Parcheggiatore Abusivo: Quando la Recidiva Conduce all’Inammissibilità in Cassazione
L’attività di parcheggiatore abusivo è un fenomeno diffuso che può evolvere da semplice illecito amministrativo a vero e proprio reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 38555/2024) offre un’importante lezione non solo sulla qualificazione giuridica di tale condotta, ma anche sui requisiti formali necessari per presentare un ricorso efficace dinanzi alla Suprema Corte. Il caso analizzato riguarda un individuo la cui condanna per esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore è stata definitivamente confermata a causa di un ricorso giudicato inammissibile.
I fatti del caso
La vicenda giudiziaria ha inizio quando un soggetto, già sanzionato in via definitiva con un provvedimento del 28 giugno 2019 per aver esercitato l’attività di parcheggiatore abusivo, viene nuovamente sorpreso a compiere la medesima violazione. Questa reiterazione trasforma l’illecito da amministrativo a penale, in applicazione dell’art. 7, comma 15-bis del Codice della Strada, in combinato disposto con l’art. 21 sexies del D.L. 113/2018.
L’individuo viene quindi processato e condannato dal Tribunale di Palermo. La sentenza viene confermata anche dalla Corte d’Appello della stessa città con una decisione del 22 novembre 2023. Non rassegnato, l’imputato, tramite il suo difensore, propone ricorso per cassazione, sostenendo l’insussistenza del reato contestato.
La decisione della Corte sul parcheggiatore abusivo
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha posto fine al percorso giudiziario dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si concentra su un vizio procedurale dirimente: la natura del ricorso stesso.
I giudici di legittimità hanno osservato che i motivi addotti dal ricorrente non erano altro che una pedissequa riproposizione delle argomentazioni già presentate e respinte durante il giudizio d’appello. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una risposta congrua, logica e non contraddittoria a tali censure, basandosi sugli elementi probatori acquisiti.
Le motivazioni della Cassazione
La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del processo di cassazione. Il ricorso non può essere una semplice ripetizione delle doglianze già esaminate nel grado precedente. Al contrario, esso deve contenere una critica specifica e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza impugnata, evidenziando eventuali vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge) o palesi illogicità nella motivazione.
Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sentenza Galtelli, n. 8825/2017), la Corte ha ribadito che l’appello (e, per estensione, il ricorso per cassazione) deve instaurare un dialogo critico con la decisione del giudice precedente. Un ricorso che ignora le argomentazioni della sentenza d’appello e si limita a riproporre le stesse questioni è, per definizione, generico e quindi inammissibile.
Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre due spunti di riflessione fondamentali. In primo luogo, ribadisce la qualificazione come reato dell’attività di parcheggiatore abusivo quando commessa da un soggetto già sanzionato per la stessa violazione. La recidiva, in questo contesto, determina un salto di gravità della condotta, portandola dall’ambito amministrativo a quello penale.
In secondo luogo, e con maggiore enfasi, la decisione costituisce un severo monito sull’importanza della tecnica redazionale dei ricorsi per cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di controllo sulla legittimità. Pertanto, un ricorso che non si confronta specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata è destinato all’insuccesso, con conseguenze economiche significative per chi lo propone.
Quando l’attività di parcheggiatore abusivo diventa un reato?
Diventa un reato quando la persona che la esercita è già stata sanzionata in via definitiva per la medesima violazione amministrativa. La reiterazione della condotta comporta la trasformazione dell’illecito da amministrativo a penale.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano una semplice ripetizione di quelle già sollevate e respinte dalla Corte d’Appello, senza contenere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza di secondo grado.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in questo caso?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38555 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata quella del Tribunale cittadino di condanna del predetto per il reato di cui all’art. 21 sexies d.l. n. 113/2018, conv. dalla legge n. 132/201, in relazione all’art. 7 comma 15-bis codice strada, siccome già sanzionato per la medesima violazione (esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore), con provvedimento definitivo (in Palermo, il 28/6/2019);
ritenuto che il ricorrente ha dedotto vizi inesistenti quanto alla integrazione del reato contestato (la doglianza costituendo riproposizione dei temi introdotti con il gravame, ai quali il giudice d’appello ha dato una risposta congrua, non contraddittoria e neppure manifestamente illogica, oltre che coe rente con gli elementi probatori richiamati in sentenza);
che le censure, in definitiva, sono reiterative di quelle formulate in sede di gravame e neppure sostenute dal necessario, previo confronto con le giustificazioni fornite dal giudice dell’appello (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 18 settembre 2024
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