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Parcheggiatore abusivo: quando scatta il reato?

La Corte di Cassazione conferma la condanna per un parcheggiatore abusivo, stabilendo che per la configurazione del reato non è necessaria la richiesta o la ricezione di una somma di denaro. È sufficiente l’esercizio dell’attività senza autorizzazione da parte di un soggetto già sanzionato in via amministrativa con provvedimento definitivo. La sentenza chiarisce inoltre le regole sull’utilizzabilità degli atti processuali acquisiti con il consenso delle parti.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Parcheggiatore abusivo: reato anche senza richiesta di denaro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24285/2025, ha affrontato il tema del reato di parcheggiatore abusivo, chiarendo un punto fondamentale: per la sua configurazione non è necessario che l’agente richieda o riceva una controprestazione economica. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale preciso, sottolineando come l’elemento centrale della fattispecie sia la reiterazione della condotta dopo una sanzione amministrativa divenuta definitiva. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta dal Tribunale e confermata dalla Corte di Appello a un individuo per il reato di cui all’art. 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. L’imputato era stato sorpreso a svolgere l’attività di parcheggiatore senza autorizzazione, nonostante fosse già stato sanzionato in via amministrativa per la stessa violazione con un provvedimento divenuto definitivo meno di un anno prima.

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Violazione di legge sostanziale: Sosteneva che la sua condotta si limitasse a meri ‘gesti di convivenza civile’ e che, in assenza della prova di una richiesta di denaro, non si potesse parlare di attività abusiva penalmente rilevante. Contestava inoltre la mancata prova della definitività della precedente sanzione amministrativa.
2. Violazione di legge processuale: Lamentava l’erronea acquisizione nel fascicolo del dibattimento di un verbale di accertamento, a suo dire senza un ‘chiaro assenso delle parti’, rendendolo così inutilizzabile.

Il reato di parcheggiatore abusivo e i suoi presupposti

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. Questa norma punisce chi, essendo già stato sanzionato in via amministrativa con provvedimento definitivo per aver esercitato l’attività di parcheggiatore abusivo, viene nuovamente colto a svolgere la medesima attività.

La Corte di Cassazione, nel respingere il primo motivo di ricorso, ha ribadito con fermezza un principio consolidato: l’elemento costitutivo del reato non è la ricezione di una somma di denaro o di altra utilità. Il carattere abusivo della condotta deriva unicamente dall’assenza del provvedimento autorizzatorio necessario per svolgere tale attività. La richiesta di una controprestazione non è richiesta dalla norma per integrare la fattispecie penale.

Ciò che conta, ai fini della responsabilità penale, sono due elementi:
– L’esercizio di fatto dell’attività di parcheggiatore (come dirigere le auto o indicare posti liberi).
– La precedente sanzione amministrativa per la stessa condotta, divenuta definitiva.

La questione procedurale: l’utilizzabilità degli atti

Anche il secondo motivo di ricorso, di natura procedurale, è stato dichiarato infondato. L’imputato contestava l’utilizzo di un verbale di accertamento perché, a suo dire, acquisito senza un chiaro consenso.

La Corte ha smontato questa argomentazione su due fronti. In primo luogo, ha evidenziato come la sentenza impugnata desse atto dell’acquisizione del documento con il consenso delle parti. In secondo luogo, e in via dirimente, ha richiamato il principio secondo cui l’inutilizzabilità degli atti erroneamente inseriti nel fascicolo del dibattimento non è automatica. Essa deve essere eccepita dalla parte interessata entro un termine preciso, stabilito dall’art. 491 del codice di procedura penale. In assenza di una tempestiva eccezione, l’atto, seppur astrattamente non previsto tra quelli da inserire nel fascicolo, può essere legittimamente utilizzato dal giudice ai fini della decisione.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che l’attività di parcheggiatore abusivo assume rilevanza penale non per la molestia o la richiesta di denaro, ma per la violazione del precetto amministrativo, reiterata dopo che la prima sanzione è diventata definitiva. Le condotte dell’imputato, consistenti nel dirigere gli automobilisti e indicare gli spazi liberi nella stessa piazza dove era già stato sanzionato, sono state ritenute sufficienti a integrare l’elemento materiale del reato, anche in assenza di uno scambio economico. Per quanto riguarda la prova della definitività della precedente sanzione, la Corte ha specificato che non è necessario un documento formale, ma è sufficiente un ‘minimo di prova’ (come il verbale che ne dà atto), a fronte del quale spetta all’imputato dimostrare di aver proposto opposizione o oblazione.

Sul secondo punto, relativo alla procedura, la Corte ha osservato che il ricorso era aspecifico, poiché non si confrontava con il dato, emergente dalla sentenza d’appello, che l’atto era stato acquisito con il consenso delle parti. In ogni caso, è stato ribadito il principio fondamentale secondo cui eventuali eccezioni sull’inutilizzabilità di un atto devono essere sollevate tempestivamente in dibattimento. Il silenzio delle parti equivale ad un’accettazione che sana qualsiasi irregolarità nell’acquisizione.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi giuridici. In primo luogo, definisce con chiarezza i contorni del reato di parcheggiatore abusivo, sganciandolo dalla necessità di provare una controprestazione economica e ancorandolo saldamente al presupposto della reiterazione di una condotta già sanzionata in via definitiva. In secondo luogo, riafferma le regole procedurali sull’acquisizione della prova, sottolineando l’onere delle parti di essere vigili e di sollevare tempestivamente le eccezioni di inutilizzabilità, pena la sanatoria del vizio.

Per commettere il reato di parcheggiatore abusivo è necessario ricevere dei soldi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la ricezione o la richiesta di una somma di denaro (o altra utilità) non è un elemento costitutivo del reato. L’illecito penale si perfeziona con il semplice esercizio dell’attività senza autorizzazione, a condizione che il soggetto sia già stato sanzionato in via amministrativa con un provvedimento definitivo.

Cosa serve per dimostrare che un parcheggiatore abusivo ha già ricevuto una sanzione definitiva in passato?
Non è necessario produrre un’attestazione documentale specifica. È sufficiente un ‘minimo di prova’, come l’allegazione del verbale di contestazione, la testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria o la dimostrazione dell’invio per l’iscrizione a ruolo. Spetta poi all’imputato dimostrare di aver contestato tale sanzione.

È possibile contestare l’uso di un documento in un processo penale anche in un secondo momento?
No. L’eventuale inutilizzabilità di un atto erroneamente inserito nel fascicolo del dibattimento deve essere eccepita tempestivamente dalla parte interessata, entro il termine previsto dall’art. 491 del codice di procedura penale (cioè prima della conclusione della fase di ammissione delle prove). Se non viene sollevata alcuna eccezione in quel momento, l’atto può essere legittimamente utilizzato dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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