Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8275 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8275 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SANTA MARIA DEL CEDRO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 del TRIBUNALE di PAOLA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 30/03/2023 il Tribunale di Paola condannava NOME COGNOME alla pena di 300 euro di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 1161 cod. nav..
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’art. 649 cod. proc. pen..
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli articoli agli articoli 54-1161 cod nav., 192 e 533 cod, proc. pen.. Travisamento della prova.
2.3. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’articolo 131-bis cod. pen..
2.4. Con il quarto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’art. 133 cod. pen..
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile per genericità.
La pronuncia impugnata evidenzia come l’articolo articolo 7, comma 15-bis, c.d.s. stabilisce che «salvo che il fatto costituisca reato, coloro che esercitano senza autorizzazione, anche avvalendosi di altre persone, ovvero determinano altri ad esercitare senza autorizzazione l’attività di parcheggiatore o guardiamacchine sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 771 ad euro 3.101», mentre l’articolo 1161 cod. nav. sanziona la condotta di chiunque «arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l’uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti».
Non sussiste, pertanto, né l’identità della condotta, né l’identità di materia, e il ricorso non si confronta con il tenore del provvedimento, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni disattese dal giudice del merito senza confrontarsi in modo realmente critico con la motivazione del provvedimento.
Quanto all’asserito travisamento della prova, il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, il quale esige, anche a seguito
dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp.att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. del d. Igs. 11/2018, un onere di puntuale indicazione e contestuale allegazione degli atti che si assumono travisati, attività quest’ultima materialmente devoluta alla Cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugNOME (Sez. 2, Sentenza n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432), con la conseguenza che incorre nell’inammissibilità il ricorso contenente un limitato stralcio di passaggi estrapolati dagli atti asseritamente travistati, la cui frammentazione non consente di apprezzarne il senso complessivo, come avvenuto nel caso di specie in cui, a pagina 6 del ricorso, si riportano solo tre righe estrapolate dalla deposizione del teste COGNOME.
6. Quanto all’art. 131-bis cod. pen., il motivo è generico.
Il giudice, in modo non certo illogico o contraddittorio, ha ritenuto che l’esercitare l’attività di parcheggiatore abusivo su una vasta area (2520 mq) e con apposizione del cartello «parcheggio custodito» evidenziasse una certa professionalità della condotta, incompatibile con l’«occasionalità» richiesta dalla norma invocata.
Tale affermazione non risulta in contraddizione – come vorrebbe il ricorrente con l’applicazione della sola pena pecuniaria in ragione della non particolare gravità della condotta, in quanto i due elementi (scarsa gravità e non occasionalità) impingono su diversi aspetti del reato.
7. Il motivo relativo alla dosimetria della pena è del pari generico.
Il Tribunale ha determiNOME la pena da irrogare ritenendo che la pena pecuniaria fosse proporzionata alla non eccezionale gravità del fatto e alla personalità dell’imputato (per il reato il codice prevede la pena dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda fino a euro 516,00, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato), irrogando – previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei doppi benefici – una pena «mediana» tra il minimo e il massimo edittale, con ciò esercitando in modo non illogico il proprio potere discrezionale.
Il Collegio ribadisce il principio secondo cui nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno di poi ribadito che «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione), circostanza non ricorrente nel caso di specie.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.