: rende più difficile per chi viene accusato di questo reato eludere la responsabilità semplicemente eccependo la mancanza di un certificato formale, spostando su di lui l’onere di dimostrare di aver agito per contestare la sanzione precedente.

Quando l’attività di parcheggiatore abusivo diventa reato?
L’attività di parcheggiatore abusivo si trasforma da illecito amministrativo a reato quando il soggetto viene colto a commettere la violazione dopo essere già stato sanzionato per la stessa condotta con un provvedimento divenuto definitivo.

Come si dimostra in tribunale che una sanzione amministrativa precedente è definitiva per far scattare il reato di parcheggiatore abusivo?
Secondo la Corte, non è indispensabile un’attestazione documentale formale. La prova può essere fornita in via alternativa attraverso l’allegazione del verbale di contestazione, la testimonianza del personale di Polizia Giudiziaria che ha effettuato le verifiche, o la dimostrazione dell’invio per l’iscrizione a ruolo della sanzione.

È necessario essere visti mentre si ricevono soldi per essere condannati per l’attività di parcheggiatore abusivo?
No. La sentenza chiarisce che il reato si configura anche senza che l’imputato sia stato visto ricevere denaro o chiavi. Sono sufficienti condotte chiaramente riconducibili all’attività di parcheggiatore, come indicare posti liberi e gestire gli spazi, per integrare la fattispecie incriminatrice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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