Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38784 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 03/05/2024 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli ha rigettato l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME e ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, emessa in data 9 febbraio 2024, che ha rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
‘vi
COGNOME è sottoposto alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in quanto è stato ritenuto gravemente indiziato della commissione del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravato ai sensi dell’art. 61 bis cod. pen., commesso dal 2018 a oggi, e del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990, 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, nell’interesse dell’COGNOME, hanno proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne hanno chiesto l’annullamento.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, i difensori deducono l’erronea applicazione della legge penale in relazione al principio della par condicio cautelare, in quanto il Tribunale del riesame illegittimamente non avrebbe concesso gli arresti domiciliari al ricorrente, pur se applicati ad altri coindagati, che avevano una posizione processuale perfettamente sovrapponibile a quella di COGNOME, come quella di NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo i difensori censurano l’omessa motivazione in riferimento al sopravvenuto “smantellamento” dell’associazione finalizzata al narcotraffico di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
I rilievi operati nell’ordinanza impugnata in ordine alla modalità operative del sodalizio criminoso, particolarmente insidiose in quanto realizzate a mezzo di comunicazioni realizzate tramite cripto telefonini, sarebbero, dunque, irrilevanti.
2.3. Con il terzo motivo i difensori eccepiscono l’erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione al pericolo di reiterazione del reato, che, per effetto della dissoluzione dell’associazione per la quale si procede, non sarebbe più attuale e concreto.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 25 luglio 2024, il AVV_NOTAIO, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti, sono diversi da quelli consentiti dalla legge e, comunque, manifestamente infondati.
Con il primo motivo di ricorso, i difensori deducono l’erronea applicazione della legge penale in relazione al principio della par condicio cautelare.
3. Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel campo delle impugnazioni in materia de libertate non opera la regola dell’effetto estensivo, prevista dall’art. 587 cod. proc. pen.; tuttavia l’intervenuta decisione favorevole sul gravame interposto da taluno dei coimputati o coindagati, se ed in quanto basata su elementi comuni e quindi nell’identità della situazione processuale, può essere posta a sostegno di una richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, da avanzare ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 4, n. 2069 del 03/09/1996, COGNOME, Rv. 206107 – 01; Sez. 1, n. 3399 del 17/05/1996, COGNOME, Rv. 205148 – 01).
Il Tribunale di Napoli ha fatto buon governo di tali consolidati principi, in quanto, con motivazione congrua e coerente con le risultanze probatorie, ha ritenuto distinta (e, dunque, non «integralmente sovrapponibile»)/la posizione del ricorrente rispetto a quella di altri correi sia in ragione di parametri connessi alla personalità (stante l’esistenza di precedenti penali), che alle modalità del fatto commesso (stante il particolare ruolo fiduciario rivestito dall’indagato per il capo dell’associazione NOME COGNOME, non ravvisabile rispetto a COGNOME).
La mancata attenuazione della misura cautelare in corso di esecuzione nei confronti del ricorrente è, dunque, stata argomentata con riferimento all’assenza di motivi comuni con i coindagati destinatari di un meno afflittivo trattamento cautelare.
Con il secondo motivo i difensori censurano l’omessa motivazione in riferimento al sopravvenuto “smantellamento” dell’associazione finalizzata al narcotraffico di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Con il terzo motivo i difensori censurano l’erronea applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione al pericolo di reiterazione del reato, che, per effetto della dissoluzione dell’associazione per la quale si procede, non sarebbe più attuale e concreto.
Entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, in ragione della loro comune matrice concettuale, sono inammissibili per aspecificità.
Il ricorrente, infatti, con tali censure si è confrontato solo con alcuni argomenti, peraltro non decisivi, della puntuale e ricca motivazione del provvedimento impugnato.
Le censure proposte sono, peraltro, manifestamente infondate, atteso che la
motivazione del provvedimento impugnato non risulta né carente, né affetta da manifesta illogicità nel rilevare come gli elementi sopravvenuti (dal decorso del tempo in stato di restrizione, alla pretesa parità di trattamento) sono inidonei a modificare la pregressa diagnosi cautelare.
La prognosi relativa all’attualità e alla concretezza del pericolo di recidiva è, peraltro, stata congruamente fondata dal Tribunale sull’elevato grado di professionalità e di inserimento in circuiti criminali dimostrate dal ricorrente, stante l’esistenza anche di due precedenti penali (in specie una condanna per lesioni e un’altra per detenzione di 2,2 kg. di cocaina, 47 kg. di hashish e detenzione di armi), dimostrativi della mancata efficacia deterrente delle precedenti esperienze carcerarie per il ricorrente.
Le censure proposte dai difensori non si confrontano, del resto, con la piena operatività della cd. doppia presunzione sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e connessa alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2024.