Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36322 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36322 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Cimadolmo (Tv) il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 181/2023 della Corte di appello di Trento del 5 luglio 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
sentito il PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito, altresì, per il ricorrente l’AVV_NOTAIO, del foro di Trento, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, del foro di Treviso, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trento ha rigettato l’istanza di revisione presentata da COGNOME NOME in relazione alla sentenza della Corte di appello di Venezia, datata 28 ottobre 2019 e divenuta irrevocabile il 4 marzo 2021, con la quale lo stesso era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia essendo stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 10-ter del dlgs. n. 74 del 2000.
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il COGNOME, tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo l’inosservanza e comunque erronea applicazione dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. nonché il vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
Secondo la difesa, la Corte di appello, sul mero rilievo della caratterizzazione del reato addebitato al ricorrente quale delitto a dolo generico, avrebbe omesso di valutare se, come prospettato con la suddetta istanza di revisione, la prova nuova, costituita dall’intervenuto pagamento dell’imposta oggetto dell’addebito (e dalle relative circostanze) risultasse idonea a scardinare il percorso argomentativo del giudice della sentenza di condanna irrevocabile.
Nel caso di specie, ha sostenuto il ricorrente, se la Corte di Trento avesse proceduto alla riconsiderazione dinamica, che la giurisprudenza di legittimità individua come propria del giudizio di revisione, del materiale probatorio a carico del COGNOME, ne sarebbe risultato il venir meno della ragione portante la condanna irrevocabile, consistita, secondo la difesa, nella ritenuta preordinazione dello svuotamento doloso del patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE, di cui l’imputato era amministratore di fatto, alla sottrazione dello stesso patrimonio al pagamento dell’imposta oggetto dell’addebito.
Infatti, la contestata operazione di conferimento di un ramo di azienda della menzionata società ad altra società neocostituita sarebbe emersa, all’esito del giudizio di revisione, come finalizzata all’adempimento del debito tributario per cui era intervenuta condanna, come confermato dal fatto che, come prospettato con l’istanza di revisione, il perfezionamento di tale operazione aveva effettivamente consentito al ricorrente, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di adempiere il debito fiscale.
Il 19 marzo 2024 la ricorrente difesa ha fatto pervenire una memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso è risultato inammissibile e per tale deve essere ora dichiarato.
Come è noto, affinché una istanza di revisione presentata ai sensi dell’art. 629 e seg. cod. proc. pen., sia positivamente valutata è necessario che nella stessa siano prospettati gli elementi che ne avrebbero potuto giustificare l’ammissibilità; si tratta, secondo la elencazione contenuta nell’art. 630 cod. proc. pen.: a) della sussistenza di altro provvedimento giurisdizionale irrevocabile il quale attesti l’esistenza di elementi di fatto inconciliabili con quelli posti a fondamento della sentenza della quale si chiede la revisione; b) l’essere stata fondata la sentenza della quale si chiede la revisione su di un giudicato civili o amministrativo il quale sia stato a sua volta oggetto di revoca; c) l’avvenuta emersione, dopo la sentenza di condanna, di nuove prove che, isolatamente considerate ovvero valutate unitamente alle altre già esaminate, dimostrino che il condannato doveva essere prosciolto; d) infine, la revisione è praticabile se risulta che la condanna è stata pronunziata in base a documenti o altri dati di cui sia risultata la falsità ovvero in funzione di altro fatto previsto dalla legge come reato.
Ora, osserva il Collegio, nel caso che interessa la Corte di Trento ha rilevato come la istanza presentata di fronte ad essa dal COGNOME fosse stata inefficacemente argomentata sulla base della affermazione che l’avvenuto, ancorché tardivo, versamento delle imposte sul valore aggiunto operato dall’imputato quanto all’anno di imposta 2011 avrebbe dovuto costituire elemento determinante ai fini della esclusione della sussistenza dell’elemento soggettivo proprio del reato oggetto di contestazione.
In particolare la Corte territoriale tridentina ha osservato che il dato evidenziato dal ricorrente in revisione non avrebbe avuto l’effetto di dimostrare, come invece da questo sostenuto, che lo svuotamento del patrimonio societario posto in essere dall’odierno ricorrente non era preordinato all’inadempimento tributario.
La argomentazione posta a base del provvedimento impugnato è stata ritenuta dal ricorrente, con l’atto introduttivo del presente giudizio, non esente né da error juris né da vizio motivazionale, non avendo la Corte territoriale adeguatamente esaminato l’elemento nuovo, costituito, appunto, dall’avvenuto adempimento del debito fiscale, come indicativo della assenza di volontà da parte del ricorrente di non eseguire alla prestazione fiscale da lui dovuta.
Si tratta di censura privo di qualsivoglia rilevanza.
Va, infatti, premesso che il reato ascritto al COGNOME e per il quale lo stesso è stato condannato con la sentenza emessa dalla Corte di appello di Venezia della quale è stata chiesta la revisione, ha quale suo oggetto il mancato pagamento dell’Iva risultante dalla relativa dichiarazione presentata quanto all’anno di imposta 2011.
Si tratta, come è noto, di delitto a dolo generico, per la integrazione del quale è,pertanto, sufficiente che l’agente abbia consapevolmente, cioè sapendo di essere tenuto al versamento della imposta in misura superiore alla soglia di punibilità, omesso tale adempimento (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 gennaio 2016, n. 3098, rv 265939); si tratta, altresì, di delitto istantaneo (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 febbraio 2015, n. 8352, rv 263126) ad effetti permanenti, che si perfeziona al momento della inutile scadenza del termine per il versamento delle imposte, anche se gli effetti pregiudizievoli per l’Erario della condotta si perpetuano sino al momento in cui il versamento non avviene.
Ciò posto, non si vede in quali termini l’eventuale postumo pagamento delle imposte sarebbe fattore idoneo a giustificare la revisione del precedente giudizio, non rientrando esso in alcuna delle ipotesi tassativamente previste (nel senso della tassatività dei casi che costituiscono motivo di revisione, infatti, cfr, per tutte: Corte di cassazione, Sezione II penale, 11 gennaio 2006, n. 762, rv 232988, ord.) quali fattori legittimanti il ricorso a tale mezzo straordinario di impugnazione e che sono state dianzi riportate.
Tanto più ciò vale laddove si consideri che, nella specifica materia penaitributaria, l’art. 13, comma 1, del dlgs n. 74 del 2000 detta una specifica disciplina regolante, a determinate condizioni, gli effetti positivi in ordine alla punibilità delle condotte violative, fra l’altro, dell’art. 10-ter del medesimo decreto legislativo del pagamento postumo delle imposte dovute.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11 aprile 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presi ente