Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34615 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34615 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/03/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale NOME COGNOME è stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed C 2.000,00 di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 7, comma 15 bis, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (in Palermo il 19 luglio 2019).
L’imputato ha proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello, lamentando: col primo motivo, violazione di legge e vizi di motivazione quanto all’affermazione della penale responsabilità non essendo stato indicato da quali elementi i giudici di merito abbiano desunto lo svolgimento dell’attività di parcheggiatore abusivo, né accertato se egli fosse già stato sanzionato con provvedimento definitivo per aver compiuto tale attività (condizione in assenza della quale il fatto integra un mero illecito amministrativo); col secondo motivo, la mancata applicazione della sospensione condizionale della pena che sarebbe stata possibile, pur in presenza di precedenti condanne a pena condizionalmente sospesa, se i giudici avessero ritenuto il vincolo della continuazione «tra tutti i reati per i quali è sta pronunciata sentenza di condanna condizionalmente sospesa».
Considerato, quanto al primo motivo, che il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata dalla quale emerge (pag. 1) che COGNOME fu osservato dai carabinieri «mentre agevolava con gesti manuali le manovre di parcheggio degli utenti della strada, così recando intralcio, rallentamenti e pericoli per gli automobilisti» e che egli era già stato sanzionato per un comportamento analogo in data 6 aprile 2019, accertamento divenuto definitivo perché il verbale non è stato pagato né opposto nei termini di legge (pag. 3).
Rilevato che, per costante giurisprudenza, per verificare la sussistenza di un precedente accertamento definitivo non è indispensabile acquisire un’attestazione documentale della definitività del pregresso analogo illecito, ma è sufficiente, in via alternativa (ed esemplificativa), l’allegazione del verbale di contestazione, la dimostrazione dell’invio per l’iscrizione a ruolo oppure la testimonianza del personale di P.G. (o una nota di servizio del personale di P.G., se utilizzabile in giudizio) accompagnati alla mancata allegazione da parte del ricorrente di elementi dai quali possa desumersi la non definitività dell’accertamento (fra le tante: Cass. Sez. 7, Ord. n. 8508 del 14/02/2024,; Cass. Sez. 7, Ord. n. 4537 del 17/01/2024; Cass. Sez. 7, Ord. n. 49548 del 23/11/2023, COGNOME).
Rilevato che, come la sentenza impugnata ha sottolineato (pag. 3), la condotta tipica descritta dall’art. 7, comma 15 bis, cod. strada consiste nello svolgere abusivamente attività di parcheggiatore o guardiamacchine e il reato si perfeziona a prescindere dalla dazione di denaro.
Rilevato, quanto al secondo motivo, che la concessione della sospensione condizionale è stata esclusa non soltanto perché COGNOME ha già usufruito due volte del beneficio, ma anche perché (pag. 3 della sentenza di primo grado), alla luce dei precedenti, si è ritenuto di non poter formulare «un giudizio prognostico positivo in ordine alla futura astensione dalla commissione di reati della stessa specie». Rilevato, peraltro, che il riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato per cui si procede e quelli oggetto di condanna a pena condizionalmente sospesa non risulta essere stato chiesto nel corso del giudizio di merito e, secondo un orientamento consolidato, nel ricorso per cassazione «non è deducibile quale violazione di legge il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con reato già giudicato quando la relativa questione non sia stata proposta con atto di appello, o non sia divenuta attuale dopo il termine per la proposizione di quest’ultimo, non comportando la stessa effetti sulla legalità della pena e potendo il predetto riconoscimento essere valutato d’ufficio nell’esercizio di una mera facoltà giudiziale» (in tal senso, da ultimo: Sez. 5, n. 51473 del 24/09/2019, Rv. 277745).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e a ciò consegua la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ritenuto che, in ragione della causa di inammissibilità, il ricorrente debba essere condannato
anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle anìnende.
Così deciso il 7 ottobre 2025
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Il Consigliere estensore