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Giurisprudenza Penale

Stato di necessità: non giustifica l'occupazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo condannato per occupazione abusiva. La Corte ribadisce che lo stato di necessità non può essere invocato per giustificare l’occupazione di un immobile a causa di difficoltà economiche permanenti, poiché tale scriminante richiede un pericolo imminente di danno grave alla persona, non una situazione di disagio abitativo cronico.

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Ricorso inammissibile: quando la motivazione è generica

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato, condannato per ricettazione, contestava la pena in modo generico. La Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, sottolineando come la sentenza impugnata fosse ben motivata, avendo persino concesso un’attenuante nonostante la recidiva dell’imputato. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Particolare tenuità del fatto: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo che la ricettazione di numerose borse contraffatte per la vendita costituisca un’offesa non di lieve entità, giustificando così l’esclusione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.

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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per truffa. I motivi del ricorrente sono stati giudicati come un tentativo di rivalutare i fatti, non consentito in sede di legittimità, e come generici riguardo la pena. La decisione sottolinea che la titolarità di una carta prepagata su cui confluisce il profitto del reato, senza spiegazioni alternative, è un elemento decisivo.

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Ricorso inammissibile: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione. La decisione si fonda sulla natura del ricorso, considerato generico e basato su mere contestazioni di fatto anziché su vizi di legge. L’alternativa ricostruzione dei fatti proposta dal ricorrente è stata giudicata implausibile e priva di riscontri processuali, portando alla sua condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Inammissibilità ricorso per cassazione: i motivi

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro una condanna per truffa e ricettazione. L’ordinanza chiarisce i requisiti di specificità dei motivi di ricorso, sottolineando che non possono essere una mera ripetizione delle argomentazioni d’appello. Inoltre, ribadisce la differenza tra la riqualificazione giuridica di un fatto (da riciclaggio a ricettazione), che è legittima, e il tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione delle prove in sede di legittimità.

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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per l’utilizzo illecito di una carta di pagamento. L’impugnazione è stata respinta perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha confermato anche il diniego delle attenuanti generiche, ritenendo la decisione dei giudici di merito logica e ben motivata in base ai precedenti penali dell’imputato.

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Pene sostitutive: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la decisione della Corte d’Appello. I motivi di ricorso, relativi alla mancata applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità e alla mancata concessione di pene sostitutive, sono stati ritenuti manifestamente infondati. La Corte ha ribadito che le pene sostitutive devono essere esplicitamente richieste in appello per poter essere considerate.

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Particolare tenuità del fatto: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile un ricorso che lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo che il disvalore penale e sociale della condotta fosse tale da escludere il beneficio. La pronuncia ribadisce che la valutazione sulla tenuità è un potere discrezionale del giudice, basato sui criteri dell’art. 133 c.p., e non può essere sindacato in sede di legittimità se la motivazione è logica e congrua.

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Delega VPO: l'eccezione di nullità deve essere tempestiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sulla presunta mancanza di delega a un Vice Procuratore Onorario (VPO). Secondo la Corte, l’eccezione sulla delega VPO, che integra una nullità di ordine generale, deve essere sollevata nel giudizio di primo grado, altrimenti si considera sanata. Inoltre, la richiesta di pene sostitutive non può essere formulata per la prima volta in Cassazione.

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Sospensione condizionale pena: quando viene negata?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione di assegni. La richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena è stata respinta a causa della gravità e della durata della condotta illecita, protrattasi per due mesi, e della presenza di un precedente penale. Tali elementi hanno fondato un giudizio prognostico negativo sulla futura condotta dell’imputato, giustificando la decisione dei giudici di merito.

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Particolare tenuità del fatto: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso volto al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla corretta valutazione del giudice di merito, che ha escluso la tenuità in ragione dell’entità del danno e del contesto intimidatorio, riaffermando l’ampia discrezionalità del giudice nel valutare tali elementi.

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Aggravante del travisamento: uso mascherina in rapina

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato per rapina. Si conferma l’aggravante del travisamento per l’uso della mascherina, anche se obbligatoria per la pandemia, poiché funzionale a rendere difficoltoso il riconoscimento. Il ricorso è stato giudicato una mera reiterazione di motivi già respinti in appello.

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Ricettazione assegno rubato: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa e ricettazione assegno rubato. Il ricorso è stato ritenuto generico poiché non contestava specificamente le motivazioni della Corte d’Appello, la quale aveva sottolineato l’impossibilità per l’imputato di ignorare la provenienza illecita di un assegno che lui stesso aveva firmato senza esserne il titolare. La Corte ha confermato la decisione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Discrezionalità del giudice: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati contro la quantificazione della pena. La decisione ribadisce che la discrezionalità del giudice nel bilanciare le circostanze e determinare la sanzione non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretta da una motivazione sufficiente e non manifestamente illogica. L’impugnazione è stata respinta per la genericità dei motivi, che non si confrontavano specificamente con la sentenza impugnata.

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Attenuanti generiche: il diniego non va motivato su tutto

Un imputato ha presentato ricorso contro la decisione di non concedergli le attenuanti generiche e contro l’entità della pena. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: per negare le attenuanti generiche, il giudice non è obbligato a esaminare e confutare ogni singolo elemento favorevole all’imputato, ma è sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli aspetti ritenuti più rilevanti e decisivi. Anche la motivazione sulla pena è stata giudicata adeguata.

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Danno di speciale tenuità: no all'attenuante in rapina

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rapina, che richiedeva l’applicazione dell’attenuante per danno di speciale tenuità. La Corte ha ribadito che, data la natura plurioffensiva del reato di rapina, la valutazione non può limitarsi al solo valore economico del bene sottratto, ma deve includere anche la lesione alla persona, come la violenza o la minaccia subita dalla vittima. Di conseguenza, l’attenuante non è applicabile se l’offesa alla persona non è anch’essa minima.

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Ricorso inammissibile: rapina con narcotico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per rapina. L’imputato aveva somministrato un farmaco alla vittima per derubarla. I giudici hanno ritenuto il ricorso generico, confermando la decisione della Corte d’Appello basata sulle dichiarazioni della vittima e degli agenti. La qualificazione del reato come rapina consumata, e non solo tentata, è stata confermata, dato che l’impossessamento del denaro era avvenuto prima dell’intervento delle forze dell’ordine. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Ricorso inammissibile: no a nuova valutazione dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per truffa, ribadendo un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non consente un riesame dei fatti o una nuova valutazione delle prove. L’impugnazione è stata respinta perché i motivi presentati miravano a una diversa ricostruzione della vicenda, attività preclusa alla Suprema Corte, confermando la condanna e le sanzioni pecuniarie per il ricorrente.

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Rapina impropria: la fuga che diventa violenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per rapina impropria. L’imputato, fuggendo da un distributore di benzina senza pagare, aveva colpito un addetto con lo specchietto dell’auto. La Corte ha stabilito che, pur non volendo direttamente colpire la vittima, l’agente ha accettato il rischio di lederla, integrando così la violenza necessaria per configurare la rapina impropria e non un semplice furto. Il ricorso è stato ritenuto infondato e generico.

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