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Par condicio misura cautelare: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato in custodia cautelare per omicidio. L’indagato lamentava la violazione del principio di ‘par condicio’ rispetto a un coindagato non sottoposto a misure. La Corte ha stabilito che in materia di libertà personale non opera l’effetto estensivo dell’impugnazione e che la valutazione delle posizioni è individuale, basata su specifici elementi probatori. Pertanto, la disparità di trattamento era giustificata dalle diverse risultanze investigative a carico dei due soggetti. La questione centrale è quindi la non applicabilità della par condicio alla misura cautelare quando le posizioni non sono sovrapponibili.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Par Condicio Misura Cautelare: La Cassazione Chiarisce i Limiti

Il principio di parità di trattamento, noto come par condicio, è un cardine del nostro ordinamento, ma la sua applicazione non è assoluta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione analizza i confini della par condicio nella misura cautelare, stabilendo che la differente valutazione tra coindagati è legittima se basata su diverse posizioni processuali. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere come i giudici valutano le esigenze cautelari in modo individuale, anche all’interno dello stesso procedimento penale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Napoli che, in funzione di giudice del riesame, confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un giovane uomo, gravemente indiziato, tra l’altro, di omicidio e detenzione illegale di armi. Il Tribunale aveva basato la sua decisione su solidi indizi di colpevolezza e sulla pericolosità sociale del soggetto, ritenuto inserito in un contesto di criminalità organizzata dedita al narcotraffico.

L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione non contestando nel merito i gravi indizi a suo carico, ma lamentando la violazione del principio di par condicio. In particolare, evidenziava come un coindagato, a fronte di un quadro indiziario a suo dire analogo, non fosse stato sottoposto ad alcuna misura restrittiva. Secondo la difesa, questa disparità di trattamento viziava l’ordinanza per omessa motivazione sulla discrasia valutativa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno respinto l’argomentazione difensiva, chiarendo che nel campo delle impugnazioni de libertate (relative alla libertà personale), le regole non sono le stesse di quelle del processo di merito.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali. In primo luogo, ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui, in materia di misure cautelari, non opera la regola dell’effetto estensivo prevista dall’art. 587 del codice di procedura penale. Questo principio consente, nel giudizio di merito, di estendere gli effetti favorevoli di un’impugnazione anche ai coimputati non appellanti. In fase cautelare, invece, la valutazione è strettamente individuale. Una decisione favorevole a un coindagato può, al massimo, essere usata come argomento per una successiva richiesta di revoca o sostituzione della misura (ex art. 299 c.p.p.), ma solo se le situazioni processuali sono perfettamente identiche.

In secondo luogo, e in modo dirimente, la Corte ha sottolineato che il Tribunale del Riesame aveva, di fatto, motivato adeguatamente. Il provvedimento impugnato aveva elencato i numerosi e gravi elementi indiziari a carico del ricorrente, tra cui intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori di giustizia e rilievi scientifici. Proprio questa ricchezza di prove specifiche ha reso la sua posizione non sovrapponibile a quella del coindagato. In altre parole, il giudice non ha omesso di motivare, ma ha implicitamente escluso l’identità delle posizioni, giustificando così la differente valutazione cautelare.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza conferma che la valutazione dei presupposti per una misura cautelare è un’analisi rigorosamente personalizzata. Non è sufficiente invocare una presunta violazione della par condicio per ottenere l’annullamento di un’ordinanza di custodia. La difesa deve, invece, concentrarsi sulla contestazione diretta degli indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari specificamente riferite al proprio assistito. La decisione di non applicare una misura a un coindagato non crea un ‘diritto’ automatico per gli altri a ricevere lo stesso trattamento, specialmente quando il quadro probatorio a loro carico è più solido e circostanziato.

Un indagato può essere scarcerato se un suo complice non viene arrestato?
No, non automaticamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che ogni posizione viene valutata individualmente. La decisione di non arrestare un coindagato non comporta la liberazione di un altro se a carico di quest’ultimo esistono gravi e specifici indizi di colpevolezza e concrete esigenze cautelari.

In cosa consiste il principio di ‘par condicio’ in ambito cautelare?
Il principio di ‘par condicio’ (parità di trattamento) imporrebbe di trattare in modo uguale persone nella stessa situazione. Tuttavia, questa sentenza specifica che in fase di applicazione delle misure cautelari, il principio non opera in modo automatico. La sua violazione può essere lamentata solo se le posizioni processuali e probatorie dei coindagati sono perfettamente sovrapponibili, cosa che raramente accade.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. L’indagato non ha contestato la sussistenza dei gravi indizi a suo carico, ma si è limitato a lamentare una disparità di trattamento. La Corte ha ritenuto che tale motivo non fosse valido, dato che il principio dell’effetto estensivo non si applica alle misure cautelari e che il giudice del riesame aveva adeguatamente motivato sulla base degli specifici elementi a carico del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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