La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un’amministratrice di una società, condannata per bancarotta fraudolenta, che sosteneva di essere una mera prestanome del marito, effettivo gestore. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenze procedurali, ribadendo che l’amministratore di diritto è responsabile se, accettando la carica, ha la generica consapevolezza delle condotte illecite poste in essere dall’amministratore di fatto. Tuttavia, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente alle pene accessorie, rinviando il caso al giudice di merito per rideterminarne la durata, in seguito a una pronuncia della Corte Costituzionale.
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