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Parcheggiatore abusivo: la prova della recidiva

Un soggetto condannato per il reato di parcheggiatore abusivo ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata prova della definitività della precedente sanzione amministrativa. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che, per provare la recidiva, è sufficiente un ‘minimo di prova’ come il verbale di contestazione, in assenza di prove contrarie fornite dall’imputato circa l’avvenuta impugnazione.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Parcheggiatore Abusivo: Quando la Recidiva Diventa Reato?

L’attività di parcheggiatore abusivo rappresenta un fenomeno diffuso che passa da illecito amministrativo a vero e proprio reato in caso di recidiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su come debba essere provata tale recidiva in sede processuale, alleggerendo l’onere probatorio a carico dell’accusa e definendo meglio le responsabilità dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 7, comma 15-bis, del Codice della Strada. Tale norma punisce penalmente chi esercita l’attività di parcheggiatore o guardiamacchine senza autorizzazione, qualora sia già stato sanzionato in via amministrativa per la medesima violazione con un provvedimento divenuto definitivo.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra le altre cose, un vizio di motivazione e la violazione di legge per l’assenza di una prova certa della definitività della precedente contestazione amministrativa a suo carico, risalente al 2018.

La Prova della Recidiva per il Reato di Parcheggiatore Abusivo

Il fulcro della decisione della Corte di Cassazione risiede nella definizione dei requisiti probatori necessari per dimostrare la recidiva che trasforma l’illecito amministrativo in reato. I giudici hanno dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
La Corte ha ribadito che, per integrare il reato di parcheggiatore abusivo, non è rilevante la percezione di denaro, ma è sufficiente che il soggetto, già sanzionato in via amministrativa con un provvedimento definitivo, venga nuovamente sorpreso a esercitare l’attività non autorizzata.
La questione centrale, sollevata dal ricorrente, era come si dovesse provare la “definitività” della precedente sanzione. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte ha specificato che non è necessaria la produzione di un’attestazione formale che certifichi l’avvenuto passaggio in giudicato della sanzione amministrativa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto le doglianze del ricorrente generiche e assertive, una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello. Nel merito, i giudici di legittimità hanno chiarito un principio processuale di notevole importanza pratica: per la prova della recidiva nel biennio è sufficiente un “minimo di prova”.
Questo “minimo di prova” può consistere, ad esempio:

* Nell’allegazione del verbale di contestazione dell’illecito amministrativo pregresso.
* Nella testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria che ha effettuato l’accertamento.

Questo onere probatorio minimo a carico dell’accusa si combina con un onere di allegazione a carico della difesa. Infatti, a fronte della produzione del verbale, spetta all’imputato dimostrare di aver agito per contestare quella sanzione, ad esempio provando di aver proposto impugnazione o richiesto l’oblazione nei termini di legge. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a una contestazione generica, senza fornire alcun elemento a sostegno di una sua tempestiva opposizione alla multa del 2018.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale che semplifica l’accertamento del reato di parcheggiatore abusivo. Viene stabilito che la prova della definitività della sanzione amministrativa pregressa non richiede formalismi eccessivi. La presentazione in giudizio del verbale di contestazione è considerata prova sufficiente, facendo scattare un onere di allegazione contraria in capo all’imputato. In assenza di tale prova contraria, il giudice può legittimamente ritenere integrato il presupposto della recidiva e, di conseguenza, il reato. Questa pronuncia ha quindi importanti implicazioni pratiche, rafforzando gli strumenti di contrasto a tale fenomeno e chiarendo che l’inerzia di fronte a una sanzione amministrativa può avere dirette e gravi conseguenze penali.

Cosa è necessario perché l’attività di parcheggiatore abusivo diventi un reato?
È necessario che la persona venga sorpresa a esercitare tale attività dopo essere già stata sanzionata in via amministrativa per la stessa violazione con un provvedimento divenuto definitivo.

È necessario dimostrare che il parcheggiatore abusivo ha ricevuto del denaro?
No, l’ordinanza chiarisce che la ricezione di una somma di denaro non è un elemento necessario del reato. È sufficiente l’esercizio dell’attività non autorizzata nelle condizioni di recidiva previste dalla legge.

Come si dimostra in un processo che la precedente sanzione amministrativa è definitiva?
Secondo la Corte di Cassazione, non serve un certificato formale. È sufficiente un ‘minimo di prova’, come la produzione del verbale di contestazione della precedente violazione. A quel punto, spetta all’imputato dimostrare di aver contestato tale verbale nei modi e nei tempi previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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