Parcheggiatore Abusivo: Quando la Violazione dell’Ordine del Questore è Reato
L’attività di parcheggiatore abusivo è un fenomeno diffuso che pone questioni non solo di ordine pubblico ma anche di rilevanza penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso in sede di legittimità e sulla natura del reato connesso alla violazione delle ordinanze a tutela della sicurezza urbana. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i principi di diritto applicati.
I Fatti del Caso: L’Attività di Parcheggiatore Abusivo
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per aver svolto l’attività di parcheggiatore non autorizzato. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, confermata dalla sentenza impugnata, l’imputato era stato osservato direttamente dagli agenti operanti mentre, con gesti inequivocabili, invitava i veicoli a entrare e uscire da un’area di parcheggio. Subito dopo, tendeva la mano verso i conducenti per richiedere somme di denaro. Tale condotta aveva portato alla sua condanna nei precedenti gradi di giudizio.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Contestazione della ricostruzione dei fatti: Il ricorrente lamentava che i giudici avessero valutato le prove in modo generico e illogico, sostenendo che l’attività non fosse stata provata con certezza.
2. Errata applicazione della norma incriminatrice: Si sosteneva che, per configurare il reato previsto dall’art. 10, comma 2, del D.L. n. 14 del 2017, fosse necessaria la dimostrazione di una concreta situazione di pericolo per la sicurezza urbana, che nel suo caso non si era verificata.
L’Ordinanza della Corte: Il Ruolo del Giudizio di Legittimità sul Parcheggiatore Abusivo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti, uno di natura processuale e l’altro di diritto sostanziale.
La Valutazione dei Fatti è Insindacabile in Cassazione
Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio di Cassazione è un ‘giudizio di legittimità’, non un terzo grado di merito. Questo significa che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il ricorso su questo punto è stato ritenuto un tentativo di sollecitare ‘apprezzamenti di merito’, estranei alle competenze della Corte. La motivazione della sentenza impugnata, basata sull’osservazione diretta degli agenti, è stata giudicata né illogica né giuridicamente errata.
La Violazione dell’Ordine del Questore e la Sicurezza Urbana
Sul secondo motivo, la Corte lo ha definito ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno chiarito che la norma incriminatrice (art. 10, co. 2, D.L. 14/2017) sanziona la semplice disobbedienza all’ordine del Questore di non accedere a una determinata zona cittadina. Il reato si perfeziona con la mera violazione di tale ordine, indipendentemente dal fatto che si sia concretamente verificata una situazione di pericolo per la sicurezza dei cittadini o degli utenti della strada. La legge, in questo caso, punisce il comportamento disobbediente in sé, in un’ottica di prevenzione.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si basano sulla netta distinzione tra il giudizio di fatto e il giudizio di diritto. I fatti, come l’attività del parcheggiatore abusivo, una volta accertati con motivazione logica nei primi due gradi di giudizio, diventano un presupposto non più discutibile in Cassazione. Dal punto di vista del diritto, la Corte ha fornito un’interpretazione chiara della norma sulla sicurezza urbana, affermando che il legislatore ha inteso punire la violazione formale del provvedimento amministrativo, considerandola di per sé lesiva dell’ordine pubblico, senza richiedere un’ulteriore prova di un pericolo concreto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza ha due importanti implicazioni. In primo luogo, rafforza il principio secondo cui la Corte di Cassazione non è un ‘terzo giudice’ dei fatti, limitando i ricorsi a questioni di pura legittimità. In secondo luogo, chiarisce la portata dei provvedimenti a tutela della sicurezza urbana: la violazione di un ordine del Questore, come quello che vieta l’accesso a certe aree per prevenire fenomeni come quello dei parcheggiatori abusivi, costituisce reato di per sé. Per i cittadini, ciò significa che la semplice presenza in un’area interdetta in violazione di un’ordinanza può avere conseguenze penali, anche in assenza di ulteriori condotte pericolose.
È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la ricostruzione dei fatti fatta dal giudice di appello?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità e non può riesaminare i fatti o le prove (apprezzamenti di merito), a meno che la motivazione della sentenza precedente non sia palesemente illogica o giuridicamente viziata.
Perché l’attività di parcheggiatore abusivo è considerata reato in questo caso?
In questo specifico caso, il reato sanzionato non è l’attività di parcheggiatore in sé, ma la violazione dell’ordine del Questore di non accedere a una determinata area urbana, come previsto dall’art. 10, comma 2, del d.l. n. 14 del 2017. La condotta di parcheggiatore è il fatto che ha portato all’applicazione della misura.
Il reato di violazione dell’ordine del Questore richiede che si sia creata una situazione di pericolo concreto per la sicurezza?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la norma sanziona la mera violazione dell’ordine (la disobbedienza), a prescindere dal fatto che si sia verificata una concreta situazione di pericolo per la sicurezza dei cittadini.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3551 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3551 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Ritenuto che entrambi i motivi posti da NOME a sostengo dell’impugnazione non superano il vaglio preliminare di ammissibilità.
1.1. Il primo motivo, reiterando i rilievi già disattesi con argomentazioni non illogiche e giuridicamente ineccepibili, finiscono con il sollecitare, attraverso censure in larga parte generiche, apprezzamenti di merito, estranei al giudizio di legittimità, da sovrapporre a quelli della sentenza impugnata che ha desunto lo svolgimento da parte dell’imputato dell’attività di posteggiatore dalla condotta direttamente osservata dagli agenti operanti. Infatti, NOME è stato visto mentre, con gesti inequivocabili, invitava i veicoli ad entrare ed uscire dal parcheggio tendendo, immediatamente dopo, la mano verso il guidatore per avanzare richieste di denaro.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Come correttamente precisato dalla Corte territoriale, la norma incriminatrice prevista dall’art. 10, comma 2, d.l. n. 14 del 2017, sanziona la mera violazione dell’ordine del AVV_NOTAIO di accedere ad una individuata zona cittadina, a prescindere dal concreto verificarsi di una situazione di pericolo per la sicurezza urbana dei cittadini e degli utenti della strada.
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 7 dicembre 2023.