Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32378 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32378 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, del 02/05/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria rassegnata ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen. dal Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, confermava ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. il provvedimento emesso, in data 8 aprile 2025, dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale e con il quale era stata disposta la misura cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME perché gravemente indiziato, tra l’altro, dei delitti di omicidio di NOME COGNOME e detenzione e porto illegale di arma (capi nn. 7 e 8 della imputazione provvisoria).
In particolare, il Tribunale riteneva infondata la richiesta di riesame presentata dall’indagato in presenza di numerosi e gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze di naturale cautelare, peraltro presunte ai sensi dell’art. 274 del codice di rito, tenuto conto della negativa personalità dell’indagato, il quale – nonostante la giovane età – risulta inserito in traffici di sostanze stupefacenti gestiti dal RAGIONE_SOCIALE, di talché unica misura idonea era quella applicata con il provvedimento genetico.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per i suo annullamento.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 273 del codice di rito ed il vizio di mancanza di motivazione; al riguardo osserva che il Tribunale ha omesso di motivare su uno dei motivi posti a fondamento della sua richiesta di riesame e, nello specifico, la violazione del principio della ‘par condicio’ rispetto al coindagato NOME COGNOME, per il quale non era stata disposta alcuna misura cautelare nonostante il compendio indiziario nei confronti di entrambi fosse, sostanzialmente, analogo. Pertanto, secondo l’indagato, l’ordinanza impugnata è viziata a causa della omessa motivazione rispetto alla discrasia esistente tra la valutazione delle due posizioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Invero, il ricorrente non contesta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nei suoi confronti, rispetto ai quali l’ordinanza impugnata, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha diffusamente argomentato; egli, invece, lamenta la omessa motivazione in ordine alla lamentata violazione del principio della ‘par condicio’ rispetto al coindagato NOME COGNOME rispetto al quale non era stata disposta alcuna misura restrittiva.
La censura è manifestamente infondata; infatti, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel campo delle impugnazioni in materia de libertate non opera la regola dell’effetto estensivo, prevista dall’art. 587 cod. proc. pen., poiché solo in caso (peraltro non verificatosi nella fattispecie) di intervenuta decisione favorevole sul gravame interposto da taluno dei coimputati o coindagati, se ed in quanto basata su elementi comuni e quindi nell’identità della situazione processuale, può essere posta a sostegno di una richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, da avanzare ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 4, n. 2069 del 03/09/1996, COGNOME, Rv. 206107 – 01; Sez. 1, n. 3399 del 17/05/1996, COGNOME, Rv. 205148 – 01).
Orbene, il Tribunale di Napoli ha fatto buon governo di tali consolidati principi, in quanto, con motivazione congrua e coerente con le risultanze delle indagini, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza (e le correlate esigenze cautelari) nei riguardi dell’odierno ricorrente richiamando i numerosi elementi indiziari esistenti a suo carico (intercettazioni ambientali, dichiarazioni di collaboratori di giustizia e rilievi di natura scientifica sul materiale sequestrato) escludendo – come è possibile ricavare dall’intero corpo del provvedimento – la sovrapponibilità della posizione di NOME COGNOME con quella del coindagato sopra indicato.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.