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Parcheggiatore abusivo: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per l’attività di parcheggiatore abusivo. La decisione si basa sul fatto che il ricorso si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza presentare una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, configurandosi quindi come un motivo di appello meramente apparente.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Parcheggiatore abusivo: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

L’attività di parcheggiatore abusivo è una contravvenzione prevista dal Codice della Strada che continua a essere oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali non tanto sulla natura del reato, quanto sui requisiti di ammissibilità del ricorso presentato contro una condanna. La Suprema Corte ha ribadito un principio cruciale: un ricorso che si limita a ripetere le argomentazioni già respinte in appello, senza una critica specifica e puntuale della decisione impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta a un individuo dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato era stato riconosciuto colpevole della contravvenzione di cui all’art. 7, comma 15-bis, del Codice della Strada per aver esercitato l’attività di parcheggiatore senza la prescritta autorizzazione. La difesa dell’imputato, non rassegnandosi alla doppia condanna conforme, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione in merito alla prova della sua responsabilità penale.

L’analisi della Corte sul ricorso per parcheggiatore abusivo

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, non è entrata nel merito della colpevolezza dell’imputato, ma si è concentrata sulla struttura stessa dell’atto di impugnazione. I giudici hanno rilevato che il motivo presentato era manifestamente infondato, in quanto totalmente privo di un reale confronto con le argomentazioni della sentenza della Corte d’Appello.

La decisione di secondo grado si basava su elementi chiari: una relazione di servizio che attestava come l’imputato fosse stato visto indicare in modo inequivocabile agli automobilisti la disponibilità di posti liberi in un’area di sosta. Inoltre, lo stesso imputato aveva ammesso durante l’udienza di aver accettato somme di denaro, seppur definite come “elemosina”. Di fronte a queste motivazioni, il ricorso non ha opposto una critica argomentata, ma si è limitato a riproporre le stesse doglianze già valutate e respinte dai giudici di merito.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di un principio consolidato in giurisprudenza. Un ricorso per cassazione non può essere una mera ripetizione delle censure mosse in appello. Esso deve, invece, assolvere alla sua funzione tipica, che è quella di una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata. In mancanza di ciò, i motivi diventano solo “apparenti”, perché non contestano realmente il percorso logico-giuridico seguito dal giudice precedente.

I giudici hanno sottolineato che il ricorso era privo dei requisiti richiesti dall’art. 581, comma 1, lett. d), del codice di procedura penale, che impone l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno della richiesta. Un’impugnazione che reitera deduzioni già esaminate e disattese, specialmente a fronte di una “doppia conforme”, non può essere considerata una critica costruttiva ma una semplice riproposizione di tesi sconfessate.

Conclusioni

La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. Essa conferma che l’accesso al giudizio di legittimità è subordinato a requisiti rigorosi. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza per poterla impugnare efficacemente in Cassazione. È necessario, invece, individuare specifici vizi di legge o di motivazione e sviluppare un’argomentazione critica che si confronti direttamente con le ragioni esposte nel provvedimento che si intende contestare. In caso contrario, come avvenuto per il parcheggiatore abusivo in questione, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quali prove sono state considerate sufficienti per condannare una persona per l’attività di parcheggiatore abusivo?
Sono state considerate sufficienti la relazione di servizio che attestava l’indicazione inequivocabile di posti auto liberi agli automobilisti e l’ammissione dell’imputato di aver accettato somme di denaro in quella giornata.

Perché un ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata, risultando così privo dei requisiti di legge.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per colpa del ricorrente?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, qualora non si ravvisi un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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